lunedì 14 aprile 2008

Arthur Conan Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes

La prima delle raccolte sul leggendario Sherlock Holmes, l’investigatore più famoso della storia, fedele a una vera e propria scienza dell’investigazione, basata sulla raccolta e l’interpretazione dei dati secondo una logica perfetta. Esempio classico di positivismo ottocentesco di cui la società vittoriana era impreganta, è comunque illuminante per offrire uno spaccato sociale dalle numerose sfaccettature, e che si apre tavolta a problemi quali l’emancipazione delle donne, il degrado delle aree urbane, il perbenismo delle classi altolocate. Caratteristica di tutte queste storie (perché di storie brevi si tratta) è il pochissimo sangue che scorre: niente violenza, niente cadaveri, ma solo mistero, enigmi e ragionamento. Ovviamente, tutti i resoconti sono scritti in prima persona da Watson, biografo di Holmes, dopo che lui si è sposato (con la protagonista del romanzo Il segno dei quattro) e nelle occasioni in cui egli è tornato a trovare l’ex coinquilino: a lui spetta la parte del confidente affezionato e perennemente attonito di fronte alle acutissime deduzioni del famoso collega. Una serie di piccoli capolavori, da gustare uno dopo l’altro. La prima avventura, Uno scandalo in Boemia, è molto simile alla Lettera Rubata di Edgar Allan Poe: il futuro re di Boemia teme che una fotografia che lo ritrae in compagnia della nota cantante Irene Adler (donna di dubbia e discutibile fama) possa essere da lei usata a scopo ricattatorio per impedire l’imminente matrimonio del sovrano. Dopo aver fallito diverse volte nei suoi intenti, questi si rivolge a Holmes, il quale tenta in ogni modo di impossessarsi della foto ma trova nella Adler un degno avversario molto difficile da battere, tanto da rimanere nella memoria dell’investigatore (che non ha un’altissima concezione del genere femminile) come “La donna” con la elle maiuscola e a suscitare in lui sentimenti di vicinanza spirituale. Memorabili i travestimenti di Holmes nelle vesti di un nullafacente ubriacone e poi in quelle di un anziano parroco, così come gli episodi dell’aggressione davanti alla casa della Adler e la “buonanotte” della donna davanti al 221 B di Baker Street. Il secondo racconto, La Lega dei Capelli Rossi, è ancor più straordinario: è l’esilarante storia di un uomo (proprietario di un banco dei pegni) che crede alla fandonia di un miliardario che ha lasciato tutta la sua fortuna ai membri di un’ipotetica Lega che vengono stipendiati a patto di passare il proprio tempo a ricopiare diligentemente l’Enciclopedia Britannica e di avere, naturalmente, i capelli di un bel rosso fiammante. Improvvisamente la Lega è chiusa e l’uomo si ritrova senza vitalizio, ma la cosa più incredibile è che non si è mai posto problemi a proposito della strampalata vicenda che lo ha visto involontario protagonista. Naturalmente, la storia si rivela il capo di un filo che porta Sherlock Holmes a sventare uno dei più grandi crimini del secolo, e mette in luce importanti dettagli sulla sua passione per il violino e sulla musica (che il detective usa per astrarsi dai problemi e rinvigorire il cervello), la sua predilezione per i dettagli e per azioni apparentemente senza senso (battere il bastone con aria euforica, gironzolare senza costrutto in un quartiere). Infine, è proprio in questo racconto che appare una delle battute più celebri dell’investigatore: “È un problema da tre pipe”, cioè un problema difficile, che richiede concentrazione, studio e, soprattutto, l’utilizzo di tre pipe di tabacco. Oltre alla famosa dichiarazione “La mia vita è un lungo sforzo per sfuggire alla banalità dell’esistenza”, che inquadra perfettamente il personaggio. In Un caso di identità, a chiedere aiuto a Holmes è una dattilografa che si è fatta ingenuamente