venerdì 22 febbraio 2008

Anonimo - Sweeney Todd. Il diabolico barbiere di Fleet Street

Il recente film di Tim Burton ha riportato alla ribalta la figura del diabolico Sweeney Todd, il barbiere assassino già portato sullo schermo e sul palcoscenico innumerevoli volte, e ha permesso ora l’uscita la pubblicazione, per la prima volta in Italia, del romanzo ottocentesco originario da cui è tratto, classico della letteratura gotica. Attribuito da qualcuno a James Malcom Rymer, esso pare frutto collettivo e anonimo della bottega ottocentesca di Emily Lloyd, un edicolante che aveva creato una collana, detta “Penny Dreadful”, a bassissimo prezzo e tutta sangue ed emozioni trucide. E si capisce bene l’interesse di un regista come Burton per questo singolare personaggio, descritto come in possesso di una bocca grande come un forno, di mani enormi come quelle di una scimmia, e di una capigliatura paragonata a un folto cespuglio nel quale il barbiere porta dentro pettini e forbici. Abilissimo nel valutare il benessere dei clienti e il valore degli oggetti da loro posseduti, Todd utilizzava, tramite un meccanismo segreto, una sedia da barbiere molto particolare, di sua stessa invenzione, che poteva essere reclinata all’indietro e che, girando su sé stessa, precipitava le sue vittime contro il pavimento dello scantinato, causando ai malcapitati la rottura dell’osso del collo. Inoltre, siccome occorreva un modo per sbarazzarsi dei cadaveri, Sweeney Todd passava i resti delle sue vittime alla sua complice, la signora Lovett, che li usava come ripieno dei suoi acclamati e ricercati pasticci di carne. Proprio qui sta il grande scandalo del romanzo, che gli esseri uomini non hanno un disgusto naturale nel mangiare i loro simili, potente metafora di una società che mangia sé stessa. La cosa interessante di questi due efferati criminali è che, per tenere segreti i propri misfatti, provvedono con scrupolosità a tenere i loro aiutanti chiusi nei rispettivi negozi, senza mai permettergli di uscire e spettegolare, per poi eliminarli all’occorrenza (o farli sparire, come nel caso del garzone del barbiere, venduto al manicomio). Purtroppo per loro, commettono entrambi un errore: Todd uccide un marinaio che era venuto a cercare l’innamorata di un suo amico per consegnarle un filo di perle pegno del loro amore, mentre l’amico, che tutti credono morto, finisce a fare l’aiutante della signora Lovett. Naturalmente la sparizione del marinaio allerta i conoscenti e soprattutto la giovane innamorata che non esita a travestirsi da garzone pur di venire a conoscenza della verità. Contrariamente al film di Tim Burton, in cui il personaggio è mosso dal desiderio di vendetta, lo Sweeney Todd del romanzo rappresenta un unicum in tutta la letteratura vittoriana, perché mosso al delitto non da ragioni soprannaturali ma per sete di denaro, e per questo affatto rassicurante. Anzi, tutta la vicenda è curiosamente dominata dalla brama di denaro, come ben testimonia il personaggio del direttore del manicomio di cui si serve Todd, uno sgherro della peggior specie che non esita a rinchiudere persone sanissime solo per avere in cambio denaro o segreti che gli permettano di ricattare altre persone (sono riportate anche due commoventi storie di ragazze vendute al manicomio dalle rispettive famiglie perché in possesso di ingenti fortune). In definitiva, un romanzo ben scritto e congegnato, e soprattutto nient’affatto superficiale, capace di analizzare i problemi della Londra della rivoluzione industriale in maniera molto più efficace di parecchi sociologi.

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