domenica 27 ottobre 2019

Neil Gaiman - Questa non è la mia faccia

Neil Gaiman è uno degli autori più interessanti del panorama internazionale, il cui eclettismo gli ha permesso di tracciare una via assolutamente personale che rimane una fonte di ispirazione per chiunque si avvicini al mondo del fantastico. Questa non è la mia faccia è una sua antologia che contiene discorsi, saggi e introduzioni di varia provenienza (anche temporale), una miscellanea che a un occhio superficiale e poco attento potrebbe risultare un ozioso e furbo riempitivo per fare due spiccioli aggiuntivi da parte di un autore che è comunque una rockstar (riprendendo la famosa definizione del suo amico Alan Moore). Certo, il fatto che racconti la genesi di molti dei suoi romanzi e racconti lo rende difficile da affrontare per chi non lo conosce, ma non si tratta solo di questo: l’antologia è piuttosto una dichiarazione d’amore di Gaiman verso la letteratura, i libri che ha amato, gli autori da cui ha attinto e che gli hanno insegnato tutto quello che sa sulla scrittura. È emozionante leggere del suo amore per Le Cronache di Narnia di C.S. Lewis (da cui copiò l’uso delle parentesi nei temi e nei compiti scolastici), ciclo che per la prima volta gli ha fatto pensare che ci fosse un autore dietro un libro, e imbattersi nell’ammissione che il desiderio di diventare anche lui scrittore, e in particolare scrittore di fantastico, è nato leggendo Il Signore degli Anelli di Tolkien. O di quando racconta di quando a scuola raccontò una barzelletta contenente la parola fuck a un suo compagno e ottenne il risultato di rischiare l’espulsione e di perdere il compagno (che la raccontò a sua volta a sua madre), immediatamente ritirato «da quel covo brulicante di iniquità scatologiche». Un episodio che gli ha insegnato che le parole hanno un potere e che bisogna selezionare con cura il proprio pubblico.

Dalle biblioteche alle librerie che hanno caratterizzato la sua vita, in chiave assolutamente personale, Gaiman trasmette l’idea che la letteratura non sia un monologo chiuso ma un dialogo sempre aperto, che arricchisce la persona e le permette di imparare, sognare e vivere in altri mondi e dimensioni dalle quali è possibile tornare diversi, arricchiti. La sua fiducia nella narrazione è totale, il suo approccio onnivoro e positivo, tipico di chi è cresciuto sui libri e che vive per i libri: non è importante leggere su carta, su ebook o su cd, l’importante è leggere, in base a quello che piace. E non bisogna nemmeno mantenere un atteggiamento snobistico nei confronti di determinati generi considerati sciocchi, come la letteratura d’evasione, i fumetti o i libri per bambini, perché si otterrebbe un effetto controproducente: «Adulti bene intenzionati possono distruggere con grande facilità l’amore per la lettura di un bambino: impeditegli di leggere quello che gli piace, o dategli i libri degni ma noiosi che piacciono a voi, l’equivalente contemporaneo dei libri "educativi" di epoca vittoriana. Vi ritroverete con una generazione di ragazzi convinti che leggere non sia figo e, peggio ancora, che non sia un piacere». Una frase che andrebbe incisa in ogni libreria come stella polare per tutti quegli adulti noiosi e pieni di preconcetti che pensano che i bambini debbano essere distolti con la forza dai libri di loro interesse e costretti a leggere tomi sacri ed edificanti.

