Quante stronzate
sentiamo dire ogni giorno? E quanto contribuiamo a diffonderne noi stessi?
Problemi di scottante attualità nella nostra società dell’informazione e dei
social, su cui ragiona Harry G. Frankfurt professore di filosofia all’Università
di Princeton in questo microscopico saggio filosofico di metà anni Ottanta
intitolato On Bullshit, tradotto benissimo con l’italiano “stronzate”,
perfetto per restituire il senso proprio di “escrementi”, che non sono
progettati o lavorati, ma semplicemente emessi o scaricati. Inoltre, il fatto
di essere materia da cui è stato rimosso qualunque nutrimento rende gli
escrementi (e quindi le stronzate) un equivalente dell’aria fritta, che
suggerisce il concetto che dalla bocca di chi parla esca solo vapore, un
discorso vuoto, senza sostanza o contenuto informativo. Il particolare
fondamentale è che l’essenza delle stronzate non sta nell’essere false, ma nell’essere
finte: false sono le menzogne, che partono dalla negazione di una verità,
mentre chi racconta stronzate può benissimo non ingannare gli altri (né volerlo
fare) e non avere alcun rapporto con la verità. Quindi per Frankfurt le
stronzate sono peggio delle menzogne, nonostante il nostro verso le prime sia
più benevolo rispetto alle seconde: infatti le stronzate diffondono il concetto
che non solo la verità sia inconoscibile, ma che non si debba neanche provare a
cercarla. Cosa ancora più grave, ci si può difendere dalle menzogne,
mostrandole scientificamente come tali, mentre non ci si può difendere dalle
stronzate, perché sono indimostrabili. Per questo, «le stronzate sono un nemico
della verità più pericoloso delle menzogne», e il loro proliferare potrebbe
essere un effetto delle diverse forme di scetticismo contemporaneo che, negando
la possibilità di accedere a una realtà oggettiva, hanno favorito la
sostituzione della ricerca dell’esattezza con il perseguimento dell’ideale della
sincerità. Frankfurt però mette in guardia da questo approccio che pensa di
poter fondare i propri comportamenti sulla sincera conoscenza di sé, perché «le
nostre nature sono, anzi, elusivamente inconsistenti. E se questo è vero, la
sincerità è in sé una stronzata».
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