giovedì 4 settembre 2008

Lauren Weisberger - Al diavolo piace dolce

Nata in una comune hippy da due genitori fricchettoni, vegetariani e pacifisti, contrari alla depilazione e alle giacche col collo di pelliccia, sostenitori di Greenpeace e capaci di spingerla a scrivere, da piccola, lunghe lettere al congresso, al senato, alle lobby e alle organizzazioni ambientali, la ventisettenne Bette Robinson vive a New York con il suo cane Millington (lei, allergica ai cani, possiede un cane allergico a tutto), è laureata, impiegata in banca e single. Va in crisi quando l’amica di sempre e collega Penelope le annuncia le sue prossime nozze con il fidanzato Avery, rampollo di buona famiglia, laureato ed insegnante universitario, con uno spiccato amore per le uscite mondane e gli eccessi. Si licenzia dal frustrante lavoro in banca e, grazie alle raccomandazioni di suo zio Will, editorialista, gay e repubblicano, entra nel mondo delle pubbliche relazioni, finendo in una società che organizza eventi (dall’uscita di Shreck 3 all’ultimo libro di Candace Bushnell, dalla presentazione del BlackBerry alla festa di Playboy). Party con donne in carriera, arrampicatrici sociali, seducenti uomini di successo, alcool e fiumi di cocaina: Bette si trova inserita nella vita newyorkese che conta, ma anche a fronteggiare situazioni insolite come le telefonate di gente famosa nel cuore della notte. Le basta un’uscita notturna per ritrovarsi un mattino nel letto di Philip Weston, il playboy più ambito della città, e diventare, senza fare nulla, la sua fidanzata mediatica. Iniziano a uscire sui giornali i titoli più imbarazzanti, ma per l’agenzia è un trionfo (è tutta pubblicità gratis), così che Bette si trova invischiata in una storia che accelera il suo inserimento nel lavoro e la obbliga a continuare su quella strada (anche se comincia a sospettare che il bel Philip sia tutt’altro che etero e che utilizzi la storia  come copertura per nascondere le sue vere inclinazioni). Naturalmente arriva anche l’amore vero, il dolce Sammy, un buttafuori che studia da chef, uno che sa abbinare il suo fisico atletico e l’abilità nel vestirsi con l’intelligenza e la sensibilità d’animo (legge a lavoro L’amante di Lady Chatterley… insomma, è una cosa abbastanza improbabile). È chiaro che il titolo italiano del secondo libro di Lauren Weisberger, che non ha molto a che vedere né con la trama né con il titolo originale (che è Everyone worth knowing), cerca di ricordare solo il più famoso Il diavolo veste Prada, primo romanzo dell’autrice da cui è stato tratto anche il film, e quindi aumentare la sua visibilità. Scontato come al solito (la morale è sempre quella: il mondo scintillante e patinato della moda e dello show business può esaudire ogni tuo desiderio ma in cambio si prende l’identità, il tempo e gli affetti), è ironico al punto giusto e azzecca il complesso e ambiguo rapporto che si crea con i giornalisti, disposti a elargire favori in cambio di scoop, oltre alla descrizione dell’infamante passione per i romanzi rosa della Harmony (che qui vengono chiamati con il loro nome americano Harlequin), scontati e banali ma fantasiosi e rassicuranti, tanto che l’incontro con le amiche del circolo di lettura è per Bette un momento imprescindibile. Spassosa la descrizione dello stato di disoccupazione della protagonista, beata e felice di starsene a casa a guardarsi reality show alla televisione («Perché perdere tempo a preoccuparmi quando potevo guardare il programma di Dr. Hil e imparare delle lezioni di vita di rara profondità?»).

mercoledì 3 settembre 2008

Georges Simenon - La pazza di Itteville

Questo breve racconto, che doveva essere il primo a inaugurare una nuova collana di testi accompagnati da una serie di fotografie (e rimase l’unico per lo scarso successo dell’iniziativa), è l’unico di Simenon a essere rimasto testimonianza del personaggio dell’ispettore G7, timido e ben educato, ma chiamato così dai colleghi per via dei capelli rossi che fanno pensare al colore dei taxi della compagnia G7. A narrare in prima persona è un suo amico scrittore di romanzi polizieschi che lo accompagna nell’indagine. Teatro della vicenda è Itteville, paese che si trova a una cinquantina di chilometri da Parigi, sempre sotto una pioggia torrenziale. È avvenuto uno strano omicidio con scambio di cadavere. Il direttore dell’ufficio postale sta tornando in bicicletta, sente gridare, si avvicina e una ragazza bionda, sporca di fango ed evidentemente molto agitata, gli urla di andare a chiamare i gendarmi: per strada c’è un uomo morto. Il direttore nota che a terra c’è il dottor Canut, medico noto a tutti in paese, e si precipita ad avvisare la polizia, ma quando i gendarmi arrivano, trovano accanto alla giovane donna un cadavere diverso, di uno sconosciuto, colpito al cuore da una coltellata mortale. Il racconto è molto breve ma molto ben congegnato, perché il lettore non capisce niente fino alla fine, ricalcando di fatto gli smarrimenti dell’io narrante, cieco davanti alle intuizioni di G7, naturalmente in possesso della soluzione del caso. Già possiamo vedere le caratteristiche dell’autore, la profondità della sua scrittura, l’importanza conferita ai dialoghi e alla psicologia dei personaggi. In più, osservazioni calzanti come il fatto che le persone innocenti spesso non hanno un alibi convincente, o che le persone intelligenti mostrano intelligenza e logica anche nel crimine. Molto originale la scena degli spari agli spaventapasseri.