domenica 20 settembre 2009

Anne Gracie - I Tudors. Scandali a corte

Non so a chi sia venuto in mente di fare un libro del genere, ma gliene sono grato. Pubblicare quella che in pratica è la sceneggiatura di una serie televisiva (nella fattispecie la prima) non è un’idea precisamente vincente in un paese come il nostro, visto soprattutto lo scarso successo della suddetta fiction dalle nostre parti, ma costituisce pur sempre un esperimento interessante e un buon incentivo all’acquisto. I fatti sono noti: Enrico VIII, sovrano giovane e affascinante, è sposato con Caterina d’Aragona, vedova di suo fratello, ma soddisfa i suoi veraci appetiti carnali con qualsiasi donna incroci il suo sguardo. È inoltre talmente tormentato dal passo del Levitico che condanna alla sterilità l’uomo che ha sposato la moglie di suo fratello, da non toccare più sua moglie: in questo viene confermato (e incoraggiato) dalla nascita di un figlio bastardo da una sua amante, Bessie Blount. Emerge poi la figura di Anna Bolena, di cui il re si innamora perdutamente al punto da osare lo scisma dal papato (notare che il sovrano prima se la spassa con la sorella di questa, Mary, allevata alle depravazioni della lasciva corte di Francia). Principale protagonista di questo periodo è il cardinale Wolsey, cancelliere e statista sempre pronto a eseguire ogni volere del re: lavora alacremente per raggiungere un’alleanza con il re di Francia, poi con l’imperatore spagnolo e, quindi, ancora con i francesi, ma per conseguire i suoi obiettivi deve abbandonare ogni velleità di successo personale (deve rinunciare a diventare papa). È proprio il caso Bolena a mandarlo in rovina, non riuscendo a ottenere l’approvazione papale  per il divorzio. Per il resto c’è tutto: i tornei cavallereschi, le feste a palazzo, le congiure ordite e sventate, il luteranesimo e la corruzione della Chiesa, le invidie e le ambizioni, la febbre miliare (o sudore anglico) che miete vittime. La scrittura è totalmente impersonale e la veridicità storica dei fatti narrati è pressoché inesistente, ma a convincere sono il modo in cui è congegnata la trama e l’attenzione nell’attenzione della costruzione della psicologia dei personaggi; Enrico VIII è un pazzo squilibrato, sempre più assoluto ed estremo nel tradurre in realtà ogni suo desiderio; Caterina d’Aragona ne esce in maniera molto forte come eroina dal carattere indomito; Tommaso Moro è ben tratteggiato nel suo rigore cattolico, anche se finisce per risultare un integralista esaltato che ricorre al silicio e brucia gli eretici luterani; Anna Bolena non è mai stata così insopportabile, sfrontata e invadente (e pure protestante), anche se a sua discolpa bisogna dire che era uno strumento nelle mani dei suoi parenti assetati di potere, il padre e lo zio duca di Norfolk. Su tutti, titaneggia Wolsey, il vero eroe tragico di questa storia, religioso senza fede al servizio di un re che poi lo scarica al primo fallimento. Moltissime sono le inesattezze storiche e le invenzioni:, a partire dalla morte del cardinale che si suicida tagliandosi la gola in carcere e arrivando alla storia di Margaret, la sorella del re che viene data in sposa all’anziano re del Portogallo (!?) e lo uccide nottetempo per sposare Cahalres Brandon, migliore amico di Enrico, per passare una vita di tradimenti e morire tristemente di tisi. Insomma, l’intera vicenda è una esagerata e rutilante saga dalle tinte molto forti e dal sapore molto kitsch che, se presa nel modo giusto, avvince e convince. Una curiosità: la trama è la trascrizione più o meno fedele della serie televisiva, ma ci è fortunatamente risparmiata la relazione gay tra Thomas Tallis e l’amico del re Willliam Compton. Censura o buon senso?

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