sabato 30 novembre 2013

Wu Ming 4 - Difendere la Terra di Mezzo. Scritti su J.R.R. Tolkien

Tolkien di destra o di sinistra? Una discussione sterile ma feconda in Italia, Paese estremamente provinciale dove Tolkien, totalmente ignorato dalla sinistra, ha conosciuto una connotazione decisamente politica per essere stato adottato dalla destra e dai suoi intellettuali (mentre altrove, per esempio in America, Gandalf e Frodo divennero campioni degli hippie e della controcultura; “Gandalf for President” e “Frodo lives”, dicevano gli slogan), e le sue sorti sono state condizionate da mistificazione, snobismo e confessionalismo. Finalmente le cose hanno incominciato a cambiare e ci sono degli autori come Wu Ming 4 che, nonostante la militanza a sinistra, è un tolkieniano di ferro che sa il fatto suo e si è già occupato del professore di Oxford nel suo saggio L’eroe imperfetto, nel romanzo Stella del mattino (dove Tolkien è uno dei personaggi) e nell’edizione critica de Il ritorno di Berhtnoth figlio di Beorhthelm. Ora ha fatto uscire questo nuovo saggio (illustrato) che è una rielaborazione di scritti già apparsi sul blog “Giap” dei Wu Ming e seminari e conferenze da me già conosciute attraverso l’ascolto dei podcast del collettivo come Il Tolkien immaginario dei fascisti italiani e Messer Holbytla. L’eroe, il giardiniere e il perfetto gentilhobbit. L’ho aspettato con impazienza, l’ho comprato il giorno stesso in cui è uscito e l’ho divorato in due giorni. Credo sia uno dei più bei libri su Tolkien che abbia mai letto: profondo, adulto, completo, serio, competente e documentato (l’apparato di note costituiscono già di per se stesse un libro), un atto di amore incondizionato nei confronti dello scrittore inglese. Il titolo, Difendere la Terra di Mezzo, pone subito la questione: difenderla da cosa? Innanzitutto da chi continua a reputare la creazione letteraria di Tolkien un qualcosa privo di valore e la svilisce a puro espediente commerciale, come accaduto all’indomani della pubblicazione del Signore degli Anelli che, agli occhi della paludata critica contemporanea, apparve del tutto avulsa dal contesto contemporaneo perché contraddiceva le linee guida della narrativa tracciate fin dagli Venti e anzi pretendeva di restituire un senso all’esistenza attraverso l’epica e il mito, creando un universo fantastico antico e fantastico (attraverso un immane lavoro di cesello, vito che Tolkien lavorò al suo mondo dal 1916 al 1973, anno della sua morte). Ecco quindi che questo professore filologo, innamorato delle parole al punto da inventarsi le lingue prima delle sue storie (perché era convinto che le parole non fossero meri strumenti del racconto, ma in qualche modo lo contenessero), fu negletto e ridotto al ruolo di infantile escapista, abbarbicato a una visione fideistica, antimoderna e moralistica che si opponeva a quella di chi aveva decretato la dissoluzione del romanzo e stabilito che l’uomo contemporaneo (citando Musil) era senza qualità perché i suoi valori erano incerti e infondati tanto quanto la conoscenza della verità. Nessuno considerò mai l’ipotesi che gli hobbit fossero l’innovativa risposta alle grandi questioni etiche ed estetiche del XX secolo poste dalla rivoluzione modernista: l’opera di Tolkien parla infatti del mondo reale e i suoi personaggi sono estremamente contemporanei e vicini a noi, «in grado di parlare a una civiltà post-cristiana come quella attuale». Se quest’opera di costruzione di mondi fantastici non avesse a un certo punto visto comparire gli hobbit, eroi molto moderni, non avrebbe avuto lo tesso tipo di successo: gli hobbit infatti sono solo una parte di questo mondo, ma rappresentano la parte che presta lo sguardo al lettore contemporaneo e gli permette un’identificazione. Inoltre, la concezione della letteratura in Tolkien (comunità, gioco, incantesimo, possibilità partecipativa e co-narrazione) va nella direzione opposta rispetto all’idea contemporanea della netta separazione tra l’autore che produce ed esprime il genio individuale e il lettore che giudica l’opera, ed è uno dei motivi di successi del fandom tolkieniano: i lettori si sentono incoraggiati a partecipare alla sub-creazione, tanto è vero che, nella maggior parte dei casi, i prodotti di fan fiction, di videogiochi al cosplay, sviluppano direttamente il materiale e gli spunti messi a disposizione da Tolkien stesso. Wu Ming 4 prova quindi a mappare (a grandi linee) le influenze di Tolkien nella cultura pop del Novecento, in saghe cinematografiche come