domenica 25 luglio 2010

Nick Hornby - È nata una star?

L’inesauribile Nick Hornby non si ferma mai, e così, dopo “Tutta un’altra musica” e la sceneggiatura del bel film “An Education”, Guanda pubblica questo nuovo “È nata una star?” (solita terrificante traduzione dell’originale “Not a Star”, ma la copertina è anche peggio), scritto nel 2006 per Open Door, una collana che pubblica racconti e storie brevi, accessibili a fasce di lettori meno istruiti e meno abituati alla lettura (quindi si astengano i noiosi e i criticoni, già pronti – me l’immagino – a contestare quest’ultima pubblicazione dello scrittore inglese). Non ci si deve pertanto aspettare un romanzo, ma un racconto che si legge in venti minuti, scritto di getto e senza troppe complicazioni: una tragicommedia familiare che prende il via quando Lyn, una tipica madre, viene a sapere dalla vicina di casa pettegola (che piazza anche un favoloso «Ha preso dal padre? Se è così, che tomba sei stata!”») che suo figlio Mark ha girato un film porno, finendo pure in copertina. Il film si intitola “La leggenda del re trombatore” (quale sia l’originale inglese purtroppo non ci è dato saperlo) e svela a Lyn la ragione della presenza del figlio in quella pellicola: pare infatti che Mark sia dotato in maniera spropositata (a questo si riferiva la vicina di casa pettegola) e che per questo sia stato contattato dal fidanzato di un’amica della sua ragazza che opera nel settore. Ovviamente, la scoperta manda in panico la povera Lyn e il marito Dave, che affrontano Mark in una conversazione frammentata e spezzata dall’imbarazzo perbenista: ancor peggio è quando la povera donna scopre che la “caratteristica” del figlio è ereditaria e che probabilmente è derivata dal nonno (il padre di lei). Non tutte le disgrazie vengono per nuocere, però, dal momento che l’occasione coincide per Lyn con una riconciliazione (anche sessuale) con il marito e un dialogo con la sorella e la madre, permettendole di superare anche ricordi dolorosi come la perdita di un figlio neonato e la morte del padre. Insomma, forse un po’ tutto troppo didascalico e buonista («Mica sapevo che le cose bisogna prenderle per il verso giusto e non per quello sbagliato»), ma questo racconto minimalista ha il pregio di affrontare i problemi della vita e delle dinamiche familiari da un’ottica insolita. Solo per i fanatici di Hornby. Tra i quali mi metto volentieri.

