domenica 24 ottobre 2010

Loren D. Estleman - Sherlock Holmes contro Dracula

Mi sono accostato pieno di speranze alla lettura di questo pastiche che riunisce due dei personaggi più longevi della storia della narrativa mondiale, capaci di dare vita a interi filoni di epigoni e continuatori e di ispirare nuove interpretazioni scrittori e registi (tanto più che non ho problemi a dichiararmi un seguace di entrambi). D’altra parte, l’occasione era troppo ghiotta per non venire colta: Dracula e Sherlock Holmes sono coevi e non potevano non incrociare i loro destini come già successo per Jack lo Squartatore, più volte nemico di Sherlock Holmes e protagonista, giusto per citare un’opera di cui ho già parlato, di Uno studio in nero di Ellery Queen. A questo proposito, ricordo che nell’oltremodo bizzarro Anno Dracula di Kim Newman il celeberrimo detective non si era potuto opporre alla conquista dell’Inghilterra da parte di Dracula per il suo volontario esilio in Belgio a causa di divergenze  col governo. Bisogna però dire che Estleman non brilla per originalità né per fantasia (come si evince dal terrificante titolo, pare imposto dall’editore, che non fa altro che peggiorare le cose): fa raccontare al dottor Watson esattamente la stessa storia di Bram Stoker (il vero autore di Dracula) accusando però quest’ultimo di avere volutamente taciuto il ruolo cruciale svolto da Sherlock Holmes nella sconfitta del conte transilvano, oltre che facendo passare Watson come il vero autore del manoscritto, che sarebbe stato poi curato dallo stesso Estleman secondo l’artificio letterario più vecchio e innocuo del mondo. Ecco quindi che la trama è rigidamente e obbligatoriamente stretta entro paletti conosciuti da ogni lettore di Dracula: la nave Demeter che naufraga sulla costa inglese, il capitano assassinato trovato legato alla ruota del timone, l’enorme cane nero che scompare per le vie di Whitby, Lucy Westenra che da morta rapisce i bambini, il dottor Van Helsing e la storia della prigionia di Jonathan Harker a castello Dracula… In aggiunta a ciò, Estleman si dimostra un buon conoscitore del canone holmesiano, un epigono degno della stima dei seguaci più inveterati e fanatici: cita racconti e accadimenti conosciuti, riprende personaggi amati (il cane Toby, un classico!) e situazioni (l’inseguimento acquatico, tolto di peso dal Segno dei quattro), particolari e idiosincrasie dei protagonisti. Il problema è che, come tutti gli apocrifi derivativi, non riesce mai a sorprendere e non aggiunge nulla a quanto creato da Conan Doyle, evitando così quei possibili guizzi che invece io speravo di trovare come nel caso del rapimento della moglie di Watson da parte di Dracula. Forse Estleman se la può giocare sullo stile, ma la traduzione italiana lo rende enfatico e decisamente troppo pesante. La cosa che veramente suscita maggior perplessità è la reazione del detective alla scoperta di trovarsi alla presenza del re dei vampiri: abituato da sempre a escludere razionalmente ogni  spiegazione metafisica o soprannaturale nelle sue indagini, Holmes non può accettare così a cuor leggero un simile stato di fatto e, per di più, mettersi a cercare volumi sul vampirismo nella prima libreria trovata per la strada. Insomma, non sta proprio in piedi. Inoltre, il metodo deduttivo del celeberrimo detective mal si addice a un simile caso in cui tutto è già conosciuto con qualche ora di anticipo (per ovvie ragioni). In questo modo, a poco servono anche quei momenti “forti” di confronto/scontro tra Holmes e Van Helsing e tra Holmes e Dracula. Da dimenticare.

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