venerdì 11 marzo 2016

Robert Hugh Benson - L'alba di tutto

 
Dopo aver curato la nuova traduzione de Il padrone del mondo (salito all’onore delle cronache per essere amato e citato da Papa Francesco), mi trovo nella situazione di dover lavorare sulla nuova edizione del romanzo che è conosciuto come il suo seguito, L’alba di tutto, questa volta a parti invertite: se lì si trattava di una distopia e di un mondo ostile al cristianesimo, qui si tratta di un’utopia in cui la Chiesa è trionfante. Torna la stessa fantapolitica, e il legame è rafforzato dalla presenza de volor (da me tradotti “alivascelli”), mezzi volanti che si collocano a metà strada tra uno zeppelin e un ornitottero di Leonardo da Vinci, di cui viene spiegato il funzionamento con dovizia di particolari mostrandoli in azione. Tutto il romanzo è narrato dal punto di vista di monsignor Masterman, il cappellano di un cardinale, che si risveglia dal coma e scopre di non ricordare nulla. Viene aiutato da un prete a ricostruire la storia del mondo, completamente cambiato da come se lo ricordava lui: la Chiesa è ormai una guida riconosciuta da tutti, il cattolicesimo è religione di Stato in quasi tutti i Paesi (anche in Inghilterra!), in Oriente il papa è stato nominato arbitro delle contese internazionali, il mondo è praticamente bilingue (anche i laici parlano in latino), il divorzio è stato abolito, la fornicazione è stata dichiarata reato, l’intero sistema educativo è nelle mani della Chiesa e la scienza e gli intellettuali si sono dovuti arrendere alla veridicità della Rivelazione e del Vangelo. Perfino gli economisti si sono convinti che la carità assistenziale degli ordini religiosi è la forma migliore di gestione socioeconomica. Quasi tutti i Paesi sono divenuti monarchie (Benson era un monarchico convinto), la Spagna possiede il Centro e il Sud America (che insieme formano l’impero del Messico), il Massachusetts diviene una colonia per gli ultimi socialisti atei (vige pur sempre la tolleranza religiosa) e l’Italia è stata liberata dai Savoia (cacciato dagli austriaci) ed è ora governata temporalmente dal papa, anche se è amministrata dall’imperatore asburgico; la società è organizzata su una base corporativa di tipo medievale in cui tutti i mestieri sono rappresentati da delle figure appositamente elette. Solo l’imperatore tedesco Federico è apertamente ostile alla Chiesa, ma pare che sia solo questione di tempo. A fronte di questa costruzione utopistica non priva di intuizioni quasi profetiche (nel 1911 questo romanzo già profetizza che ci sarebbe stata una guerra europea nel 1914 e un concilio nel 1960), ci troviamo di fronte all’assenza di una qualsivoglia trama per due terzi di libro: Benson è più interessato al messaggio morale della vicenda (un sogno di Masterman che, in realtà, è un ex sacerdote che giace in coma all’ospedale di Westminster, e gli permette di chiedere l’assistenza spirituale di un sacerdote poco prima di morire) e il romanzo non è altro che la progressiva presa di consapevolezza del protagonista di come il mondo è cambiato, con i suoi dubbi e le sue reazioni. Vediamo Masterman a Versailles, di nuovo reggia del re di Francia, dove ci si rende conto del potere sociale del cattolicesimo; a Roma, dove il nostro assiste alla festa dei Santi Pietro e Paolo e osserva tutte le nazioni della Terra rendere omaggio al papa; a Lourdes, dove scienza e fede si sono riconciliate e i miracoli avvengono in grande quantità ogni giorno. Qui addirittura un frate benedettino viene condannato a morte per eresia a causa di alcuni suoi scritti che rivendicano la natura perfettamente scientifica delle guarigioni avvenute a Lourdes e che la Chiesa reputa miracolose, e la condanna viene eseguita dal braccio secolare: la cosa sorprendente è che lo stesso benedettino sostiene che ogni società ha il diritto di autodifendersi e di sopprimere le opinioni sovversive per i suoi fondamenti (chi colpisce la Chiesa colpisce l’ordine sociale), mentre Masterman è sconvolto perché non riconosce più il cristianesimo misericordioso che conosceva. Solo nella terza parte, quando i socialisti del mondo (riuniti a Berlino) hanno catturato l’imperatore tedesco e minacciano di colpire con atti di terrorismo le città d’Europa, succede finalmente qualcosa, con il papa che li affronta eroicamente di persona per persuaderli ad accettare la sua autorità senza spargimenti di sangue. Insomma, è tutto ambientazione e niente narrazione, con dialoghi lunghissimi e concettosi che appesantiscono la lettura e vanno ad aggiungersi allo stile esageratamente descrittivo dell’autore. Oltretutto, poco dopo l’inizio Benson piazza un noiosissimo e pedante infodump, lo spiegone dovuto all’impellente necessità di fornire informazioni al lettore (che si sarebbe potuta saziare attraverso altre modalità, ma tant’è), e mantiene questo atteggiamento fino alla fine. Forse il romanzo peggiore di Benson, che porta alle estreme conseguenze i suoi limiti di autore senza riuscire ad animare sul serio le sue invenzioni fantastiche e le sue intenzioni apologetiche.

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