lunedì 28 marzo 2011

Jacques Tardi - Le straordinarie avventure di Adèle Blanc-sec. Libro II

Se il primo volume della serie a fumetti sulle avventure di Adèle Blanc-sec terminava con la morte della nostra eroina (tenuta quindi in ibernazione) e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nella prima storia di questo secondo blocco dei suoi racconti, Il segreto della salamandra (il titolo si riferisce a una salamandra del Giappone impagliata, meglio nota come Megalobatrichus Japonicus, del Jardin des Plantes), il soldato Brindavoine entra in contatto con l’ex mummia di casa Blanc-sec, intenzionata a restituire la vita ad Adèle come favore per come l’ha trattata. L’egiziano svela (attraverso un idolo trovato in un sotterraneo tra le trincee) che la ragazza si trova al 66 di rue des Droguistes, ma Brindavoine (mutilato volontario per scampare alla guerra) diventa un alcolizzato e si dimentica della sua missione. Contemporaneamente vogliono mettere le mani su Adèle anche il suo mortale nemico Dieleveux (che ora si fa chiamare maggiore Pochard) e la mafia newyorkese (governata da un sosia di Marlon Brando nel Padrino e chiamato, con gusto squisitamente citazioni sta, Coppola…), alleata con la borghesia degli affari per entrare in possesso del segreto dell’immortalità e dare inizio a un nuovo ordine mondiale. Ne L’annegato a due teste, la trama comincia a diventare complicatissima e richiede una lettura particolarmente attenta per essere compresa, mescolando la fine della guerra con le trame di misteriosi clown e un’ancor più misteriosa creatura tentacolare di stampo lovecraftiano; nella circostanza, facciamo la conoscenza del fanatico commissario Laumanne, che passa il tempo a giocherellare nervosamente con il modellino di una ghigliottina e ad affettarsi le dita per sbaglio, e di un misterioso personaggio che compare sulla scena in compagnia del mostro coi tentacoli e che ogni volta commenta «Una cosa così, dopo quattro anni di guerra… come se ancora non bastasse». Proprio costui è al centro del terzo episodio, Tutti mostri!, dove scopriamo essere Honoré Fia, l’illustratore dei romanzi di Adèle (che, ricordiamolo a uso dei meno ferrati, è una scrittrice di feuilleton ricavati dalle sue avventure personali), reduce di guerra vittima di una trapanazione cranica da parte di Pochard (Dieleveux) e vera causa dell’apparizione del mostro tentacolare (la creatura è la materializzazione delle sue paure): dal canto suo Dieleveux, con la faccia sfigurata dall’acido cloridrico, è sempre più intenzionato a eliminare Adèle (semplicemente per odio, senza particolari motivazioni) e finisce per incarnare in se stesso il mostro tentacolare, che per ogni persona appare come la materializzazione delle proprie paure dell’infanzia. Nell’ultima storia, Il mistero degli abissi, Adèle e la polizia hanno a che fare con un misterioso bandito soprannominato “il dentista”, il quale si diverte a mandare messaggi cifrati al commissario Laumanne, mentre la nostra eroina deve tenere testa a una misteriosa rivale in amore (è semplicemente gelosa) e fa la conoscenza di sua sorella. Insomma, i personaggi coinvolti sono molti di più e giungono ad assurgere al rango di veri e propri protagonisti delle storie, sempre messe in relazione tra loro e messe in successione temporale, con continui elementi di spiegazione e chiarimenti. L’atmosfera generale cambia: la Belle èpoque è finita (lo si vede anche dal taglio di capelli di Adèle) e lo sfondo della Grande Guerra si fa sempre sentire: Tardi infatti non manca di far lasciar trasparire il suo disprezzo per l’assurdità del conflitto (le trincee, le mutilazioni volontarie, le decimazioni compiute dagli alti gradi dell’esercito), ma sempre con rispetto patriottico per chi ha dato la sua vita per la Francia. Il suo meccanismo narrativo è molto ingarbugliato all’interno della consueta cornice steampunk, thriller e mistery, ma si giova di una schiera di cattivi e comprimari da narrativa popolare veramente vincenti e spassosi (il massimo lo si raggiunge con Albert Biloux, detto “il druido” Tudek Babylonosor, che indossa delle ali posticce e una fisarmonica e va in giro con un sottomarino per le fogne a caccia di granchi giganti). Insomma, ogni personaggio è ben caratterizzato e la ricostruzione d’ambiente è sopraffina: basta vedere la cura con la quale sono stati replicati Les Invalides e il Père-Lachaise. Il gioco citazionista si replica anche nella battuta «C’è nebbia, sul Ponte de Tolbiac!», come il titolo di un racconto di Nestor Burma, malinconico detective anorcoide inventato da Léo Malet e illustrato dallo stesso Tardi.

