
Per me che faccio il redattore di casa editrice, il self publishing dovrebbe essere sinonimo di scarsa qualità e rappresentare la quintessenza del male, il ferale strumento offerto ad autori vanagloriosi e convinti di essere i nuovi Tolstoj di pubblicarsi i propri romanzi incuranti di consigli esterni. E ammettiamolo: è quasi sempre così. Sono ancora convinto dell’efficacia di un buon editing, a patto che si stabilisca una buona intesa tra autore ed editor. Talvolta però ci si imbatte in un lavoro come questo Marstenheim, autopubblicato e disponibile liberamente per il download in parecchi formati (cliccare QUI per scaricare), e ci si deve ricredere. A dire il vero, questa mia convinzione dell’efficacia di un buon editing è ribadita, in quanto Marstenheim ha avuto l’editing e la consulenza di Gamberetta del blog Gamberi Fantasy e del Duca del blog Baionette Librarie, due persone che seguo e stimo moltissimo per la loro conoscenza, competenza e autorevolezza in campo letterario. Insomma, si andava sul sicuro. Inoltre l’autore, Alessandro Scalzo in arte Angra, è stato bravissimo nel seguire le indicazioni che gli sono state date, e il risultato è quanto di più sorprendente ci si potesse aspettare da un esordiente, sebbene non abbia incontrato l’attenzione del malato mondo editoriale italiano e, anzi, abbia raccolto esiti addirittura grotteschi (dopo aver cambiato nomi e luoghi del romanzo, l’ha spedito a uno dei più importanti agenti letterari italiani, spacciandosi per una tenera fanciulla non vedente e ottenendo per questo immediata attenzione, per poi essere liquidato una volta svelato l’inganno). In realtà, Marstenheim è un bellissimo e freschissimo romanzo di fantascienza ambientato in un indefinito futuro su una colonia terrestre abbandonata da secoli, la città di Marstenheim appunto, marcia e ormai sull’orlo del collasso, tra vestigia di un florido passato e un presente fatto di quartieri abbandonati, gente che si chiude in casa, non-morti che scorrazzano in superficie diffondendo una misteriosa pestilenza verminosa, uomini-ratto che sottoterra affollano le gallerie preparandosi a tornare in superficie, soldati della Repubblica che pattugliano le porta della città e pellegrini e crociati fanatici che si accalcano attorno alla Torre di Ferro, enorme cattedrale sormontata da un’antica torre e traliccio nell’attesa del ritorno di Grigor, messia dalle connotazioni cristologiche. In questo scenario apocalittico si muove un gruppo di guerrieri saxxon, guidati dal vecchio sciamano Ygghi Kan dai modi ambigui e dalle intenzioni poco chiare, la stregona Morgause con la passione per il sadomaso, il vampiro aristocratici André e sua sorella Carmille, la prostituta devota Alpine, il burattinaio pazzo Porfirj che crea burattini dalle persone vere (come il demone protagonista del film Jeepers Creepers), tutti alla ricerca di strano oggetto rubato dal ladro Losado, perseguitato dalla malasorte. Non ci sono buoni e cattivi in senso tradizionale: forse André è il più facile da riconoscere come cattivo, ma per i buoni è molto più difficile. Qui ognuno segue in base ai propri desideri e propositi, senza una morale imposta o un riflesso di qualche questione sociopolitica del nostro mondo attuale (inoltre attenzione: c’è sesso, e in modo esplicito). Ogni personaggio diventa protagonista e punto di vista di una sezione della storia, un po’ come nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin, ma qui i cambi sono molto più repentini e cinematografici, di paragrafo in paragrafo. Fortunatamente, non si passano intere pagine a ricevere informazioni di background da dialoghi e situazioni inutili come troppo spesso succede in ambito fantastico, quando l’autore (alle prime armi) è costretto a spiegare il come e il perché del mondo da lui creato, ma le informazioni ci vengono date un po’ per volta, con l’evolversi della vicenda e attraverso questa narrazione corale, anche quando si tratta della complessa religione di Marstenheim. Per questo, nella prima parte, il tutto è forse più farraginoso e difficile da seguire, ma nella seconda parte, quando ci si è ormai immersi negli ingranaggi della narrazione e il personaggio principale diventa il saxxon Aix (e grazie al fascino di Alpine), il racconto procede speditamente e avvince. La cosa anomala, ma che in realtà è un punto di forza, è che in un contesto fantascientifico ci sono magie e combattimenti tipicamente fantasy e si muovono creature tradizionalmente fantastiche come i vampiri, gli zombie o gli uomini-ratto, che trovano però tutti una spiegazione scientifica (gli stessi saxxon sono una variante degli elfi, anche se sono considerati dei barbari di frontiera). Alcune trovate sono veramente riuscite (le gemelle speculari Gya e Madkeen, l’incontro tra Aix e Anghelo e Daria nella taverna del porto) e ci si affeziona ai personaggi, soprattutto agli uomini-ratto: la loro gerarchia che rispecchia la burocrazia umana e li rende personaggi della commedia all’italiana ne fa i personaggi più divertenti in assoluto, e la loro lingua (normale quando parlano tra di loro, sgrammaticata e comica quando si rivolgono a un essere umano) è geniale, ma l’apice viene raggiunto nel discorso da leader politico fondamentalista stile Mussolini di Skiapp. L’unico appunto che posso muovere è il finale un po’ affrettato (anche se non per questo poco convincente), ma nel complesso questo Marstenheim si è rivelato una graditissima sorpresa: peccato che nessun editore abbia rischiato la pubblicazione di un bel libro.