turlupinare da un uomo misterioso che è scomparso al momento delle nozze. Naturalmente, il nostro smaschera il responsabile dell’inganno, questa volta in base all’esame dei caratteri della macchina da scrivere! Ne Il Mistero di Boscombe Valley, un uomo viene accusato di aver ucciso il vecchio padre con un colpo alla testa, al culmine di un diverbio, e tutto sembra incastrarlo (dal testimone al coroner). L’unica che continua a credere nella sua innocenza, ma senza alcuna prova in mano, è la sua giovane innamorata, e Holmes decide di dimostrare che le cose non sono così chiare come sembrano. Memorabile l’episodio in cui lo troviamo sdraiato in mezzo all’erba che setaccia il terreno come un segugio, e quello in cui dà sfoggio delle sue straordinarie capacità elencando, a uno stupefatto ispettore, un’infinita serie di minuti particolari dell’assassino, risultato di millimetriche deduzioni. Particolare importante: il dottor Watson, solitamente dipinto come un idiota grossolano in gran parte delle riduzioni cinematografiche, è invece un compagno estremamente valido, che in questa circostanza dà prova della sua bravura dimostrando che il colpo è stato inferto  alle spalle della vittima. Insomma, un ottimo medico e un buon amico, nel quale Holmes ripone la più totale fiducia. In Cinque semi d’arancio, troviamo in azione nientemeno che il Ku Klux Klan, che semina una scia di morte ammantando i suoi delitti sotto l’apparenza della sventura accidentale (un annegamento in uno stagno, una caduta nel Tamigi). Holmes capisce tutto, ma non riesce ad agire in tempo: è però la sorte a mettere la parola fine alla vicenda, giustiziando, fatalmente, i colpevoli. L’uomo dal labbro spaccato prende in esame il caso della scomparsa di un uomo per bene che viene visto al piano superiore di una casa in un quartiere malfamato dalla stessa moglie (anche se non si capisce bene cosa ci facesse la donna da quelle parti!). Arrivata al piano superiore grazie all’aiuto della polizia, dopo la resistenza della feccia umana che occupa il locale (che si trova a ridosso di una fumeria d’oppio), la donna scopre tracce della presenza del marito ma vede solo l’inquilino della stanza, un sordido barbone che si guadagna da vivere mendicando nella City. Proprio la sua presenza (che si scoprirà essere appunto al confine tra due mondi opposti) rivela l’altra faccia dell’Inghilterra vittoriana, una Londra insana e purulenta, simbolicamente rappresentata dalla misteriosa fumeria d’oppio nella quale Watson e Holmes si incontrano per motivi diversi (il primo è andato a recuperarvi un conoscente della moglie schiavo della droga, il secondo è lì per scoprire il mistero della sparizione del distinto signore). Proprio per amore della moglie, la cui indole caritatevole fa sì che molte persone in difficoltà ricorrano a lei, Watson esce di casa nel cuore della notte dimostrando tra l’altro la sua grande dedizione al suo lavoro e la sua generosità: alla faccia di chi l’ha sempre dipinto come uno stolido incapace! L’avventura del carbonchio azzurro è un altro capolavoro, per la complessità dell’intreccio, la fine ironia e la sua atmosfera squisitamente british. Ambientata durante le festività natalizie, tratta del furto di un magnifico e unico gioiello (il carbonchio azzurro) a danno di una contessa. Holmes viene coinvolto nella storia in modo curioso: un commissario di polizia interviene infatti nel sedare una rissa e l’uomo che ha cercato di assistere fugge dimenticando per strada il proprio cappello e una grassa oca da fare arrosto. Nello stomaco dell’animale viene ritrovato nientemeno che il famoso carbonchio azzurro, il diamante rubato, per il cui furto è stato prontamente arrestato da Scotland Yard un povero idraulico il cui unico torto è stato quello di essersi trovato negli appartamenti privati della contessa. Memorabile