domenica 20 marzo 2011

Jacques Tardi - Le straordinarie avventure di Adèle Blanc-sec. Libro I

Il solo aspetto positivo del terrificante film di Luc Besson Adèle e l’enigma del faraone (privo di una qualsiasi idea di cinema, di pathos o di qualsivoglia ironia) è stata la riedizione della saga a fumetti di Jacques Tardi, creata a inizio anni Settanta e pubblicata in Italia nel decennio successivo. In questo primo volume sono raggruppate quattro storie che hanno come protagonista Adèle Blanc-sec, avventuriera e scrittrice della Parigi del 1911-1912 che si pone diametralmente in controtendenza rispetto ai canoni femminili della sua epoca (fuma in vasca da bagno, tratta la gente in modo brusco, è in possesso di un’ironia caustica e non gliene frega nulla degli uomini). Le trame sono complicatissime e squinternate, anche se collegate tra loro e perfettamente in successione temporale (è bene chiarire che Besson si è  limitato a incollare qualche particolare preso da ogni storia): in Adèle e la bestia, un anziano scienziato dai poteri paranormali riporta in vita uno pterodattilo preistorico dal suo ovo fossile nel Museo di Storia Naturale del Jardin des Plantes, gettando il panico nella capitale, mentre Adèle cerca di salvare la vita a uno scassinatore coinvolto in una rapina ai danni di un banchiere e condannato alla ghigliottina per un delitto che non ha commesso. Ne Il demone della Torre Eiffel va in scena un complotto da parte di misteriosi adoratori del demone babilonese Pazuzu (lo stesso dell’Esorcista) e nel quale sono implicati personaggi d’alto bordo, con tanto di sparizioni al Pont Neuf e l’omicidio di un attore teatrale. Ne Lo scienziato pazzo Adèle scopre di essere perseguitata da un tale che ha resuscitato un pitecantropo primitivo per creare un esercito di soldati invincibili e soddisfare i suoi sentimenti revanscisti: qualcosa ovviamente va storto, soprattutto perché, come King Kong, il pitecantropo si innamora di lei. Nell’ultima storia, Mummie matte, ci troviamo di fronte a un caso di sacrifici rituali di giovani donne e a continui e ripetuti tentativi di uccisione di Adèle, che alla fine ha pure la peggio nonostante il risveglio della sua mummia casalinga e il tentativo da parte di un altro squilibrato di conservarla in laboratorio. Gli elementi cardine sono sempre gli stessi (attentati, vendette, uccisioni, sparizioni, passaggi segreti, sette esoteriche, tradimenti, identità nascoste), in un originale mix di steampunk, noir e mistery: ogni personaggio è tratteggiato visivamente e letterariamente in maniera straordinaria, soprattutto le macchiette (il vanesio e dannunziano cacciatore di belve Justin St. Hubert, l’imbelle ispettore Caponi, il perfido professor Dieuleveult e il sicario Rove che ha la mania di sparare ai gatti anche a scapito del suo lavoro), inoltre, a differenza dell’umorismo parrocchiale del film di Besson, qui l’ironia abbonda e colpisce nel segno (il pitecantropo che, appena resuscitato, dimostra di avere gusti raffinati e pretende di bere un cognac; la mummia egizia vestita elegantemente che fuma il sigaro; l’ispettore Calboni che, in preda a un raptus da poliziotto infallibile, comincia a sparare a tutti e ammazza un tarbosauro appena riportato in vita). A risultare decisiva è però l’ambientazione: la Parigi di Tardi è veramente fantastica, capace di far rivivere l’atmosfera e l’architettura della Belle époque grazie a un’attenzione maniacale per i dettagli (i palazzi, i cimiteri, i giardini pubblici, gli interni dei vari ambienti). Insomma, serviva proprio un film orrendo per riscoprire una serie imperdibile…

