mercoledì 22 giugno 2022

Roger Pater - Voci dall'Altrove

 

Robert Hugh Benson non è stato l’unico sacerdote a dilettarsi con le storie del soprannaturale tra il XIX e il XX secolo: il benedettino Roger Pater (al secolo Roger Hudleston) è una di quelle originali figure di sacerdoti scrittori che hanno popolato il cattolicesimo britannico di inizio Novecento e prova la diffusione delle storie di fantasmi nell’Inghilterra tardovittoriana. Uomo dalle molteplici doti (pare fosse in grado di risolvere in mezz’ora il cruciverba del “Times”), Pater immagina di avere a che fare con un anziano parente, Philip Rivers Pater, anche lui sacerdote e facoltoso signorotto di campagna, dotato di capacità extrasensoriali e “ricettore” di avventure soprannaturali. È lui il protagonista di questo Voci dall’Altrove, stranissimo esperimento di raccolta di racconti del soprannaturale secondo un punto di vista cattolico (in un Paese che aveva abbandonato la vecchia fede per passare alla Chiesa ufficiale, quella di Stato anglicana) per la prima volta proposta in italiano dalle Edizioni Gondolin: finora, a circolare erano stati solo tre racconti (De Profundis, Il lascito dell’astrologo e A Porta Inferi) in varie antologie della Mondadori, della Fanucci e della Newton Compton accanto alle storie di altri maestri del fantastico.


Si va da episodi come gli avvertimenti di morti di persone care (Avvertimenti) ai calici appartenuti a sacerdoti uccisi nella Rivoluzione francese che fanno rivivere le persecuzioni a chi celebra la messa (Il Calice della Persecuzione); dai luoghi che fanno rivivere messe celebrate da sacerdoti martirizzati (Il nascondiglio del prete) a una misteriosa confessione ricevuta in terra straniera da persone che dovrebbero essere morte (In Articulo Mortis). In De Profundis si racconta dell’apparizione di una suora defunta e impostora attorno alla quale si è sviluppato un culto privato non autorizzato in sfida alle autorità, mentre Di questi è il Regno dei Cieli racconta di una vera santa giovane che viene visitata dalla Vergine Maria fino alla morte prematura; Il lascito dell’astrologo verte su un bacile d’argento per l’acqua realizzato nientemeno che da Benvenuto Cellini e in possesso di una sfera di cristallo usata per evocare il demonio; A Porta Inferi riferisce di un curioso caso di possessione da parte di un efferato criminale che ha preso possesso del corpo e della volontà di un povero internato di manicomio. Ne Il tesoro delle Suore Turchine si parla di un cuscino miracoloso che guarisce dalla malattia grazie alla presenza al suo interno di reliquie di santi (tra i quali un avo del prete signorotto, Philip Rivers, martirizzato a Tyburn). Il guardiano è invece incentrato sulla storia di un uomo alla perenne ricerca della sua vocazione e del suo posto nel mondo, che gli risultano chiari solo dopo un’esperienza di morte apparente: aiutare gli indigenti dei bassifondi e i reietti della società, e per farlo si fa assumere come guardiano notturno. I passi sull’Aventino torna ancora il tema delle presenze soprannaturali, in questo caso legate a dei misteriosi passi nel Collegio Austriaco a due passi dalla Basilica di San Pietro a Roma, per l’appunto sul colle Aventino; Il capro espiatorio racconta di una terribile sciagura familiare di cui viene incolpato il figlio della vittima, il quale rinuncia a discolparsi. Nostra Signora della Rocca ci porta sulla costiera amalfitana dove sorge un monastero fondato da un eremita a cui appariva la Madonna: la statua della Vergine (capace di fare miracoli) è sparita ma, secondo la leggenda, verrà ritrovata da uno straniero. Ne La comunione dei santi si ragiona di terreno comune tra le varie confessioni cristiane e si torna alle voci soprannaturali che giungono improvvise: questa volta, per suggerire la predicazione e illuminare la conversione di un anziano quacchero.


La tecnica seguita da Pater è quasi sempre quella di una premessa incentrata sull’esplicazione di una teoria filosofica di cui poi il racconto del sacerdote anziano, basato su una sua esperienza personale, è una dimostrazione, e questo è uno di quei particolari che fanno sì che il testo appaia come datato, oltre a qualche legnosità e lungaggine. I fatti soprannaturali sono sempre tali, cioè non avviene alcuna rivelazione che li riporta su un piano reale e li motiva come conseguenza di un equivoco: anzi, simili fatti soprannaturali sono legati a oggetti, persone o luoghi del passato legati a qualche persecuzione del passato, ed è questo particolare a donare a Voci dall’Altrove un’unità maggiore rispetto ai racconti di Benson (La luce invisibile e Lo specchio di Shalott). Scritto da un prete con protagonisti preti, il volume è pieno di terminologia sacra preconciliare, per cui può fare la felicità gli amanti della liturgia tradizionale (quella in latino). A impreziosire l’opera, le bellissime illustrazioni di Domenico Vincenzo Venezia e una prefazione di inquadramento generale a firma di Luca Fumagalli.

