venerdì 2 settembre 2016

Martin Martin, Maria Rita Zibellini, Roberto Rossi - Uomini delle Highlands

Operazione intelligente questa del Cerchio che ripropone una selezione commentata (con competenza) di alcune parti della Description of the Western Islands of Scotland, scritta intorno al 1695 dallo scozzese Martin Martin come se fosse una relazione scientifica sulle isole Ebridi: ecco quindi la descrizione del territorio, del clima, della flora, delle usane, del vestiario (ben distante dall’immagine stereotipata e romantica dell’highlander in kilt derivata dall’iconografia vittoriana), delle credenze, delle malattie, rimedi metodi di cura (soprattutto a base di erbe, quando non di brandy, usato per curare la scarlattina), senza formulare giudizi di tipo etico o confronti con le abitudini inglesi. Purtroppo, da un libro che si intitola Uomini delle Highlands ci si aspetterebbe una descrizione della vita dell’intera regione scozzese, e invece Martin parla solo delle Ebridi, che hanno sempre rappresentato una realtà a sé stante anche dopo l’annessione al regno di Scozia, in quanto territorio abitato da genti celto-norvegesi (e quindi di etnia diversa) e risultato di un’originale fusione di due culture (anche dal punto di vista linguistico). Se si passa sopra questo particolare (ovviamente un titolo come Uomini delle Highlands attira molto di più che citare solo le Ebridi), il libro è molto godibile e descrive un’antica società guerriera basata sulle prove di forza e sulle razzie di bestiame, con particolari notevoli come l’uso di bere fino a crollare come segno di virilità (due uomini con la carriola erano sempre pronti per caricare gli ubriachi e condurli al proprio letto) e di considerare il bagno caldo non una pratica igienica ma una terapia, per non parlare dell’educazione delle donne (le quali «erano anticamente impedite all’uso della scrittura sulle isole, per prevenire intrighi amorosi: le famiglie ritenevano che la natura fosse già troppo solerte in questo caso e non ci fosse bisogno di aiuto nella loro educazione»). Martin mantiene sempre uno sguardo esterno e scientifico e, da bravo protestante, bolla come superstizione le pratiche della dottrina cattolica (come l’uso dell’acqua benedetta), ma poi curiosamente prende come fatto reale il taish, la seconda vista o chiaroveggenza (che annovera visioni su fatti tragici e luttuosi ma anche l’arrivo di un visitatore, un matrimonio o la costruzione di una casa), i riti druidici, la divinazione e le credenze del Piccolo Popolo (in grado di rapire bambini e partorienti e di rimpiazzarli con immagini sostitutivi, oltre che di rubare il latte delle mucche a distanza). In chiusura è posta un’interessante appendice sulla storia dei clan più importanti.

Nessun commento:

Posta un commento