Molti sono i consigli forniti sulla scrittura, ma tutti riguardanti la dedizione e la passione: si deve amare quello che si fa, perché la scrittura è prima di tutto felicità e benessere, e coltivare le proprie ossessioni, consci che esse possono produrre arte. Bellissimo è il ragionamento sui miti, da Gaiman lungamente utilizzati a partire dal fumetto Sandman per arrivare ad American Gods. Con una metafora presa dal giardinaggio, per il nostro i miti sono come il compostaggio: «Iniziano come religioni, come credenze con radici profondissime, e come storie che si aggregano in religioni man mano che si sviluppano. (...) E poi, quando le religioni passano di moda, o le storie non sono più ritenute vere in senso letterale, diventano miti. E il compost di miti è diventato terriccio, il terreno fertile per altre storie e altri racconti che sbocciano come fiori selvatici». I miti si sono quindi adattati alle diverse epoche («Anansi, il dio ragno dell’Africa, diventa Fratel Coniglietto alle prese con il bambino di pece») e si sono trasformati nei supereroi dei fumetti, proliferano nelle leggende metropolitane, diventano icone e celebrità, e quindi sono nostri in tutto e per tutto, perché raccontano la nostra vita: da qui la necessità di raccontarli, riplasmandoli e riadattandoli. Lo stesso vale per le fiabe, nate come storie che adulti raccontavano ad altri adulti e diventate favole per bambini quando sono passate di moda, proprio come, secondo l’analogia fatta da Tolkien, «i mobili non più graditi sono spostati nella nursery: non sono nati come mobili per bambini, è solo che gli adulti non sapevano più che farsene».

Si ride spesso per tutti gli aneddoti riportati, come quando Gaiman racconta che lui e Pratchett hanno scritto Buona Apocalisse a tutti! scambiandosi floppy disk per posta; altre volte ci si meraviglia, come quando scopriamo che in Cina hanno finanziato una convention di fantascienza dopo aver notato che chi lavora a Microsoft, Google e Apple da ragazzo leggeva sempre fantascienza. Oppure quando il nostro stabilisce un’equiparazione tra musical e pornografia: come nel musical tutto è un pretesto per mettere in scena le canzoni, nel porno tutto è un pretesto per mostrare una sequenza di scene prestabilite, secondo le regole codificate dal genere. Senza quelle regole, il pubblico si sentirebbe fregato: non è l’argomento a fare il genere ma le sue regole. Di sicuro da Gaiman si deve sapere cosa aspettarsi, cioè dissertazioni e divagazioni sul fantasy, la fantascienza e l’horror, con una grande attenzione per i diversi linguaggi, in linea con la sua poliedricità. C’è una galleria di ritratti di autori che Gaiman ha conosciuto o con cui ha lavorato (Terry Pratchett, Douglas Adams, Stephen King), una serie di recensioni sui generi e i romanzi amati (Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, Jonathan Strange & il signor Norrell di Susanna Clarke), l’approccio ai film (l’amato La moglie di Frankenstein) e alle sceneggiature (MirrorMask), una dichiarazione d’amore per Doctor Who (che si scopre essere stato fondamentale per la realizzazione di Neverwhere), una lunghissima dissertazione sui fumetti (Jack Kirby, Will Eisner, Bone di Jeff Smith) e il modo di realizzarli, un surreale reportage di una notte passata per le strade di Londra, la narrazione di una serata agli Ocar, addirittura un testo sorpresa che saltava fuori nel videogioco SimCity 2000 se si andava in biblioteca. Non mancano nemmeno capitoli sulla musica (Tori Amos e Lou Reed, a cui il nostro ha fatto perfino un’intervista) e sull’arte (The Fairy Feller’s Master-Stroke di Richard Dadd, la National Portrait Gallery), il sostegno a Charlie Hebdo, uno sguardo sulla Siria, senza dimenticare il racconto dell’incontro con la moglie Amanda Palmer, cantante alternativa e controversa, oltre a vari ragionamenti sulla vita.

Ovviamente non ho detto tutto. C’è un universo in questo libro, esattamente come c’è un universo nella mente di Gaiman. Alla fine la sua lezione è che la lettura fa scoprire mondi e la scrittura ne produce altri. È il classico libro che ti fa stabilire connessioni, ti mette addosso una voglia incredibile di procurarti e leggere tutte le opere e gli autori citati che non conosci, e ti getta nella disperazione perché ti rendi conto che non ce la farai mai. Ma ti esorta anche a rischiare, a provare a dire la tua, a creare la tua opera d'arte.

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