mercoledì 6 febbraio 2008

Valerio Evangelisti - Picatrix. La scala per l’inferno

Questa volta Eymerich se la deve vedere con gli alieni e i dischi volanti. Provenienti da Marte, per giunta, secondo una profezia contenuta nel libro che dà il nome al romanzo, Picatrix, un testo apocrifo e demonizzato da Cristiani, Giudei e Saraceni ma attorno al quale ruota la vicenda. Il terribile inquisitore, come al solito mai troppo simpatico ed ecumenico (è convinto di dover liberare il mondo dai musulmani e si rimangia una promessa grazie ad astuti cavilli), è dunque impegnato in varie avventure tra Saragozza, Malaga, Granada e le Isole Felici (le odierne Canarie) per ricacciare misteriose e demoniache creature canine evocate per mezzo del già citato Picatrix. Ma, soprattutto, è disorientato perché si trova in mezzo a musulmani e non può esibire i simboli che gli danno la forza. Questa situazione è peggiorata dai suoi compagni di viaggio: l’ebreo convertito Alatzar, due studiosi saraceni, Alcatib e Ibn Haldun, quindi il rabbino Ha-Levi (personaggio del successivo Il castello di Eymerich). Contemporaneamente, nei capitoli intitolati Il viso della luna (ovvia la metafora femminile), Eymerich è occupato nell’interrogatorio di una donna, che si scopre essere il suo servo Alatzar, creduto maschio per tutta la narrazione: è Myriam, anch’esso personaggio del Castello, che scatena nell’inquisitore sentimenti contrastanti (attrazione fisica e repulsione razionale). Inoltre, come al solito, Evangelisti intreccia tre storie in epoche differenti: oltre a quella di Eymerich, ambienta nel XIV secolo (anche se, come visto, sono due le vicende di Eymerich), c’è una vicenda presente, ambientato nelle isole Canarie, e uno scenario futuro di avidità e sopraffazione, ambientato in Africa. Gli uomini dell’Euroforce (di cui fa parte il maggiore Phil Tanner) e della Rache portano infatti avanti il piano Eyolf, progetto di cui neanche gli esecutori conoscono tutti gli elementi ma che comunque prevede una diaspora coatta dei popoli africani verso la capitale del macrostato africano del Buganda, con dei misteriosi “bambini di sabbia” che travolge qualsiasi cosa sulla loro strada. Capita però che il re fantoccio sostenuto dalle potenze occidentali si riveli una specie di adepto di misteriose divinità ancestrali (collegate naturalmente a Marte) che vuole ripristinare gli antichi culti e le vecchie divisioni sociali della società tribale africana. La  parte presente, invece, vede protagonista l’imbranato scienziato americano Marcus Frullifer, esiliato per le sue originali teorie sulla fisica a La Palma, dove viene coinvolto da due donne spagnole, l’affascinante giornalista Victoria e la dottoressa Manuela (a cui si aggiunge un collega dello studioso, l’ubriaco e farneticante finlandese Arto Korhonen). I quattro si trovano di fronte ad una singolare insidia: lo strano comportamento dei pazienti di un ospedale psichiatrico di cui Manuela è direttrice. I pazienti della clinica, infatti, si comportano come cani, latrano e abbaiano, mentre uno tra loro si agita in maniera diversa, e ha il braccio mozzato che sta ricrescendo. Con un’indiscussa dose di genialità e delle ambizioni smisurate, Evangelisti si sbizzarrisce con complicate e raffinate teorie sugli ufo come emanazione di onde elettriche e magnetiche, cercando un valido supporto storico-scientifico che cita addirittura Galvani e Volta. Ma spesso la narrazione fatica a coinvolgere e scivola nella noia e nell’eccessivamente lungo (mortale a questo proposito la parte che descrive il conflitto tra le due opposte fazioni musulmane ai tempi di Eymerich), per non parlare della parte ambientata nel futuro, davvero debole per la sua stessa natura apocalittica e terzomondista (quasi no-global, direi). Praticamente inesistente, poi, l’identificazione con qualunque tipo di personaggio: alla fin fine, l’unico ad appassionare è pur sempre il terribile Eymerich, spietato con i deboli e persecutore dei potenti.

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