sabato 22 settembre 2007

Rex Stout - Alta cucina

Il pachidermico e scorbutico Nero Wolfe abbandona incredibilmente la sua abitazione di New York per prendere un treno per il West Virginia, sedotto dalla duplice opportunità di assistere al convegno dei quindici migliori cuochi del mondo per una competizione che vedrà assegnare l’alloro di migliore ad uno di loro. Alle terme di Kanawha, dove si tiene la gara, Wolfe si può così dedicare interamente ad uno dei suoi hobby preferiti ed esibire la sua grande competenza gastronomica, messa alla prova da una gara di degustazione in cui manca un ingrediente: ben presto però uno dei cuochi viene assassinato con un coltello nella schiena e Nero Wolfe è costretto a riprendere il suo ruolo abituale, pur di scagionare dai sospetti un cuoco suo grande amico, il catalano Jerome Bérin. Dopo aver sguinzagliato il suo fidato Archie Goodwin (che racconta, come sempre, la vicenda in prima persona) e avergli comunicato che, al loro ritorno a New York, avrebbe dovuto premunirsi di cercare un altro lavoro, Wolfe sopravviverà ad un tentativo di omicidio e avrà la meglio dell’insipienza del giudice e dell’ottusità razzista dello sceriffo, mettendo alle corde il colpevole. Per onorario chiederà a Bérin la sua più famosa ricetta: le leggendarie “salsicce mezzanotte”. Uno dei capolavori di Stout, pieno di ironia pungente e notazioni salaci, soprattutto da parte di uno spigolosissimo Archie Goodwin, inviperito con il suo tirannico datore di lavoro, che lo schiavizza senza ritegno e si riserva anche il gusto di licenziarlo (ma ovviamente cambia idea nel finale!). Molto spassose le descrizioni dei cuochi e dei loro problemi, così come alcuni personaggi di contorno (l’addetto alla sicurezza che escogita la scusa del lancio di sassi agli ospiti dell’albergo così da avere tempo libero). Nero Wolfe è più misogino del solito, ma il finale sembra rendergli in qualche modo giustizia.

giovedì 6 settembre 2007

Agatha Christie - Un cavallo per la strega

Mark Easterbrook, scrittore con una momentanea perdita d’ispirazione, suo malgrado assiste in un bar di Chelsea (Londra) ad un battibecco tra due ragazze, causato da motivi sentimentali. Si arriva alle mani, resta sul campo anche una ciocca di capelli. L’intervento di un poliziotto placa gli animi. Mark, quasi per caso, apprende dal gestore del locale i retroscena della vicenda ed i nomi delle protagoniste. Ed uno dei due nomi, a sorpresa, lo leggerà una settimana dopo, tra gli annunci funebri del “Times”. Contemporaneamente, un reverendo cattolico, padre Gorman, viene chiamato con urgenza per impartire l’estrema unzione alla signora Davis. Prima di spirare, la donna racconta una storia. Delirio o realtà? Nel dubbio, il parroco annota, su di un foglietto, una lista di nomi. Le tasche della sua tonaca sono scucite: ripone, quindi, il biglietto in una scarpa. Ma non riuscirà mai a far ritorno alla canonica. In un vicolo della nebbiosa città viene ritrovato il suo cadavere, massacrato a randellate. Nessuno ha assistito all’omicidio, ma un farmacista fornisce all’ispettore Lejeune una precisa descrizione del tizio che seguiva il reverendo. Mark scopre che la ragazza protagonista della lite nel bar di Chelsea è morta dopo poche settimane. Le sue ricerche lo portano nel villaggio di Much Deeping, a contatto con strani personaggi: un ricco possidente dal passato misterioso, immobilizzato su una sedia a rotelle e tre signore appassionate di magia nera, riedizione delle tre streghe del Macbeth di Shakespeare, abitanti in un’antica locanda chiamata “Cavallo Pallido”. Un romanzo che sembra esulare dal classico giallo e confluire, in alcuni frangenti, nell’esoterismo e nelle arti magiche. Certo, come al solito tutti sono sospettati di omicidio, ma in misura diversa dal solito. Lo stesso Mark Easterbook non è abbastanza convincente come detective, e la sua tecnica è bizzarra e in gran parte affidata alla fortuna (tanto è vero che il nome del colpevole sarà rivelato dall’ispettore Lejeune, che appare molto poco nel romanzo). Più interessante la parte dedicata alla stregoneria, verso cui il protagonista conserva un atteggiamento scettico ma possibilista: non può credere ciecamente a tutto, ma un pizzico di verità ci deve essere. E le streghe sono abilissime a sfruttare la suggestione delle loro pratiche, anzi, furbescamente, si sono aggiornate, ricorrendo ad un strano macchinario che si unisce alle antiche tecniche, e non mancano di offrire spiegazioni di tipo psicologico alla loro capacità di muovere la parte irrazionale delle persone: ritengono infatti di essere in grado di innescare il desiderio di autodistruzione insito nell’uomo. A corredare il tutto, l’immancabile risvolto sentimentale, così come interessanti notazioni sulle difficoltà degli scrittori e curiose critiche al servizio sanitario e ai giovani ricchi e trasandati della Londra anni Sessanta.