lunedì 2 agosto 2010

Elmore Leonard - Road Dogs

Famoso per l’ormai corposa lista di film tratti dai suoi romanzi per mezzo di registi del calibro di Quentin Tarantino e Steven Soderbergh (giusto per citare i più importanti), l’ultra ottuagenario Elmore Leonard (classe 1925) continua a sfornare libri a raffica con l’inventiva e la verve di un trentenne. Non fa sconti questo “Road Dogs” (titolo che si riferisce a un’espressione del gergo carcerario usata per indicare due detenuti che, dietro le sbarre, si proteggono a vicenda), recentemente uscito per Einaudi (che sta perseguendo il progetto di proporre o anche riproporre tutta l’opera dello scrittore americano) e incentrato sull’amicizia di due criminali che si incontrano in prigione e stringono amicizia: il bandito gentiluomo e rubacuori Jack Foley protagonista di “Out Of Sight” (“Fuori dal gioco” per Baldini Castoldi) e interpretato da George Clooney nell’omonima trasposizione cinematografica, e lo stallone cubano Cundo Rey, presente nel romanzo “La Brava” (“Dissolvenza in nero” per Sperling & Kupfer) e sopravvissuto a tre colpi di pistola al petto. Cundo non esita a pagare profumatamente un legale per ricorrere a cavilli legali e fargli ridurre la pena del suo amico da trent’anni a trenta mesi, con il meraviglioso progetto di ospitarlo a casa sua e fargli fare quello che sa fare meglio: rapinare altre banche. In attesa di uscire di prigione anche lui, dunque, lo spedisce a Venice, in California, dove vive la moglie Dawn Navarro, avvenente medium specializzata in truffe soprannaturali, anch’essa presa da un altro romanzo di Leonard, “Riding the Rap” (“A caro prezzo” per Baldini Castoldi): nonostante il geloso e possessivo Cundo le telefoni tutti i giorni per chiederle se viva casta come una santa nell’attesa del suo ritorno, la donna vive in una casa piena zeppa di sue foto e quadri che la ritraggono come mamma l’ha fatta, ha una passione sfrenata per gli uomini che la portano a concedersi a tutti i rappresentanti del sesso forte che la circondano e, cosa più importante, è fermamente intenzionata a mettere le mani sul patrimonio del marito. «Puoi chiamarmi reverendo Dawn, se ti fa piacere. Sono un regolare ministro del culto presso la Spiritualist Assembly di Waco, Texas, anche se ho iniziato come manicure»: così si presenta questa femme fatale da genere noir (ma molto particolare) a Jack Foley prima di finirci a letto e di trasformarlo in un sensitivo nonché cacciatore professionista di fantasmi, per truffare una ricca e credulona attrice perseguitata dallo spirito del marito morto. Da una parte lo scaltro Jack è controllato a vista dagli scalcinati scagnozzi di Cundo (un cubano dall’identità sessuale alquanto ambigua, un bullo costaricense e un naziskin tatuato), dall’altra dall’agente dell’Fbi Lou Adams, il quale non solo è pronto a tutto pur di rimandarlo in galera (è convinto della necessità assoluta che il mondo si ricordi non solo dei banditi, ma anche dei buoni che li prendono), ma addirittura sta scrivendo un libro di oltre 500 pagine su di lui e del quale gli manca solo il finale. Il fatto che i tre protagonisti derivino da altrettanti precedenti romanzi non implica affatto la necessità di aver letto prima gli altri: la trama (fondata sul principio ”chiunque cerca di fregare chiunque”) è perfettamente autosufficiente, i personaggi sono delineati in maniera fantastica, lo stile è di quelli che ti tengono inchiodato alla pagina e, a completare il tutto, i dialoghi sono da antologia e sembrano quelli di un film di Tarantino (da sempre fan di Leonard per sua stessa ammissione). La scena di Little Jimmy che va a confessarsi prima della cena decisiva e dichiara bastano dieci Padre Nostro e dieci Ave Maria per farsi perdonare da Dio tutte le incazzature che gli ha fatto prendere è veramente memorabile per tempi comici e narrativi. Ovviamente, però, dietro a tanti sorrisi c’è anche la violenza, perché questo è pur sempre un libro di gangster, e soprattutto di ganster balordi, molto a mal partito nel saper mantenere calma e autocontrollo, spesso incapaci nel fare il loro stesso mestiere (si veda il confronto finale sul tetto tra Foley e Tico). I personaggi di Leonard vivono nel sottobosco della delinquenza, cercano di fare la cresta su tutto, sono spacconi e fanfaroni, ingenui e arroganti, e l’autore ha gioco facile nel giocare sullo stereotipo del macho latino che va su tutte le furie per un nonnulla e non si accorge di come la sua donna lo stia fregando.




Recensione pubblicata sul numero di ottobre 2010 della rivista “Pianuraoggi”

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