mercoledì 3 settembre 2008

Georges Simenon - La pazza di Itteville

Questo breve racconto, che doveva essere il primo a inaugurare una nuova collana di testi accompagnati da una serie di fotografie (e rimase l’unico per lo scarso successo dell’iniziativa), è l’unico di Simenon a essere rimasto testimonianza del personaggio dell’ispettore G7, timido e ben educato, ma chiamato così dai colleghi per via dei capelli rossi che fanno pensare al colore dei taxi della compagnia G7. A narrare in prima persona è un suo amico scrittore di romanzi polizieschi che lo accompagna nell’indagine. Teatro della vicenda è Itteville, paese che si trova a una cinquantina di chilometri da Parigi, sempre sotto una pioggia torrenziale. È avvenuto uno strano omicidio con scambio di cadavere. Il direttore dell’ufficio postale sta tornando in bicicletta, sente gridare, si avvicina e una ragazza bionda, sporca di fango ed evidentemente molto agitata, gli urla di andare a chiamare i gendarmi: per strada c’è un uomo morto. Il direttore nota che a terra c’è il dottor Canut, medico noto a tutti in paese, e si precipita ad avvisare la polizia, ma quando i gendarmi arrivano, trovano accanto alla giovane donna un cadavere diverso, di uno sconosciuto, colpito al cuore da una coltellata mortale. Il racconto è molto breve ma molto ben congegnato, perché il lettore non capisce niente fino alla fine, ricalcando di fatto gli smarrimenti dell’io narrante, cieco davanti alle intuizioni di G7, naturalmente in possesso della soluzione del caso. Già possiamo vedere le caratteristiche dell’autore, la profondità della sua scrittura, l’importanza conferita ai dialoghi e alla psicologia dei personaggi. In più, osservazioni calzanti come il fatto che le persone innocenti spesso non hanno un alibi convincente, o che le persone intelligenti mostrano intelligenza e logica anche nel crimine. Molto originale la scena degli spari agli spaventapasseri.

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