venerdì 9 maggio 2014

Roberto Marchesini - Nebbia di piombo

Contravvenendo a una regola che mi sono imposto, ovvero quella di non parlare dei libri che curo io (se non a patto che non siano già editi o pubblicati in un altro Paese o in un’altra epoca), segnalo l’uscita per Edizioni Gondolin di questo romanzo di Roberto Marchesini, per l’appunto da me curato, intitolato Nebbia di piombo, un giallo ambientato nella grigia e gelata Milano di fine anni Settanta (gli anni della strategia della tensione, degli anni di piombo, del terrorismo politico) che parte dal ritrovamento del cadavere di un giudice, proprio davanti alla sua porta di casa. L’omicidio è chiaramente opera di un professionista (ovviamente senza volto e senza nome, che ha bloccato la strada con un’automobile e ha fatto fuoco mirando direttamente al cuore) e tutto sembra collegare il delitto all’escalation di violenza di quegli anni, soprattutto alla luce delle simpatie di sinistra del magistrato. L’indagine è affidata al Maresciallo Antonio Pavan dell’immaginario Nucleo Operativo della Compagnia di Milano Cagnola, chiamato a scoprire la verità tra infiltrati, depistaggi e poteri oscuri ma soprattutto a confrontarsi con una realtà apparentemente priva di senso e valori di riferimento (chi lo leggerà si potrà rendere conto dello spaccato di sordidezza esistenziale raccontato dall’autore). Ho seguito l’intera realizzazione di questo romanzo e, dunque, non sono la persona più indicata per darne un giudizio obiettivo: oltretutto, non intendo certo dire che si tratta di un capolavoro destinato a cambiare il genere poliziesco, anzi. Tuttavia, ci sono delle ottime ragioni per leggerlo. Innanzitutto è scritto bene, e non è cosa da poco. Si sarebbe potuto scrivere meglio? Indubbiamente, ma lo stile di Marchesini è asciutto e senza fronzoli, proprio come doveva essere. Inoltre, la trama funziona: si può contestare il finale aperto che in qualche modo “tradisce” le aspettative del lettore (chi è il grande vecchio che a un certo punto compare e scompare?), ma anche in questo caso trovo che il tutto sia adatto a esprimere lo smarrimento delle certezze del protagonista (sempre impegnato in un dialogo interiore con la propria coscienza o esteriore con padre Reginaldo), un carabiniere tutto d’un pezzo che non riesce a capire il marasma politico-sociale nel quale si trova a vivere e, ancora di più, che ci sia qualcuno, all’interno dell’Arma, che non si fa bastare le certezze assicurate dalla divisa e può invece nutrire comprensione e simpatia per dei giovani contestatori. I personaggi sono credibili e ben delineati, e le dinamiche tra di loro sono convincenti, soprattutto all’interno del Nucleo Operativo dei Carabinieri, con le sue macchiette in stile commedia all’italiana. Personalmente io avrei reso più compiuto qualche personaggio, come il giornalista Corti, dedicandogli più spazio, soprattutto alla fine, e forse padre Reginaldo appare un po' didascalico, ma si tratta di sfumature. Un applauso va tributato a Roberto Marchesini, che ha avuto la pazienza di ascoltare tutte le mie osservazioni in corso d’opera e l’umiltà di accettare i miei consigli di editor: avrebbe potuto tranquillamente mandarmi a quel paese (come hanno fatto molti altri in questi anni) e invece si è fidato, facendo quasi tutto di quello che gli chiedevo, con una velocità sorprendente. Il che dà sempre una certa soddisfazione.

1 commento:

  1. Marchesini è un grande.. E non solo in questo inedito ruolo... Se scrivesse qualcosa circa la dittatura omosessualista che assilla la società italiana...noi lettori non omologati, ringrazieremmo.

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