martedì 9 giugno 2009

Jean Teulé - Il marchese di Montespan

Una famosa storia di corna al centro di questo libro capace (sorprendentemente) di vendere 300.000 copie. Questo il successo in Francia del celebre caso di Louis-Henri marchese di Montespan, che ebbe la sventura di avere una moglie richiesta da Luigi XIV per il proprio letto ma che ebbe anche il coraggio di ribellarsi all’assolutismo monarchico. L’autore racconta l’iniziale idillio tra il marchese e Françoise detta Athénaïs (talmente bella da scatenare i più bassi istinti degli apprendisti del parrucchiere): giovani, nobili ma senza risorse, i due si sposano e vivono una passione sfrenata, fino a quando egli, di ritorno da una campagna militare, non scopre che la l’amata moglie (nel frattempo divenuta dama d’onore della regina) è rimasta “ferita sul campo” (cioè, incinta). Addirittura, per godere delle sue grazie, il Re Sole ha scacciato dal suo letto la pur avvenente Louise de La Vallière (quella del Visconte di Bragelonne di Dumas). Cupo e permaloso, da buon guascone, Montespan non accetta di essere stato fatto becco (perfino Molière gli ha dedicato una commedia), rifiuta ogni favore reale di compensazione e si presenta anzi dinanzi al monarca vestito a lutto, dopo aver fatto ridipingere la sua carriera di nero e aver sostituito i quattro pennacchi sugli angoli del tetto con delle gigantesche corna di cervo; inoltre, al disegno del suo stemma dipinto sulle portiere, ha fatto poi aggiungere delle corna. Dato che l’etichetta impone di scoprirsi il capo al cospetto di Sua Maestà, il marchese si mette in testa un cappello grigio (colore che il re li detesta) e risponde che porta il lutto per il suo amore «ucciso da una canaglia». L’affronto è impossibile da sopportare per il presuntuoso sovrano, che lo fa arrestare. Montespan viene quindi esiliato, e attraversa mezza Francia per raggiungere il suo castello di Bonnefont: arrivato a destinazione, organizza un falso funerale della moglie con tanto di feretro vuoto. Continua poi a trascorrere una vita da gentiluomo di campagna, rifiutandosi di vedere di nuovo la moglie fino alla fine della sua vita, quando improvvisamente la nomina esecutrice testamentaria (qui per andare contro il figlio cortigiano che invece non vorrebbe rispettare il testamento paterno). Detto questo, il libro si rivela molto più interessante per l’argomento trattato che per il modo in cui è scritto: Jean Teulé non è certamente uno storico e tace quindi particolari interessanti come la vicinanza del marchese ai giansenisti (cosa che spiegherebbe le ragioni del suo rigore morale), e aggredisce la materia con uno stile e un linguaggio estremamente contemporanei, quasi pulp nella loro brutalità, permettendosi molte arditezze e volgarità gratuite (con perle del tipo «andare a Napoli facendosi tutti i ponti piegato» per alludere alla sodomia). Si fa fatica ad accettare parti grottesche come quelle dei rapporti con l’odioso figlio snob che all’età di cinque anni si professa già monarchico e nemico dei pezzenti, o dell’incontro con i figli mostruosi di Athénaïs e del re o con l’imbelle sovrano spagnolo Carlo II che gli offre le albicocche e gli fa sempre le stesse domande; per non parlare di quando il marchese frequenta per un mese tutti i postriboli di Parigi per prendersi una malattia venerea e trasferirla così al re attraverso la moglie; o del suo tentativo di violentare la moglie del re nella sua camera. Semplicemente agghiacciante il finale con i cani che divorano le interiora della povera marchesa. Certo, forse il tentativo dell’autore è quello di dimostrare quanto sporco era il Seicento, sotto tutti i punti di vista, ma il risultato non fa per niente gridare al miracolo. È invece convincente il ritratto del Re Sole, rappresentato in tutta la sua ridicola boria (è piccolo di statura e goffo, ha il viso deturpato dal vaiolo ed è circondato da dei dignitari che non osano nemmeno sorridere se prima non l’ha fatto lui), tanto potente e venerato che basta che lui si presenti sul campo di battaglia per porre fine alle ostilità e ottenere la resa degli assediati (togliendo così al povero marchese ogni possibilità di bottino).

Nessun commento:

Posta un commento