martedì 15 ottobre 2019

Irvine Welsh - Porno

A dispetto del suo titolo esplicito e provocatorio, Porno è il romanzo prosecuzione di Trainspotting, diverso ma ugualmente folle, sempre ambientato nella cornice del sobborgo portuale di Leith, vero e proprio non-luogo per nulla raccomandabile. Dieci anni dopo, il protagonista è il cinico Sick Boy, al secolo Simon David Williamson, il quale, sopravvissuto al fallimento londinese come truffatore, marito e padre, sniffa cocaina e intende fare il botto girando un film porno (Sette troie per sette fratelli) nel retro di un pub e partecipare al festival hard di Cannes: per questo, ingaggia una serie di erotomani e in particolar modo la macchina del sesso Terry, ma il salto di qualità decisivo avviene quando nella compagnia entra Nikki, splendida studentessa-massaggiatrice priva di inibizioni. I fili del destino sembrano riannodarsi perché ritroviamo invischiati nella vicenda tutti i personaggi la cui amicizia si era disgregata alla fine di Trainspotting a causa della fregatura di Mark Renton, che all’inizio si nasconde ancora ad Amsterdam (dove si è rifugiato) ma poi viene scovato da Sick Boy. Spud continua a essere perso nella sua dipendenza dalle droghe ma è impegnato nell’impresa di scrivere una storia del suo sobborgo, mentre lo psicopatico Begbie è in prigione per omicidio ed è ben intenzionato a vendicarsi di Renton. Avendolo letto subito dopo Trainspotting, non sono incappato in alcun modo nella sindrome del fan deluso per un seguito deludente e fuori tempo massimo, quindi non mi metto a gridare che mi hanno rubato l’infanzia o i miei sogni. Pur nella sua disorganica ed eccessiva lungaggine, Porno ha senza dubbio il merito di donare un futuro a un gruppo di tossici sbandati che un futuro sembravano non avercelo. Dopo aver narrato il mondo dell’eroina, Welsh tenta di raccontare quello del porno amatoriale in chiave di riscatto sociale senza cadere nell’errore di film come Zack & Miri – Amore a... primo sesso e La banda del porno: se quei film partono da pretese grevi e oltraggiose ma finiscono nei territori del sentimentalismo più conformista, Porno resta un bell’esempio di narrazione amorale, politicamente scorretta e quasi documentaristica nella sua esplicita crudezza e abbondanza di dettagli sordidi. Nulla è risparmiato al lettore, a livello di amplessi e scurrilità: di Trainspotting è ripresa la struttura corale, con i vari capitoli che raccontano in prima persona le disavventure dei personaggi attraverso i loro diversi punti di vista e la loro voce, tra eccessi scatologici, bassezze e tentativi di truffa o sopraffazione (il clima di sfiducia è reciproco e fino alla fine ci chiederemo chi sarà a fregare chi), con il solito ritmo gergale tipico dell’autore, i cui eccessi tuttavia questa volta rischiano di sfociare nel manierismo (stimolato dalla tematica pruriginosa, Welsh sembra divertirsi un sacco a scandalizzare il lettore, e non si risparmia nemmeno le bestemmie). Allo stesso tempo, il romanzo mantiene la carica di critica sociale del predecessore («Sigarette, alcol, eroina, cocaina, anfe, miseria e inculamento del cervello da parte dei media: le armi di distruzione del capitalismo sono più sottili ed efficaci di quelle del nazismo, e lui non ce la fa contro di loro») e cerca di raccontare quanto i tempi siano cambiati anche nello sballo (la diffusione delle droghe sintetiche) e la disillusione degli anni Duemila («Questa è la nostra tragedia: che nessuno ha una vera passione, a parte i manipolatori distruttivi come Sick Boy o i viscidi opportunisti come Carolyn. Gli altri sono tutti talmente buttati giù dalla merda e dalla mediocrità che li circonda. Se negli anni Ottanta il mondo era “io” e nei Novanta “esso”, nei Duemila è “oide”. Tutto dev’essere vago e contenuto. Prima era importante la sostanza, poi lo stile era tutto. Adesso tutto viene simulato»). Ovviamente, la visione portata dai nostri (anti)eroi è sempre quella, senza modelli o bandiere di riferimento ma solo nel nome dell’individualismo più sfrenato («Renton. Chi è? Cos’è? È un traditore, un infamone, uno stronzo, un crumiro, un egoista bastardo, è tutto quello che uno nato povero dev’essere per entrare nel nuovo sistema capitalista. E io lo invidio. Troia, invidio sinceramente il bastardo, perché in realtà non gliene fotte niente di nessuno a parte se stesso»), e anche l’atteggiamento di sfida e sfrontatezza verso la società borghese che cerca di responsabilizzarli e reintegrarli è lo stesso (Sick Boy riceve una lettera dell’ufficio del capo della polizia di Contea che lo ringrazia per l’importante contributo nella guerra alla droga e lui lo attacca dietro il bancone del locale come lasciapassare per lo smercio, vantandosi di «essere un membro benpensante e a pieno titolo dei ceti capitalisti»). Interessante l’inserimento del personaggio femminile di Nikki, che usa il suo corpo come scorciatoia nella vita senza che alcuna conquista riesca davvero a soddisfarla, ma in definitiva rappresenta un’occasione mancata perché nell’ultima parte viene lasciata in secondo piano per concentrare l’attenzione sul quartetto delle meraviglie Sick Boy-Spud-Begbie-Renton. Il finale è formidabile e inaspettato. Non male l’insistenza sulla fissazione dell’anal della nostra società e la spiegazione di come l’immaginario hard sia basato sulla fantasia.

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