
Romanzo d’appendice o d’avventura, feuilleton… Quante ne sono state dette per svilire questo straordinario romanzo che è, a mio avviso, uno dei maggiori esempi di letteratura intesa come puro godimento estatico? Erroneamente e tragicamente (dalle nostre parti) considerato come un “libro per ragazzi”, è in realtà l’emblema di tutto ciò che un romanzo dovrebbe essere, e che, mai come in questo caso, dimostra la capacità di unire l’inventiva alla narrazione, lo stile alla passione, l’ironia alla tragedia. Ambientato fra il 1625 e il 1628, nella Francia di Luigi XIII e di Richelieu, prende le mosse dall’arrivo a Parigi, con una lettera di presentazione per il signor di Tréville, capo dei moschettieri del re, del diciottenne d’Artagnan, deciso a cercare fortuna fuori dalla natia Guascogna, nelle file del prestigioso corpo militare. Nel giro di pochi minuti, il baldanzoso, maldestro e donchisciottesco giovanotto si trova coinvolto in un triplice duello con gli inseparabili Athos, Porthos e Aramis. Prima ancora che lo scontro abbia inizio nello spiazzo antistante la chiesa di Saint-Germain-des-Prés, giungono improvvisamente le guardie del cardinale, acerrime nemiche dei moschettieri, decise a far rispettare l’editto che vieta i duelli e ad arrestare i trasgressori. In un attimo, D’Artagnan opera la scelta fra il sovrano e il cardinale, e decide schierarsi con i moschettieri. Da quest’episodio nasce un’amicizia che è il filo conduttore del romanzo. L’eco del duello fa scalpore, e non passa molto tempo che Tréville e i quattro uomini siano convocati a corte dal re, il quale finge di rimproverarli e invece gode del trionfo delle sue guardie sul cardinale (che, a suo dire, è il suo “più grande amico”). L’amore di D’Artagnan per una cameriera della regina Anna d’Austria, la signora Costanza Bonacieux, è all’origine di uno degli episodi centrali del romanzo: la sovrana ha imprudentemente regalato al duca di Buckingham, come pegno del suo amore, dodici puntali di diamanti avuti in dono da suo marito. Richelieu, al corrente della faccenda, nemico politico dell’Inghilterra e geloso per il suo non corrisposto amore nei confronti della regina, architetta un piano diabolico per mettere in difficoltà la sovrana e ridimensionarne così l’ascendente sul re: suggerisce all’ignaro Luigi XIII di chiedere alla moglie di indossare i puntali di diamanti al prossimo ballo di corte. La signora Bonacieux avverte d’Artagnan del pericolo che incombe sulla regina, e questi, insieme con gli inseparabili amici, è subito pronto a sventare il tranello teso dal cardinale, informato nel frattempo grazie alla delazione del merciaio Bonacieux, marito di Costanza, uomo servile e infido ormai acquistato alle ragioni del cardinale. I quattro moschettieri si recano in Inghilterra per recuperare i puntali di diamante: l’impresa riesce, pur tra mille peripezie, e D’Artagnan porta a termine l’incarico mentre i suoi amici rimangono feriti nel corso della missione, che è contrastata dagli emissari del cardinale. Nella seconda parte del romanzo, i nostri eroi sono impegnati a combattere a La Rochelle, ultima roccaforte calvinista in Francia, che combatte aiutata dagli inglesi. Per vincere la guerra, Richelieu fa assassinare il duca di Buckingham, grazie a Milady, altro personaggio chiave del romanzo, dal passato tenebroso e infamante (è infatti marchiata col giglio dell’infamia), emblematica rappresentazione del male allo stato puro. In cambio essa ottiene l’autorizzazione a eliminare per vendetta D’Artagnan, cui si è concessa ma dal quale è stata giocata. Dopo aver convinto un puritano fanatico, John Felton, ad assassinare il duca, Milady torna in Francia e si ritira nel convento delle carmelitane di Béthune in attesa degli ordini del cardinale; qui, per caso, incontra la signora Bonacieux e la uccide avverandola. Athos riconosce in Milady la proprie moglie, che nel frattempo ha sposato Lord Winter e l’ha poi avvelenato. Il romanzo si conclude con l’esecuzione di Milady, processata sommariamente dai quattro moschettieri e condannata per le sue nefandezze e i delitti che ha ispirato. Ad eseguire l’esecuzione, il boia di Lille, il cui fratello è stato corrotto e spinto al suicidio dalla diabolica donna. Interrogato dal cardinale in merito alle sue azioni, D’Artagnan risponde con il documento liberatorio che lo stesso Richelieu aveva firmato a Milady, e per questo Sua Eminenza concede al guascone la nomina di luogotenente. Permeato da un’incredibile gioia di vivere, da una sete di avventura che ipnotizza e imprigiona, da una certa qual cialtroneria picaresca, il romanzo presenta infiniti episodi memorabili: il motto «uno per tutti, tutti per uno», il combattimento dei moschettieri contro le guardie del cardinale, la loro conquista di un intero bastione per recarsi a pranzare sotto il fuoco dei rocellesi, la disquisizione teologica di Aramis con un gesuita e un curato, il pranzo di Porthos a casa del tirchissimo procuratore Coquenard (il quale, dopo aver offerto al convitato tre croste, esclama «Un vero festino, epuloe epularum; Lucullo pranza da Lucullo»), il soggiorno di Athos nella cantina della locanda tra vini e prosciutti, l’interrogatorio di Richelieu al merciaio Bonacieux, la seduzione di Felton a opera di Milady (nel quale si vede il disprezzo e la compassione dell’autore verso gli integralisti religiosi). Dumas, di cui si racconta avesse la capacità di stare seduto alla scrivania a scrivere per quindici ore di fila, aveva il dono di saper ricreare e far respirare il clima di un’epoca, grazie a personaggi affascinanti e animati da tutta la gamma delle passioni. Il nobile Athos, ormai disincantato e reso saggio dall’età e dai fatti della vita; il vanesio e irruento Porthos; il discreto, timido e furbo Aramis. Degli incredibili gaglioffi dai mille difetti e alla continua ricerca di espedienti, in possesso però di un cuore d’oro, di un lato umano e di un codice cavalleresco, come si vede nell’episodio in cui D’Artagnan vuole curare prima del duello l’avversario Athos con l’unguento miracoloso che gli ha dato la madre, e Athos risponde: «Perbacco, signore, ecco una proposta che mi piace, non che io l’accetti, ma essa annuncia il gentiluomo lontano da una lega. Così parlavano e agivano gli eroi del tempo di Carlomagno, sui quali ogni cavaliere dovrebbe modellarsi». Personaggi generosi e positivi che si contrappongono ai malefici Milady (in pratica, un’antesignana della femme fatale del genere noir) e Rochefort, l’anima dannata del cardinale. E, alla faccia della sua presunta superficialità, Dumas ha un’incredibile capacità di formulare in pochissime righe delle riflessioni molto profonde, come quando il duca di Buckingham pone l’embargo a tutti i bastimenti nei porti inglesi per battere sul tempo il cardinale e restituire i puntali alla sua amata regina Anna, e D’Artagnan lo guarda sbalordito e pensa «a quali fragili e sconosciute fila sono alle volte sospesi i destini degli uomini e dei popoli», interrogandosi quindi sul caso, sulla necessità, sulla bellezza e sull’infinito dolore portato da essa nel mondo, sul valore e sull’ingiustizia presenti in un solo uomo. Certo, il solo fatto di aver creato una figura come Milady sarebbe stato sufficiente a far entrare quest’autore nella leggenda…