martedì 9 maggio 2017

Massimo De Vita - Trilogia della Spada di Ghiaccio

Conscio di attirarmi gli insulti dei sostenitori di manga e comics, sono sempre stato un accanito lettore di Topolino, con una particolare predilezione per le parodie e le grandi saghe che, nel corso degli scorsi decenni, la Disney ha sfornato. Una delle vette più alte è stata la mitica Trilogia della Spada di Ghiaccio, realizzata dal geniale Massimo De Vita tra il 1982 e il 1984 e pubblicata su “Topolino” nel periodo natalizio (e infatti è pieno di riferimenti al Natale, al vischio, alla stella cometa, ai regali). Non so davvero esprimere quanto io sia affezionato a questa saga e quante volte l’abbia letta sin da quando ero bambino: è una grandissima lettura, magica e divertente, superiore alla maggior parte delle saghe fantasy vere e proprie presenti sul mercato, che si è meritata tutta la sua fama di “classico”, e non è un caso che la si continui a ristampare. Si compone di tre storie autoconclusive (Topolino e la Spada di GhiaccioTopolino e il torneo dell’ArgaarTopolino e il ritorno del Principe delle Nebbie) ambientate in un universo fantasy coerente e credibile, l’Argaar, una dimensione parallela a quella della terra alla quale si accede grazie al Piatto dimensionale Zoltan (ribattezzato “fioriera” da Pippo). Si tratta di un continente fantasy molto tolkieniano nella concezione, nella toponomastica e nelle tematiche, che riprende e reinventa luoghi tipici dell’immaginario mitologico-fantastico: impossibile non vedere rimandi al Signore degli Anelli (e a tutto il fantasy a esso collegato) nel viaggio dei nostri eroi Topolino e Pippo insieme ad alcuni compagni per recuperare un oggetto, la mitica Spada di Ghiaccio, e salvare il mondo dal Principe delle Nebbie (che sta nella Valle d’Ombra, è privo di corpo proprio come Sauron ma ha uno scafandro come Darth Vader di Star Wars), così come è impossibile non riscontrare nel saggio Yor la figura del mentore alla Gandalf o del druido Panoramix delle storie di Asterix. Curiosamente, il vero eroe non è Topolino ma Pippo, inizialmente scambiato per il mitico giustiziere Alf (che in passato ha sconfitto il Principe delle Nebbie) ma poi autoproclamatosi “cugino di Alf” in sua vece: ed è proprio Pippo a rivelare doti insospettate (e insospettabili) nella lotta contro gli emissari nel nemico, il cui potere è principalmente basato sull’illusione. Ma è soprattutto nella costruzione del mondo (con tanto di mappa dell’Argaar) che De Vita dimostra l’attenzione ai dettagli, alla geografia e alla cultura dei vari popoli: Ululand, la terra dei pacifici e tarchiati Uli (che in qualche modo ricordano gli hobbit); Zolde, la capitale del regno degli umanoidi Bedi; il Lago dei Misteri, la Palude di Hel, la Foresta dell’Incantesimo, la Frontiera dei Giganti, Utgard capitale del regno dei giganti, il Ponte dell’Arcobaleno, gli immancabili elfi (qui molto più simili ai minuscoli esseri del folklore, non certo a quelli tolkieniani), gli Yarnoni, i Crytofanti, gli yeti di Verkuragon, i nani di Munz. Per non parlare del bestiario: le creature volanti degli emissari che potrebbero ricordare i Nazgûl, i rinoceronti lanuti che hanno qualche problema in fase di frenata, gli ptero-mughi che si cibano di neve e temono il fuoco, il rabbioso cane Garmr che ha solo bisogno di coccole e il disilluso drago Zibibbo, pronto a fornire copia delle sue orecchie ai cavalieri arrivati da lui per ucciderlo. Numerose sono le citazioni della mitologia nordica (lo Jotunheim o il Niflheim, il Corno di Giallar, che come spiega Yor è stato suonato dal dio Heimdall per chiamare gli Aesir alla difesa del mondo), tanto che Pippo esclama trasognato: «Che nomi mitici! Sembra di essere in una favola nordica!»; il tutto, ovviamente, amalgamato alla perfezione con il tono ironico tipico della Disney e numerosi riferimenti metatestuali (Pippo che se la prende con la fantasia di certi soggettisti o il troll Gunni Helm che ammicca al lettore). Se la prima storia è abbastanza canonica nel suo schema fantasy, nella seconda Ululand è diventata meta di turismo e ha conosciuto ricchezza e progresso tecnologico, ma è minacciata dall’esplosione (proprio il giorno di Natale!) del vulcano Gherrod: l’unico modo per fermarlo è gettarci dentro la “gherrotìte”, un minerale cristallino dalle proprietà catalitiche, di proprietà del re di Bedi che ne ha fatto il basamento del proprio treno ed è disposto a disfarsene solo se Pippo vincerà per lui il famoso Torneo dell’Argaar che si tiene ogni 400 anni. Il fantasy è qui contaminato dalla fantascienza, ma la sequenza delle fasi del torneo (che comprende la giostra dello schiaffone del gigante) è veramente spassosa. Infine, la terza storia vede i nostri eroi opporsi nuovamente al Principe delle Nebbie, ridestatosi grazie a un viandante che ha trovato il suo scafandro malvagio e ne è rimasto soggiogato; allo stesso tempo, Topolino deve ritrovare Pluto che è arrivato nella terra dell’Argaar perché il vettore dimensionale è stato inavvertitamente attivato da Minni. Lo scenario cambia ancora perché ora il mondo è coperto da una glaciazione causata dall’eruzione del vulcano Gherrod; particolarmente riuscita è la prova delle domande del Vecchio della Montagna, che Pippo affronta con due dadi in mano e la regola del pari o dispari. A volte la saga è pubblicata insieme a un quarto capitolo, Topolino e la Bella Addormentata nel cosmo, ma è ampiamente trascurabile: la trilogia originale resta davvero insuperabile.

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