domenica 7 aprile 2013

Irène Némirovsky - Il malinteso

Secondo romanzo della Némirovsky per me, questa volta il suo primo, scritto quand’era ventitreenne e stupefacente proprio per questo, per la sua acutezza psicologica e la sua sensibilità nello scandagliare il pensiero e l’animo umano. È la storia di un amore adulterino, quello tra Yves e Denise: il primo un giovane scapolo reduce dalla guerra, la seconda una giovane madre sposata con un uomo a cui è legata da un affetto tiepido e un po’ annoiato. Quando il marito Jessaint glielo presenta sulla spiaggia di Hendaye (sulla costa basca) come vicino di branda nell’ospedale militare, Yves le appare come un giovanotto elegante e raffinato e, dal momento che alloggia nel suo stesso albergo, crede che sia ricco quanto il marito: in breve il marito viene richiamato a Londra da affari urgenti e Denise, per la prima volta in vita sua, scopre l’amore, anzi, da quel momento non c’è stato che Yves nella sua vita. La seconda parte del romanzo coincide con il ritorno a Parigi e il brusco risveglio: qui la vita (la vacanza è finita) presenta il conto e la differenza di ceto tra i due amanti emergono con chiarezza. Denise scopre che Yves non è affatto ricco, anzi, lui che è cresciuto in un’epoca in cui «c’erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente», dopo la guerra si è reso conto di aver perduto tutto ed è stato costretto a trovare un impiego che lo avvilisce e lo mortifica condannandolo a una serie di doveri, pratiche e conti da pagare, oltre che alla compagnia di colleghi che, diversamente da sé, sembrano sempre felici. Oltre alla differenza di ceto tra i due amanti si alzano inoltre barriere fatte di giornate diverse, stati d’animo differenti e desideri e bisogni discrepanti: Denise cerca la passione, l’amore assoluto, il bisogno della conferma continua, la complementarietà a tutti i costi, mentre Yves in lei cerca il riposo e la serenità dei sentimenti, in quanto, a differenza degli uomini della generazione precedente (che avevano bisogno di emozioni, come suo padre sciupafemmine che s’innamorava ogni volta «per sempre» e che credeva di cogliere «il senso della vita negli occhi delle amanti»), i reduci di guerra («Per chi ha visto lo sguardo dei moribondi […] la donna non ha né misteri né segreto né attrattive») chiedono all’amore sicurezza e relax. Dal buon senso pratico e borghese della madre (che le dice candidamente: «L’amore, mia cara, è un sentimento di lusso!») Denise dovrebbe imparare che l’eccesso di amore può soffocare, ma la soluzione che lei trova a questo “eccesso”, il tradimento, è diversa e funesta. Struggenti la descrizione della pena della protagonista che aspetta l’amato facendo le peggiori congetture, quella della scoperta del tradimento da parte di Yves a cui crolla il mondo addosso e il finale in cui Denise si rende conto di cosa sia la felicità solo quando questa, ormai, è cosa già passata.

Nessun commento:

Posta un commento