Star Wars e nella letteratura: Tolkien ha alcuni grandi “discepoli” (Stephen King, Neil Gaiman, Ursula K. Le Guin, George R.R. Martin) che lavorano sul fantastico e che dichiaratamente lo riconoscono tra i loro padri letterari anche se hanno intrapreso altre strade, ed è un imprescindibile termine di paragone anche per quegli autori che lo criticano, come Michael Moorcock e Philip Pullman, ma rimangono ancorati a un fronteggiamento che sembra impedire una loro completa emancipazione (in quanto, come ha detto George R.R. Martin, «Il Signore degli Anelli è una montagna che si staglia su ogni altra opera di fantasy scritta prima e dopo»). Wu Ming dice però che bisogna difendere la Terra di Mezzo anche da un altro rischio, da chi la concepisce come utopia, luogo ideale e manifesto ideologico-culturale, perché, «laddove la ragione dorme e il simbolismo prospera, muore la letteratura»: è il caso della destra italiana e delle sue letture “simbolistiche” di Tolkien sul modello delle interpretazioni di Julius Evola, che pongono l’accento su tratti distintivi tipici come la spiritualità iniziatica, il neopagano, il vittimismo, l’esclusivismo e la Tradizione, in maniera del tutto decontestualizzata dal contesto storico-letterario, e finiscono per ritrarre un Tolkien intento a dialogare soltanto con gli antichi attraverso rimandi e simboli eterni privati di significato. Ma è anche il caso del simbolismo di stampo confessionale e catechistico, ancorato ai testi sacri e alla teologia cattolica, che forza l’opera di Tolkien in chiave allegorico-morale e apologetica, cosa peraltro sempre rifiutata da Tolkien stesso, che più volte spiegò come la simbologia cristiano-cattolica nella sua opera può essere colta solo come un’eventuale fonte d’ispirazione ma viene poi declinata all’interno di una trama che la cambia e la sovverte (anche se Tolkien era un cattolico tradizionalista ed era effettivamente permeato di valori e principi cristiani come la pietà, la provvidenza e l’umiltà). Nell’ottica di restituire l’autore a se stesso, nella seconda parte del libro Wu Ming 4 riporta Tolkien all’interno del suo tempo e nel solco della letteratura vittoriana ed edoardiana, perché nulla si può comprendere della poetica tolkieniana se si prescinde dal contesto estetico e culturale al quale lo scrittore attinse. Tolkien riflette gli scenari romantici ottocenteschi, figli di un’ottica tanto anti-modernista quanto completamente moderna: la stessa Contea (luogo in cui abitano gli hobbit) non vagheggia chissà quale mondo perduto medievale o un’utopia sociale o ecologica, ma si inserisce nel solco dei grandi romanzieri dell’Ottocento inglese (Jane Austen, George Eliot, le sorelle Brontë, Thomas Hardy) che hanno raccontato il lato oscuro dell’Inghilterra rurale ed è diretta figlia di un immaginario ben preciso, la campagna riconoscibile nei dipinti di John Constable e di altri pittori romantici inglesi, un’elegia pastorale nella quale i poeti della generazione di Tolkien cercarono rifugio dagli orrori della Prima Guerra Mondiale (la prima guerra tecnologica della storia). La Contea non è un luogo mitico e felice, perché Tolkien ne mette in luce anche gli aspetti negativi: la stessa Terra di Mezzo è un luogo ibrido di incontro e scontro tra modernità e antichità, dove vengono collocati i grandi problemi dell’evo moderno. Anche i suoi personaggi (che non sono affatto stereotipati, perché partono da archetipi narrativi e mitici ma poi cambiano e si evolvono nel corso della trama) presentano una dialettica strana tra il seguire un’autorità positiva e il ribellarsi. Nel capitolo Hobbit ed ethos, il più bello forse di tutto il libro, Wu Ming 4 analizza le varie vie del coraggio che Tolkien sembra suggerire e si dimostra convinto che nel canone tolkieniano sia ben presente una riflessione narrativa sulla necessità di disobbedire in certi frangenti all’autorità, con una profonda e continua esaltazione del libero arbitrio: quando si cessa di farlo, sembra dire Tolkien, si inizia il cammino della corruzione. A ribadire l’attualità dello scrittore inglese e la sua lettura dialettica, in Appendice al volume è posto un saggio del grande filologo Tom Shippey, autore di alcuni dei saggi più importanti e famosi su Tolkien, che tratta della rappresentazione delle classi sociali nel Signore degli Anelli: lo fa da filologo, confrontandosi con il testo e le parole, e giunge a concludere che questa rappresentazione c’è, con un conflitto e uno scambio tra modelli sociali antichi e moderni.