la lettura del cappello grazie a cui Holmes decifra le caratteristiche del suo proprietario, così come l’astuzia dimostrata nello scucire informazioni al pollivendolo del mercato. Alla fine, il detective deciderà di non consegnare il vero responsabile del crimine nelle mani della giustizia, dichiarando di non essere tenuto a supplire alle manchevolezze di Scotland Yard, ma anche perché ritiene che la lezione impartita sia sufficiente a ricondurlo sulla retta via. Ne L’avventura della fascia maculata, Holmes ha a che fare con un clamoroso mascalzone che non solo cerca di eliminare le proprie figlie grazie all’utilizzo di un velenosissimo serpente allo scopo di sottrarre loro l’eredità lasciata dalla defunta moglie, ma fa addirittura girare per il giardino della sua tenuta un giaguaro e un babbuino. È la seconda figliastra a rivolgersi al detective, cominciando a nutrire dei sospetti (essa è sul punto di sposarsi come la sorella al momento della sua morte, e per di più è stata costretta a trasferirsi nella camera da letto in cui la sorella è morta). Straordinario l’episodio in cui il burbero personaggio, dopo aver pedinato la figlia, finisce nello studio di Holmes e, tra le minacce, piega in due l’attizzatoio del caminetto (al che il grande detective dà un’esemplare prova della proverbiale flemma britannica rispondendo con amabili osservazioni sul tempo atmosferico!). Minimo invece il contributo del grande investigatore ne L’avventura del pollice dell’ingegnere, in cui tutta l’attenzione è invece focalizzata sulla triste storia di un povero ingegnere che si rivolge all’ambulatorio del dottor Watson dopo che gli è stato tranciato di netto un pollice. Senza lavoro, egli è stato infatti contattato da un malefico falsario che gli ha fatto credere di aver bisogno della sua consulenza per riparare una pressa metallica per i suoi giacimenti di argilla smettica. Resosi conto del raggiro, il pover’uomo si è ritrovato chiuso dentro una stanza dal soffitto che si è abbassato per schiacciarlo e, riuscito in qualche modo a fuggire, è stato privato di un pollice. Ne L’avventura del nobile scapolo un lord chiede aiuto a Holmes per la sparizione  della sua nuova moglie durante il banchetto nuziale. Attraverso una serie di abili deduzioni, il celebre investigatore scopre che non c’è stato alcun delitto, rapimento o crimine: semplicemente, la donna se ne è andata con un altro, il suo vecchio amore, che credeva morto e che invece le è apparso di fronte in chiesa. Sarà lo stesso Holmes a invitare Watson a concedere benevolenza a un uomo decisamente antipatico e supponente come il lord in questione, che comunque ha la scusante di aver ricevuto un duro colpo; il racconto si conclude con una memorabile cena a cui sono invitati proprio la signorina e il suo nuovo sposo. Anche L’avventura del diadema di berilli presenta una storia apparentemente scontata che in realtà è ben più complessa: a presentarsi all’appartamento di Baker Street questa volta è un banchiere che ha avuto un custodia un meraviglioso diadema di berilli dal valore incalcolabile, e ha sorpreso il figlio pieno di debiti a rubarlo di notte. Sinistra e inquietante è invece L’avventura dei Faggi Rossi, che vede una ragazza indifesa accettare un lavoro da governante in una villa isolata fuori città (i Faggi Rossi, appunto). In realtà, la poverina finisce alla mercé di infidi personaggi che celano dietro una facciata irreprensibile la loro malvagità e avidità (come al solito, c’è la brama di denaro dietro le azioni crudeli degli uomini). Ancora una volta, come in altri casi, Sherlock Holmes non accetta che a una donna vengano inferti violenza e inganni. Memorabile il mastino di nome Carlo che viene liberato nel giardino della tenuta per impedire l’accesso agli estranei.

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