martedì 13 settembre 2016

Hilaire Belloc - La Rivoluzione francese

Altro libro di Hilaire Belloc a essere ripescato da Fede & Cultura dopo decenni dalla sua scomparsa dal mercato italiano, questa volta nientemeno che sulla Rivoluzione francese. Come Elisabetta regina delle circostanze, è un saggio parecchio complesso, in alcuni casi addirittura pedante e logorroico, che sembra presupporre che tutti conoscano a menadito l’argomento e sappiano di cosa si sta parlando, ma ha alcuni punti a suo favore, che raramente vengono affrontati sulle pubblicazioni più famose. A differenza di Elisabetta, comunque, ha meno divagazioni sociali, artistiche e letterarie, e resta maggiormente concentrato sull’argomento. Ecco la mia introduzione al volume (sì, ho addirittura scritto un’introduzione):

È possibile essere cattolici e ammirare la Rivoluzione francese? Sì, sembra dire in questo saggio Hilaire Belloc, nonostante la condanna radicale da parte della Chiesa dei principi del 1789 (capaci di germogliare e produrre numerosi frutti nel corso dell’Ottocento): anzi, lo storico e letterato inglese si definisce subito “cattolico e, nelle sue simpatie, fortemente attaccato alla teoria politica della Rivoluzione”, premettendo che questa sua personale caratteristica gli permette di giudicare il problema come o forse meglio di altri. Pur senza dimenticare le migliaia di morti ghigliottinati, le stragi, la guerra in Vandea, le rivolte delle città di Lione, Tolone e Marsiglia, Belloc sostiene non c’è alcun conflitto tra i principi cui si rifaceva la Rivoluzione e quelli della Chiesa cattolica, anzi, semmai i problemi cominciarono solo da un certo punto in poi, per difformità di vedute e di interessi e per impreparazione delle due parti in causa. Così come il Terrore, la persecuzione della Chiesa (iniziata dall’imposizione della Costituzione civile del clero) è la necessaria conseguenza della necessità di trovare un nemico di fronte a una guerra che andava male e al pericolo di un’invasione straniera, i cui effetti durano ancora oggi. Vale a dire: il punto di partenza era buono, gli esiti sono stati nefasti per la singolare capacità dell’uomo di combinare disastri. Da storico competente, e quindi attento agli antefatti, Belloc è altresì convinto che i problemi incontrati dalla Chiesa davanti alla Rivoluzione francese derivino direttamente dai problemi della Chiesa gallicana, che fin dal secolo precedente si era legata troppo strettamente all’assolutismo regio francese e si era resa subalterna alla nobiltà (con una certa mondanizzazione e corruzione della gerarchia ecclesiastica e l’accettazione delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali). Il modo di procedere dell’Autore è chiaro sin dal principio: come lui stesso precisa, il suo non è un racconto della Rivoluzione, ma un’analisi generale che presuppone una conoscenza dell’argomento quasi enciclopedica. Storico sincero ed entusiasta, ammiratore di Rousseau e del suo Contratto sociale (alla base dello Stato moderno), sensibile al concetto di rappresentanza ma acerrimo nemico del parlamentarismo moderno (verso cui non evita di lanciare invettive), Belloc ricostruisce a grandi linee le fasi rivoluzionarie e traccia il profilo dei grandi protagonisti dell’epoca. Robespierre, Danton e Marat rivivono nelle sue pagine insieme a personaggi meno noti come Mirabeau, Carnot e La Fayette: di ognuno mette in luce pregi e difetti, passioni e contraddizioni, aspirazioni ideali e debolezze umane. Non ci si deve meravigliare se Robespierre e Danton ne escono sotto una luce diversa rispetto alla vulgata rivoluzionaria: il primo non sarebbe il promotore del Terrore ma una sua vittima, il secondo è invece il grande artefice della creazione del Comitato di salute pubblica, organo che fu in grado di dare un centro alla caotica azione rivoluzionaria. Neppure i sovrani si sottraggono alla sua analisi: Luigi XVI viene tratteggiato come un uomo onesto e pio sprovvisto di capacità di analisi, Maria Antonietta come una sovrana incauta ma volitiva e calunniata, ed entrambi pagarono a caro prezzo problematiche che si trascinavano colpevolmente da troppo tempo. Agli occhi del lettore moderno, l’opera potrebbe sembrare involuta e, in alcuni casi, di difficile lettura: lo stile di Belloc, strutturato e pieno di subordinate, risente dell’epoca in cui fu scritto (1915). Non lo è invece dal punto di vista contenutistico: il capitolo L’aspetto militare della Rivoluzione affronta una tematica fondamentale ma spesso trascurata come quella della guerra che la neonata Repubblica francese si trovò a gestire contro gli altri Stati europei. Con la sua analisi di fronti, battaglie e armate Belloc dimostra quanto la storiografia miliare anglosassone sia sempre stata all’avanguardia.

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