6 commenti:

  1. Tolkien è un autore di Destra,mettetevi l'animo in pace (Wu Ming e altri intellettuali progressisti).Per decenni la Sinistra ha parlato male di Tolkien,presentandolo come un autore fascista,ma dopo il successo della trilogia cinematografica di Peter Jackson è arrivato puntuale il "contrordine compagni !",per un appropriazione indebita di un autore che di sinistra o liberale non ha mai avuto nulla(anche se di certo non ha mai avuto simpatie per il Nazismo e non era antisemita,questo sia chiaro).
    Ma è la biografia di Tolkien ha parlare per lui,prima ancora della sua opera...Si espresse apertamente a favore dei Franchisti e contro anarchici e comunisti,durante la guerra di Spagna...Inoltre era amico intimo del leader di estrema destra britannico A.K.Chesterton ed era abbonato alla rivista "Candour",riconducibile allo stesso Chesterton...E le che connessioni con Evola,e alla sua critica radicale al mondo moderno sono tutt'altro che improponibili,e ravvisabili anche nelle sue opere letterarie,gli hobbit nobilitano loro stessi con il loro coraggio,e la figura del Re Aragorn non è secondaria come si vorrebbe far credere,egli incarna l'uomo forte(seppur con dubbi e tormenti) della Provvidenza che viene a riprendere il proprio titolo(per diritto di nascita) dopo la decadenza della sua stirpe ed un lungo vagabondare.E se il compito principale (distruggere l'anello)tocca agli hobbit,e pur sempre Aragorn a guidare l'esercito vittorioso in guerra...Infine se negli anni 70 un intellettuale di spessore(altro che Wu Ming...)come Eco descriveva il "Signore degli anelli" come"oscurantista e reazionario",le cose son due o Eco non è capace di intendere un opera letteraria meglio dei tanti signor nessuno che oggi vorrebbero trasformare Tolkien quasi in un liberale,oppure se si vuol dar credito a Eco bisogna che ammettiate a malincuore il fatto che Tolkien vada ascritto tra gli autori di destra...Una Destra monarchica,ma pur sempre destra...

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  2. Bisogna disobbedire all'autorità e quando si cessa di farlo inizia il cammino della corruzione....?!???...Cioè volete far credere che Tolkien fosse un anarchico insurrezionalista o un socialista rivoluzionario...uahuahuah...Vi ho già portato qualche argomento sull'attitudine di destra(monarchica non fascista,ma pur sempre di destra e tradizionalista)di Tolkien,peraltro da voi non pubblicata(chissà perchè...),ma rileggendo qualche passaggio di ciò che scrivete c'è da rimanere basiti,analisi di parte (rossa)giusto per lettori superficiali del pensiero tolkieniano,la"Wu Ming generation"...
    Tanti saluti.

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  3. Rileggendo ciò che ho scritto,mi rendo conto di esser stato un pochino aggressivo nei toni...ma la mia critica era indirizzata esclusivamente a intellettuali di sinistra come Wu Ming o Evangelisti,che strumentalizzano opere di autori vari per piegarle ad una propria visione della vita,facendo diventare socialisti o liberali gente che non lo è mai stato in vita sua,operazione riuscita ad altri studiosi progressisti con Nietzsche decenni fa...L'autore del blog ha fatto solo l'esegesi del lavoro di Wu Ming,tentando di interpretarne il pensiero(e forse anche condividerlo ,non so...),ed in questo vi è riuscito benissimo...Sorry.

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  4. Caro Anonimo, se ti fossi preso la briga di leggere qualche articolo di WM4 forse tante sciocchezze tutte assieme te le saresti evitate.
    Leggere prima di sputare sentenze, forse ma dico forse, è il passo sine qua non per poter discutere della recensione di un saggio.

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    1. Mmm. Ho avuto una discussione con Wu Ming,perlomeno sulla questione A.K.Chesterton-Candour ho preso un abbaglio,perchè seppur se ne parli su Internet,non vi sono prove certe di ciò.Le mie scuse al gestore del sito....Poi mia accorgo di un paio di strafalcioni grammaticali(errori di battitura)sul primo commento...Per il resto confermo tutto.

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  5. Specifico meglio.La questione Chesterton,nasce da un tizio che dice di aver acquistato le riviste "Candour"a suo dire appartenute a Tolkien,purtroppo non porta prove di quanto asserisce,anche se molti siti inglesi riportano la notizia dandola per scontata.Peccato perchè nella discussione con Wu Ming portavo altri esempi(questi sì accertati)sulla vocazione di destra di Tolkien(dalle simpatie per il Franchismo durante la guerra civile spagnola ,all'anti-comunismo dell'autore e alla sua feroce ostilità per Stalin),mi mordo le mani per avere inserito,senza fare ulteriori verifiche,la questione Chesterton,che stante così le cose va considerata non verificabile,e quindi falsa,ma facendo così finire in secondo piano le altre questioni.

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