sabato 18 aprile 2015

Angelo Del Boca - Italiani, brava gente?

Siete tra quelli che pensano che gli italiani sono un popolo di simpaticoni, pacifici e dai buoni sentimenti, sempre vittime degli altri e di oscuri complotti stranieri? Forse è ora di aprire gli occhi e di affrontare la lettura di questo libro illuminante di Angelo Del Boca, un saggio storico rigoroso ma di facile lettura dedicato all’insopportabile mito dell’italiano buono, «paravento protettivo di ostentato e falso buonismo» dietro al quale si sono consumati, In Italia come nelle colonie, i peggiori crimini contro l’umanità: le decine di migliaia di morti in Libia, in Etiopia, la feroce repressione, i campi di concentramento, la creazione di un sistema carcerario tra i più crudeli, la tolleranza nei confronti dello schiavismo se non addirittura il suo sfruttamento, le bonifiche etniche compiute nei Balcani, i delitti di criminali come Badoglio, Graziani e Roatta. Un mito che nelle varie epoche è servito per coprire e attenuare la vera natura di una massa di conquistatori senza scrupoli e che è nato già negli ultimi decenni dell’Ottocento, quando l’Italia, ultima ad arrivare in Africa a spartizione del continente già avvenuta, cercò «di imporsi esibendo il proprio splendido passato di portatrice di civiltà e sottolineando in tutte le occasioni la sua diversità. In altre parole, si voleva subito stabilire che gli italiani erano differenti dagli altri colonizzatori, più umani, più tolleranti, più generosi». E questo nonostante i tribunali militari, le esecuzioni sommarie, gli internamenti, con il generale Baldissera, comandante superiore delle truppe in Eritrea, che nel 1888 non si faceva scrupolo ad affermare: «L’Abissinia ha da essere nostra, perché tale è la sorte delle razze inferiori». Non stupisce che, in pieno fascismo, in Etiopia i soldati italiani si facessero fotografare davanti alle forche dei giustiziati oppure tenendo per i capelli le teste mozzate degli etiopi che brandivano come trofei di caccia. Del Boca è durissimo e scrive: «Il mito degli “italiani brava gente”, che ha coperto tante infamie, […] appare in realtà, all’esame dei fatti, un artificio fragile, ipocrita. Non ha alcun diritto di cittadinanza, alcun fondamento storico. Esso è stato arbitrariamente e furbescamente usato per oltre un secolo e ancor oggi ha i suoi cultori, ma la verità è che gli italiani, in tali circostanze, si sono comportati nella maniera più brutale, esattamente come altri popoli in analoghe situazioni. Perciò non hanno diritto ad alcuna clemenza, tantomeno all’autoassoluzione». È curioso invece notare come non solo i responsabili di eccidi e roghi non hanno mai risposto dei loro crimini (dal giorno della resa dell’Italia agli Alleati nel 1943 non uno dei criminali di guerra è stato estradato), ma le autorità e gli storici hanno di tutto per occultare simili episodi: basti pensare alla costante negazione di aver utilizzato l’iprite nei bombardamenti dell’Etiopia e all’accusa di antitalianità verso chiunque avesse avanzato dubbi (Indro Montanelli, che in Etiopia c’era stato, giurava di non aver mai visto un abissino ucciso dai gas), o il divieto posto alla proiezione del film Il leone del deserto sul capo partigiano libico Omar al-Mukhtàr per vilipendio all’esercito italiano, fatto che, per Del Boca, «si inserisce in una più vasta e subdola campagna di mistificazione e di disinformazione, che tende a conservare delle nostra recente storia coloniale una visione romantica, mitica, radiosa cioè falsa» (che porta alla diretta conseguenza di non fare mai i conti con il proprio passato). Quello che emerge è invece un tentativo di creazione dell’“italiano nuovo” attraverso la violenza, le armi e il sangue: a “fare gli italiani” ci hanno provato in tanti, dall’Unità d’Italia in poi, ma non la si pone mai in questi termini. E invece si dovrebbe, perché il fascismo e Mussolini non sono che il degno coronamento di questo processo di creazione di un «un soldato nuovo, più tenace, più aggressivo, persino più crudele, che si inserisse degnamente nel mito della romanità e che facesse dimenticare le mediocri o pessime prestazioni di cui aveva dato prova negli anni dell’Italietta», tanto che, in occasione del bombardamento di Barcellona durante la guerra civile spagnola, il Duce ebbe a dirsi «lieto del fatto che gli italiani riescano a destare orrore per la loro aggressività anziché compiacimento come mandolinisti». Del Boca non si limita a raccontare solo l’Italia coloniale, anzi: comincia dalla guerra contro il brigantaggio, vera e propria guerra civile che contiene in sé tutti gli elementi deflagrati poi (l’inaudita violenza, il disprezzo dell’avversario, lo stato d’assedio permanente, le punizioni e le esecuzioni esemplari a scopo educativo e dissuasivo), e prosegue attraverso l’enumerazione dei criminali e fanatici progetti del generale Cadorna durante la Prima Guerra Mondiale, quando il governo italiano lasciò morire di fame 100.000 soldati italiani prigionieri senza inviare loro soccorsi per il preciso intento di distogliere i soldati al fronte da ogni tentazione di resa. Meno convincente Del Boca risulta nel finale quando dice che l’atteggiamento autoassolutorio contraddistingue anche Berlusconi (il libro è del 2005) che nega i problemi e cerca di plasmare un nuovo modello di italiano teledipendente e ignorante basato sul consumismo, sul lavoro e sul culto del capo, che è indulgente nei confronti del passato fascista e vuole la riduzione delle tasse e il blocco dell’immigrazione dai paesi extracomunitari.

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