lunedì 14 marzo 2011

Loredan - La spia del Doge. Leonora e i misteri di Venezia

Non è un mistero che Venezia, grazie alla sua atmosfera unica e all’alone di mistero che la circonda, sia sempre stata fonte di ispirazione per romanzi e film (più o meno riusciti) e palcoscenico perfetto per raccontare storie di ogni epoca. Figuriamoci dunque il Settecento, periodo ideale per la decadenza irreversibile della Serenissima: questo deve aver pensato tale Loredan, scrittore francese che, nascondendosi dietro questo accattivante e originalissimo pseudonimo, ha deciso di inaugurare una nuova saga letteraria raccontando le gesta di una nuova eroina, Leonora Pucci, diciottenne cresciuta nel convento delle Orsoline di Vicenza che, un bel giorno del 1762, si ritrova trascinata in un sontuoso palazzo veneziano. Cesare della Frascada, infatti, l’ha riconosciuta come una sua figlia naturale e ha deciso di darla in sposa al figlio del potente senatore Alvise Mocenigo: ovviamente, fa tutto parte di un preciso disegno politico mirato a far sì che della Frascada diventi il nuovo doge al posto del moribondo Francesco Loredan. A prova del fatto che questo progetto non è condiviso da tutti, il giorno delle nozze il padre viene arrestato sulla base di una denuncia anonima e gettato nei Piombi (le prigioni rese tanto famose da Giacomo Casanova), decisione che sembra non turbare nessuno eccezion fatta per Leonora, la quale decide di darsi da fare per scoprire la verità (in fondo, ha già dato di prova di acume investigativo nel convento delle Orsoline quando ha scoperto, grazie alle sue insospettabili abilità deduttive, la verità sul trafugamento di alcune reliquie rubate). Aiutata a entrare nella mentalità e negli ingranaggi della città dal suo precettore francese Émile de Rofiniac e, soprattutto, dal cortesan Flaminio Dell’Oio, la giovincella comincia a girare in lungo e in largo la città sotto vari travestimenti e a rendersi conto dell’esistenza di una connessione tra la congiura ai danni del padre (che coinvolge anche il ritrovamento di alcuni cadaveri) e le sue stesse origini misteriose (in pochi giorni la giovane incontra parecchie persone che sostengono di essere i suoi genitori e scopre che che il famoso detto latino “mater semper certa” non è nemmeno più vero), soprattutto quando subisce un attentato all’imbarcazione da lei usata qualche istante prima per colpa di un pietrone fatto cadere dall’alto. L’autore si sforza di spiegare il meccanismo delle cariche cittadine, l’elezione del doge e il funzionamento del Consiglio dei Dieci, l’assoluta spregiudicatezza degli aristocratici veneziani disposti a tutto per realizzare le loro ambizioni, la corruzione e la degenerazione dei costumi (la madre di Leonora è sempre assistita da un cicisbeo, i giovani nobilastri passano la loro esistenza tra bagordi e cortigiane); purtroppo, il risultato è ampiamente mediocre e getta spesso nello sconforto più nero. Se i personaggi sono tratteggiati in maniera abbastanza convincente, purtroppo non prendono mai vita, per non parlare dei dialoghi non incisivi e dell’intreccio giallo che non decolla mai: tutti questi elementi concorrono a rendere la lettura estremamente piatta (per non dire irritante) e a far scemare l’interesse nell’arco di poche pagine. Neppure il traffico criminoso gestito dai malviventi nel chiostro della chiesa di Santo Stefano e l’incontro con l’oscuro Lazaro Corner (ornato da una bella cicatrice sulla guancia, come ogni cattivo che si rispetti) scuotono più di tanto. Certi particolari, poi, come quello di Leonora che gira per Palazzo Ducale e viene fatta passare dalle guardie semplicemente perché esibisce l’anello dogale destinato allo Sposalizio del Mare, sono altamente improbabili e peccano di una certa faciloneria. Da segnalare il fatto che il volume è corredato di una cartina che riporta i luoghi della città in cui si svolgono i fatti: peccato si tratti di una tristissima mappa di oggi, con tanto di Piazzale Roma e Stazione Ferroviaria Santa Lucia. Un’altra occasione persa che non fa che acuire il senso di rammarico!