domenica 30 agosto 2009

Alberto Ongaro - Il segreto di Caspar Jacobi

Cipriano Parodi è un giovane scrittore veneziano di famiglia abbiente il cui il cui primo libro, Il fondaco dei Turchi, ha riscosso un discreto successo. Un giorno, gli arriva da New York una lettera di Caspar Jacobi, un famoso romanziere che lui ammira da sempre e che ora lo invita a New York a sue spese. La ragione dell’incontro è presto svelata: nel momento in cui lo accoglie nello sterminato appartamento al trentasettesimo piano di un palazzo di Park Avenue, Jacobi gli propone di entrare a far parte della squadra di ghostwriter che collaborano alla stesura dei suoi romanzi. Cipriano, attratto dalla personalità dell’uomo, firma un regolare contratto di due anni a quattromila dollari al mese e entra nella bottega di scrittura dell’autore (chiaramente ispirata a quella di Alexandre Dumas), «con il compito di produrre trame, intrighi, orditi romanzeschi, cose furtive e feline, passioni e tradimenti da sottoporre all’attenzione del maestro cui spetta il diritto di decidere quando e come utilizzarle» (e qui Ongaro si scatena grazie alla sua celebre capacità affabulatoria intrisa di rimandi celebri e di fantasia). L’impegno è assoluto e il tempo che gli rimane per portare avanti progetti suoi è poco: Jacobi, la cui vita è avvolta nel mistero, si fa sempre più esigente ed esclusivo, e si appropria con una voracità animalesca di tutto ciò che Cipriano gli propone. C’è una cosa che però Cipriano gli nasconde: il Baron Samedi, il signore dell’oltretomba vudù, qui un marinaio della Guadalupa che dopo lunga navigazione sbarca a New York senza sapere cosa gli riserva il futuro, e che sente un misterioso legame con il numero civico 110 della 57a strada. Ben presto Cipriano si accorge che la stessa storia viene ripresa e raccontata, sotto mentite spoglie, nell’ultimo romanzo di Jacobi, Tiretta’s Bazaar, così che il suo personaggio, quello a cui a lungo ha lavorato, è ormai irrimediabilmente perduto. L’ammirazione iniziale verso lo scrittore si trasforma in odio, e tutti i suoi sospetti vengono confermati (pare che un precedente collaboratore sia morto in seguito agli stessi problemi). L’unica vendetta è quella di narrare la propria storia di giovane scrittore della bottega di Caspar Jacobi, del grande romanziere che si nutre delle parole degli altri, e scoprire il segreto legato alla fotografia di una bellissima giovane mulatta dagli occhi azzurri che sembra essere ricoverata in un ospedale psichiatrico. Ma siccome nessuna verità emerge dal passato o dal presente, la soluzione è trasformare lo scrittore in un personaggio letterario, rivelandone la verità sotto forma di romanzo: Caspar Jacobi diventa una creatura dell’immaginario, l’unico strumento di conoscenza a cui Cipriano decide di affidarsi. La stessa narrazione cambia, e dalla prima persona si passa alla terza, aspetto che potrebbe disorientare gli amanti dei thriller tradizionali ma che è illuminante per capire la fiducia riposta dall’autore nella letteratura come unica verità (Caspar Jacobi dichiara che preferirebbe che il mondo fosse popolato di personaggi letterari, e Cipriano crea la storia di un uomo che ricostruisce le proprie origini inventando il proprio albero genealogico). Molti gli aspetti ricorrenti delle altre opere di Ongaro, come l’oscura minaccia scritta nel destino del protagonista (cui viene predetta con la lettura della mano) e un tratto spregevole dell’antagonista (Caspar Jacobi è afflitto da una fastidiosa tosse canina, come il cattivo persecutore della Taverna del Doge Loredan era portatore di fetore). Incredibili i personaggi di contorno, tutti in qualche modo funzionali allo svolgimento della storia, a cominciare dall’esperto di araldica Andreas Paleologo e il detective con un passato nel cinema Austerus Chapman, per arrivare a Torascio, fenomeno da baraccone emigrato in America che va in giro distruggendo elenchi telefonici e il cui obiettivo è fracassare di botte il   campione del mondo di pugilato.

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