venerdì 25 febbraio 2022

Andrzej Sapkowski - La spada del destino

 

Ed eccomi di nuovo ad affrontare la saga di The Witcher, tornata alla ribalta grazie alla serie tv targata Netflix (di cui però non ho ancora visto la seconda stagione), questa volta con il secondo capitolo La spada del destino («La spada del destino ha due lame. Una sei tu»), che è sempre una raccolta di racconti e di cui ho già parlato anni fa in maniera esauriente QUI. Rispetto al primo Il guardiano degli innocenti, è forse meno focalizzato sulla rielaborazione (e il sovvertimento) del patrimonio favolistico ma lo spirito è lo stesso, e Sapkowski dimostra di essere migliorato come autore, gestendo meglio personaggi e trame. L’ultimo racconto, Qualcosa di più, è stupendo: un crescendo in cui vediamo tutti i momenti della vita di Geralt nei quali lo strigo ha rifiutato l’idea di destino, mentre in fin di vita si rende conto di essere solo e abbandonato da tutti, dalle amanti e addirittura dalla madre, e di avere un nome e una provenienza che non sono nemmeno veri; eppure alla fine scopre di non essere solo davvero e non può negare di essere di fronte a quel “qualcosa in più” che era convinto non sarebbe mai arrivato.

sabato 15 gennaio 2022

Nicholas Blake - Il caso dell’abominevole pupazzo di neve

 
Non è una novità del panorama editoriale internazionale questo Il caso dell’abominevole pupazzo di neve, scritto da Nicholas Blake, pseudonimo del poeta Cecil Day-Lewis (1904-1972), padre del celeberrimo attore Daniel Day-Lewis e autore di una ventina di gialli con protagonista l’investigatore Nigel Strangeways. Credo sia la prima volta che un suo romanzo sia stato tradotto e pubblicato in Italia, tra l’altro con una copertina meravigliosa molto simile a quella de Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton (anche se i libri sono molto diversi). La vicenda è ambientata a Dower House, Easterham Manor (una cinquantina di chilometri da Londra), dove la famiglia Restorick (adulti e bambini) è riunita per l’approssimarsi delle festività natalizie. Nigel e la moglie vengono invitati nella dependance di Dower House dall’anziana proprietaria che vuol far indagare al nostro detective (presentato come un esperto di soprannaturale) su cosa è successo durante una seduta spirita nella Stanza del Vescovo (come ogni dimora inglese che si rispetti Dower House ha una leggenda di fantasmi): il gatto di casa è impazzito e si è addormentato improvvisamente. Il giorno successivo all’arrivo dei coniugi Strangeways, la sorella della padrona di casa, Elizabeth Restorick, viene trovata morta impiccata nella sua camera: il classico delitto della camera chiusa, il suicidio sembra ovvio. Nigel però dubita e comincia a indagare: ci sono dei personaggi collegati alla famiglia che danno molto da pensare (lo scrittore progressista, il fratello devoto, l’amica gelosa). La vittima era troppo disinibita per l’epoca (i primi anni della Seconda Guerra Mondiali), troppo libera di costumi e di mentalità, un passato di dipendenza dagli stupefacenti e un figlio avuto da chissà chi. A Dower House si è trasferito anche il suo medico psicologo/terapeuta/ipnotista che la stava seguendo negli ultimi mesi. Le indagini procedono nel pieno rispetto delle regole del genere con osservazioni e intuizioni fino all’identificazione del colpevole, che ovviamente è tra i personaggi principali della vicenda e viene smascherato dal classico monologo finale in cui l’investigatore spiega quanto è stato bravo a risolvere il caso. Non si tratta certamente di un capolavoro della letteratura poliziesca e non brilla certo per sottigliezza psicologica, e per giunta il protagonista è piuttosto canonico (Nigel Strangeways non è di certo Poirot, così come Nicholas Blake non è Agatha Christie), ma Il caso dell’abominevole pupazzo di neve è un giallo all’antica, che dà l’immagine dell’epoca nella quale è ambientato (c’è la guerra ma non è ancora iniziato il bombardamento dell’Inghilterra), in una dimensione che sembra aver cristallizzato il passato (e presente e passato sono intrecciati anche nel caso della famiglia Restorick). Simpatico vedere gli imbranati poliziotti che si trovano ad avere a che fare con un cadavere dopo essersi sempre occupati delle beghe di paese.