lunedì 9 febbraio 2009

Ken Follett - Il terzo gemello

È bene premettere che non ho mai sopportato Ken Follet e che, sebbene abbia provato per ben due volte a leggere il suo acclamatissimo “I Pilastri della Terra”, l’ho abbandonato per disperazione. Ora il mio giudizio sull’autore non è cambiato (scrive malissimo, è superficiale e ha una propensione alla volgarità così sciatta da dare fastidio), ma almeno questo libro ha un suo perché. La vicenda è ambientata a Baltimora, dove una ricercatrice giovane e ambiziosa, Jeannie Ferrami, è incaricata di condurre uno studio sui gemelli per conto di una università: riesce a scoprire ed a rintracciare i gemelli omozigoti attraverso ad un software di sua creazione, reperendo i dati, con l’interrogazione di archivi delle compagnie di assicurazioni sanitarie, e cerca quindi di capire se due gemelli separati alla nascita e sistemati in ambienti differenti possano presentare delle somiglianze nel carattere, nei gusti e nel comportamento. Intanto, un giovane teppista appicca un incendio negli spogliatoi degli impianti sportivi del campus costringendo tutti i ragazzi e le ragazze ad uscire dagli edifici ed andare nel prato seminudi, quindi violenta una ragazza di nome Lisa che rimane intrappolata in uno sgabuzzino. Del reato viene accusato il giovane e brillante Steve, uno dei gemelli che Jeannie sta studiando: logicamente, egli è uguale al ritratto dallo stupratore e ha il suo stesso DNA. Quello che sembra strano è che il suo gemello, quello cattivo e disadattato, è in carcere (quindi, ce ne deve essere senza dubbio un altro). La vicenda ruota  attorno ad altri sinistri personaggi: il professor Berrington, capo di Jeannie, che cerca di metterle sempre di più i bastoni tra le ruote sino al punto di farla licenziare, e il senatore corrotto Jim Proust, che spera di diventare candidato per la presidenza degli Stati Uniti. I due, con l’ausilio di un terzo socio (a sua volta amante della moglie del senatore Proust), stanno cercando di vendere la società della Genetico e assicurarsi 200 milioni di dollari, con i quali finanziare la prossima campagna presidenziale, e di occultarne un misterioso segreto: la multinazionale, infatti, è riuscita, negli anni Settanta, a ricreare la clonazione in vitro con vent’anni di anticipo, con lo scopo di riuscire a creare soldati perfetti, pronti da sferrare contro l’Unione Sovietica. Ben otto donne sono state utilizzate, a loro insaputa, per eseguire i test di clonazione. Jeannie e Steve, ormai sull’orlo del baratro (una è senza lavoro con la necessità di mantenere la madre inferma, l’altro in libertà vigilata in attesa del processo per violenza di primo grado), riescono a far luce sull’intera vicenda (Jeannie ha perfino un contatto all’FBI!). Certo, non si esce dai consueti canoni del thriller (e naturalmente tra Jeannie e Steve sboccia l’amore), però alcune intuizioni sono felici e gli interrogativi etici efficaci: Jeannie investiga sull’origine genetica del crimine perché suo padre è un criminale (e le ruba pure in casa dopo che lei lo ha accolto) e vuole dimostrare (e i fatti le danno ragione) che, a parità di codice genetico, è l’ambiente a plasmare gli individui; inoltre, viene toccato sia il problema della clonazione sia quello della fecondazione eterologa. Qualche reale fastidio suscita il maschilismo di politici e lobby universitarie, il cinismo dei giornalisti e la violenza dei metodi della polizia. Purtroppo, il finale scorre troppo in fretta e in maniera estremamente raccogliticcia, come se l’autore avesse già detto tutto prima. Infelice il titolo, che fa capire molte cose in largo anticipo.

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