domenica 18 luglio 2010

Gaston Leroux - Il Fantasma dell’Opera

Rileggere questo romanzo dopo undici anni mi riporta all’uscita dell’omonimo e terrificante film di Dario Argento, da me aspettato pieno di belle speranze e rivelatosi invece una delle più cocenti delusioni cinematografiche della storia (non che il musical diretto da Joel Schumacher si sia rivelato migliore, intendiamoci). La copia in mio possesso del celeberrimo romanzo di Gaston Leroux risale appunto al periodo di uscita del film di Argento e infatti contiene un inserto con alcune foto tratte dal film e un’interessante intervista in appendice allo stesso regista che, letta oggi, risulta molo interessante dal punto di vista dei contenuti ma, alla prova dei fatti, totalmente fuorviante in quanto si riferisce a un film pessimo, scritto malamente e diretto, se possibile, anche peggio. Tutta questa delusione deriva dal fatto che questo feuilleton è davvero bello e, per l’epoca in cui fu scritto, molto originale: Erik, la creazione di Leroux (che si chiama Fantasma dell’Opera ma non è un fantasma vero e proprio, in quanto fatto di carne e ossa) è un interessante mix di componenti negative di altri “mostri” del genere (la bruttezza del mostro di Frankenstein, la solitudine di Dracula, il bisogno d’amore della Bestia in cerca della sua Bella). Nato con il volto sfigurato e condannato dalla sua stessa madre all’emarginazione più totale, dopo una vita errabonda in Oriente (Nijni-Novgorod, la Persia, Costantinopoli) dove si è contraddistinto come assassino abile utilizzatore del laccio del Punjab e macabro maestro di  cerimonie, ha scelto di vivere nei sotterranei dell’Opéra di Parigi, quel teatro che l’avrebbe consacrato alla gloria della lirica se solo avesse avuto un aspetto migliore e che lui stesso ha contribuito a costruire, come padrone dei suoi labirintici cunicoli e “signore delle botole” (come viene più volte definito). Personaggio dalle mille abilità è anche il più grande ventriloquo del mondo e un formidabile costruttore, a quanto pare protagonista nella costruzione dell’Opera e dei vari passaggi segreti, ora divenuti la sua dimora dalla quale può vedere e sentire tutto. Il suo genio musicale è prolifico (scrive un “Don Giovanni trionfante”, al quale lavora incessantemente lasciando passare molti giorni senza toccare cibo o dormire) e le sue doti canore non hanno eguali. Proprio grazie alla propria voce, senza mai farsi vedere, riesce ad affascinare Christin Daaé, una giovane soprano di cui è innamorato e alla quale dà segrete lezioni di canto da dietro i muri del suo camerino per farle ottenere il successo che a lui è stato negato. Inoltre, cerca di assicurarle il successo prima con delle lettere minatorie, poi con un incidente (il crollo di un lampadario in platea) il ritiro definitivo della cantante principale del “Faust” di Gounod affinché la parte principale di Margherita venga affidata a Christine. La vicenda, si dipana quindi, dopo il cambio nella direzione del teatro, tra i ricatti di Erik ai direttori, i quali si oppongono fermamente al Fantasma e ne ricevono solo fastidi (la morte di un inserviente, la brutta figura di una cantante, la morte di uno spettatore), e il desiderio del Fantasma di portare Christine alle più alte vette del canto, per poi tenerla con sé, sua sposa per sempre, a cantare la grande opera che sta componendo da una vita, ormai prossima alla conclusione: la ragazza accetta di raggiungere il misterioso maestro nei sotterranei del teatro attraverso uno specchio che dà su un passaggio segreto. Qui avviene la spaventosa scoperta: Christine strappa a Erik la maschera e il Fantasma si rivela in tutta la sua bruttezza. Lei lo supplica di lasciarla libera, lui acconsente a patto che la giovane rinunci al fidanzato Raoul de Chagny. Questi però non si dà per vinto e, con un agente della polizia segreta persiana si addentra nei sotterranei del teatro: i due finiscono in una delle stanze di tortura create da Erik, in grado di evocare diversi climi e stordire con illusioni ottiche (e qui Leroux si sbizzarrisce in una serie di trovate  veramente immaginifiche). In questo modo il Fantasma può nuovamente ricattare Christine, chiedendo la sua mano in cambio della vita dei due uomini, ma nulla può contro il coraggio dell’amore che si oppone al male ed è capace di stimolare un finale di redenzione (tanto che Erik cede e lascia i due giovani liberi di vivere il proprio amore). In definitiva, Erik è un personaggio molto romantico, drammaticamente convinto di essere l’incarnazione del male (i cui segni porta anche sulla faccia) e per questo degno di pietà agli occhi di Christine; ma è  altrettanto interessante la polemica sociale del romanzo, che racconta di una società che condanna il Fantasma ma allo stesso tempo si oppone anche all’unione di Raoul e Christine, in base al principio secondo il quale è disdicevole che un nobile sposi una cantante. Al pari del Fantasma, ruolo di protagonista viene conferito all’Opéra di Parigi, tempio della lirica che si sviluppa in altezza e in profondità, trasfigurato in un edificio fascinoso che si articola in un dedalo sotterraneo di cunicoli, anfratti, botole e passaggi segreti, con al centro un lago quasi infernale. Leroux miscela elementi gotici e orrorifici con una forte componente melodrammatica e sentimentale, con un piglio quasi giornalistico, che introduce il lettore nella vicenda come un fatto reale che deve essere ricostruito, ma inframmezza la narrazione con siparietti umoristici come quelli che vedono protagonisti i due nuovi direttori che si ostinano nel negare l’esistenza del Fantasma, le ballerine e mamma Giry, maschera del palco numero 5, quello riservato al Fantasma. Il vero Fantasma dell’Opera è stato raramente seguito dalle riduzioni cinematografiche (senza scomodare l’originale di Lon Chaney), e già questo potrebbe essere una spiegazione sufficiente…