sabato 22 settembre 2012

Henning Mankell - Assassino senza volto

Prima inchiesta per il commissario Kurt Wallander, personaggio creato dallo scrittore Henning Mankell e investito di un’improvvisa celebrità grazie al boom dei gialli svedesi di qualche anno fa sull’onda della trilogia Millennium di Stieg Larsson e a una bella serie a lui dedicata dalla BBC con Kenneth Branagh. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la storia non è ambientata nell’ovvia Stoccolma ma a Ystad, città portuale della Scania: il nostro commissario deve fare luce sul brutale assassinio di una coppia di contadini della campagna svedese, torturati barbaramente e, apparentemente, senza alcuna ragione. Unico indizio, le ultime parole della donna prima di morire in ospedale: “Straniero, straniero”. La notizia purtroppo trapela e dà inizio a un’ondata di violenza xenofoba, tanto che lo stesso Wallander riceve delle telefonate anonime che lo avvertono che se lui non scopre chi è stato ci saranno ritorsioni nei confronti dei campi profughi. Mankell ha un modo di scrivere completamente diverso da Stieg Larsson: il suo giallo è lineare, con molte piste (la rapina? Il ricatto? La vendetta di un figlio non riconosciuto?) che progressivamente perdono valore, senza colpi di scena o particolari “forti”, ma scorre molto bene e non annoia mai. Narrato in terza persona ma sempre dal punto di vista del commissario, conquista proprio grazie al suo protagonista, un loser dai caratteri profondamente umani (è stato piantato dalla moglie, è ingrassato e trasandato, ha un rapporto problematico con la figlia e con il padre pittore in fase di demenza senile, ci prova con un’altra donna – il Pubblico Ministero Anette Brolin – ma gli va decisamente male, è stressato e per rilassarsi ascolta musica classica) che non possono non muovere a simpatia. Insomma, se Stieg Larsson è stato accusato di essere l’alter ego di un computer, a Mankell questo non glielo si può davvero imputare.

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