domenica 2 agosto 2015

Alan Bennett - La sovrana lettrice

Con Alan Bennett si va sul sicuro anche quando ci si interroga sul potere dei libri e della lettura, come avviene in questo delizioso divertissement (culturalmente molto ricco ma mai pesante) intitolato La sovrana lettrice che ironizza con garbo sull’occasionale scoperta da parte della regina Elisabetta II d’Inghilterra (mai nominata esplicitamente) dei libri. Un giorno, infatti, l’ottantenne sovrana inseguendo i suoi cani, si imbatte per caso in una zona di Buckingham Palace vicino alle cucine dove è parcheggiato il furgone di una biblioteca ambulante e, per non fare brutta figura, prende un volume e nella settimana seguente lo legge. Come può una donna d’azione come lei dedicarsi a un’attività riflessiva come la lettura, lei che ha già visto il mondo dal vero e apparentemente non ha bisogno di vederlo attraverso altri occhi? È l’inizio di una nuova grande passione, coltivata grazie all’ex sguattero di cucina Norman, ora promosso assistente alla lettura della regina e incaricato di procurarle titoli da leggere ovunque, in camera, in carrozza e durante i suoi viaggi: lettrice tardiva, la regina vive nella paura di sembrare un’ignorante e per questo diviene vorace, scopre di aver conosciuto la maggior parte degli scrittori in questione ma di non averli mai conosciuti sul serio, rammaricandosi di non averli approfonditi prima di incontrarli. Ovviamente, questa passione ha ripercussioni su tutti coloro che le stanno attorno (familiari, servitù, staff, politici), tutti convinti che la sovrana sia preda della demenza senile e interessati a metterle i bastoni tra le ruote per salvare posizione personale e decoro della corona. Per tutti quelli che pensano che una trama e una tematica del genere possano suonare banali, devo dire che il messaggio pro lettura di Bennett ha argomenti molto profondi (leggere significa scoprire la vita di qualcun altro e, di riflesso, porta a dare importanza ad aspetti prima ignorati, anche a proposito di se stessi, e inevitabilmente la lettura porta al desiderio di scrivere a propria volta, per far sentire veramente la propria voce); per il resto, c’è la classica ironia dell’autore, che non perde l’occasione di sbeffeggiare l’ignoranza abissale che una certa classe blasonata possiede al di là del suo status sociale (la stessa regina possiede numerose biblioteche che però non ha mai frequentato). Divertente colpo di scena finale.

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