mercoledì 15 gennaio 2014

Alan K. Baker - L'ambasciatore di Marte alla corte della Regina Vittoria

Un po’ sulla falsariga del secondo volume della Lega degli straordinari gentlemen, questo romanzo (ambientato nel più classico degli scenari steampunk, la Londra di fine XIX secolo) di Alan K. Baker riprende l’idea dell’invasione aliena della Terra ma questa volta modificando la variante marziani: gli abitanti del pianeta rosso, infatti, sono in questo caso civili e pacifici, e hanno stabilito con i terrestri relazioni diplomatiche e scambi di tecnologia (tripodi wellsiani con funzione di trasporto pubblico, per esempio, e cure ringiovanenti per la regina Vittoria). Quest’insolita alleanza è però messa in pericolo dall’omicidio dell’ambasciatore marziano a Londra, soffocato dalla presenza di acari nel suo respiratore (obbligatorio dal momento che l’atmosfera terrestre è velenosa per gli abitanti di Marte), un delitto che sembra per giunta collegarsi all’infezione che centinaia di migliaia di anni prima ha quasi sterminato la popolazione marziana. Questo dà il via a un’avventura che vede i protagonisti Thomas Blackwood e Lady Sophia Harrington (i quali danno il nome alla serie di romanzi Blackwood & Harrington Mystery, di cui questo è il primo capitolo), il primo agente speciale dell’Ufficio Affari Clandestini di Sua Maestà, la seconda segretaria della Società per la Ricerca Psichica, avviare un’indagine per scongiurare una guerra planetaria e rinsaldare l’alleanza tra la Terra e Marte contro terribili nemici (i venusiani) celati nelle paurose profondità dello spazio che ricordano immediatamente i Grandi Antichi di Lovecraft. Pieno di arguzia e di mestiere nel rielaborare le fonti più o meno dichiarate (H.G. Wells, E.R. Burroughs e C.A. Smith), il romanzo ha alcune trovate indubbiamente ingegnose e divertenti, soprattutto a livello di ambientazione: Londra si prepara a celebrare la costruzione del Nuovo Crystal Palace e un prossimo viaggio sulla Luna in pieno Verne-style; i Cavalieri Templari sono utilizzati come forza di polizia; le indagini si avvalgono delle facoltà medianiche di sensitivi in grado di esplorare altri pianeti con le loro menti; esseri fatati lavorano all’interno dei cogitatori, l’equivalente dei nostri moderni computer (anch’essi infettati da virus, in questo caso da un potente spirito jinn), in grado di accedere a una specie di internet alternativo, un archivio magico (i Registri Akashici) posto oltre i confini del pianeta; il palazzo del governo marziano corrisponde al volto osservato dalla sonda Viking I e il celebre esperimento di Michelson e Morley, nell’universo alternativo di Baker, non ha dimostrato l’inesistenza dell’etere ma anzi ha confermato il suo contrario, così che si stanno costruendo i primi dirigibili eterici per viaggiare nello spazio. Ci sono poi elementi più fantastici come la presenza del popolo delle fate, guidato da Oberon e Titania, che funzionano meno. Il romanzo quindi diverte nella misura in cui il lettore accetta di stare al gioco, ma non riesce a sfruttare fino in fondo le potenzialità offerte dall’ambientazione e finisce per incardinarsi sui binari del prevedibile e del buonista, con acclusa morale ecologista sul progresso consapevole e della paura del diverso (che persiste e torna prepotentemente quando subentra il dubbio). I personaggi sono classicamente buoni o cattivi e la narrazione procede spedita affidandosi spesso ai dialoghi, fino al classico finale fracassone che assomiglia paurosamente a una versione steampunk di un film di James Bond. I due protagonisti (qualcuno nutre dei dubbi sul fatto che nei prossimi capitoli si innamoreranno?), più che Sherlock Holmes e Watson (giusto perché in copertina campeggia la scritta “un mistero alla Sherlock Holmes”), ricordano John Stead ed Emma Peel, gli agenti speciali della serie The Avengers, e forse non a caso il loro riferimento governativo si chiama “il Nonno”. Non manca il cattivo logorroico che, per rispettare il suo topos letterario, snocciola alla bella eroina tutti i suoi piani nel più minimo dettaglio, con acclusa risata maniacale, e si accompagna a uno scherano turpe e orribile a vedersi, il venusiano Indrid Cold, famoso come Jack il Saltatore (il buon vecchio Spring-heeled Jack), creatura del folklore inglese del periodo vittoriano ed eroe negativo della letteratura popolare insieme a Varney il vampiro. Per quanto mi riguarda, un’occasione sprecata.

1 commento:

  1. Grazie per la bella recensione: ho capito che non sarà certamente questo il primo libro steampunk che leggerò. Segnala quali sono le occasioni non sprecate, i libri steampunk riusciti bene. Grazie!

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