mercoledì 2 gennaio 2008

Lauren Weisberger - Il diavolo veste Prada

Da questo libro è stato tratto il celebre film con Meryl Streep nella parte di Miranda Priestley, mito assoluto del mondo della moda e tirannica direttrice della rivista “Runway”, chiaramente modellata sui tratti di Anna Wintour, mitica direttrice di Vogue di cui è stata assistente proprio l’autrice Lauren Weisberger. A finire nelle grinfie di questo mefistofelico personaggio è la protagonista Andrea Sachs, ventitré anni, appena laureata, con il sogno di diventare scrittrice e lavorare per una grande quotidiano newyorkese: a lei spetta il compito di tratteggiare un ritratto impietoso della redazione di Runway e in generale del mondo della moda. Apparentemente Andrea vive e lavora a contatto con il mondo della moda più glamour, indossa abiti firmati e frequenta le feste più in della città (dovendo per forza imparare, a sue spese, come ci si deve vestire), ma ciò che la attende è un anno di inferno, durante il quale si ritrova a dover soddisfare le richieste e i capricci della sua direttrice. Miranda, infatti, ama perseguitare le sue assistenti, svegliarle nel cuore della notte, assoggettarle a cameriere personali. La trama è per lo più quella del film, con qualche debita modifica: il fidanzato di Andy non fa il cuoco ma l’insegnante in una scuola del Bronx; non c’è il gruppo di amici ma una sola amica, Lily, che ha qualche problema con l’alcolismo; Miranda non divorzia dal marito; l’assistente Emily non è simpatica come la controparte interpretata da Emily Blunt nel film; Andy va a Parigi perché Emily si ammala di mononucleosi e non per colpa di un incidente stradale. A fare un incidente è invece la sempre più derelitta Lily, per cui Andy torna da Parigi mandando “affanculo” la tirannica Miranda, che qualche istante prima ha dimostrato, per la prima volta, un briciolo di umanità. Niente di particolarmente profondo, per carità, ma devo dire di essermi abbastanza identificato con la protagonista alle sue prime esperienze nel mondo del lavoro. Il tasso di divertimento è assicurato grazie alle descrizioni surreali di personaggi abbastanza schizzati (riuscite in particolare quelle sui gay che popolano la redazione, tipo quello che dichiara “Vabbè, ho capito. Ma non piagnucolare quando domani leggerai su Page Six che mi hanno visto ballare con Mariah o con J-Lo”). Di contro c’è il medesimo problema del film: il moralismo di fondo che contraddistingue l’intera storia (il successo nel lavoro ti rovina la vita), e che si manifesta esplicitamente nel finale: per fortuna non ci sono gli amici (come nel film) che fanno i predicozzi , ma già il fidanzato basta e avanza. Scontato il lieto fine, quando Andy diventa scrittrice di grido. Ma la Weisberger scrive molto bene, e ciò non è poco.

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