lunedì 4 aprile 2011

Neil Gaiman - Stardust

Nell’Inghilterra vittoriana, il villaggio di Wall è separato dalla terra di Fairie da un muro con un buco custodito a turno da due abitanti. Tristram Thorn, giovane garzone, si innamora della bella Victoria Forester e, per conquistarla (dal momento che lei non se lo fila di striscio), le promette di conquistare per lei una stella cadente («Ogni amante è un folle nel cuore e un menestrello nella mente», spiega lui per motivare il suo gesto). Quindi, attraversa il muro a est del villaggio e si avventura nel bosco dove ogni nove anni si raccoglie un incredibile mercato di oggetti magici (unica occasione concessa agli umani per inoltrarsi nel mondo di Faerie). Tristram non sa di essere stato concepito proprio lì da suo padre e da una bellissima fata dagli occhi viola prigioniera dell’incantesimo di una strega, e soprattutto che la stella che sta cercando è in realtà una fanciulla luminosa, Yvaine, perseguitata dalla crudele strega-regina a caccia del suo cuore, in grado di assicurare a lei e alle sue due sorelle la giovinezza perduta; nel frattempo, nella reggia di Stormhold i malvagi figli del morente re (Signore di Stormhold e Signore degli Alti Dirupi) si fanno fuori a vicenda per la successione al trono. Tutta la storia è il ritorno a Wall di Tristram e Yvaine, delle loro iniziali schermaglie e del loro progressivo innamoramento, sfuggendo alle insidie che si parano loro davanti lungo il cammino e che fanno scoprire a Tristram che non sempre ciò che si crede di volere è ciò che realmente si desidera ottenere. Una fiaba per adulti dalla  complessità fantasmagorica e dalla fantasia traboccante, frutto della genialità di Neil Gaiman e purtroppo monca, nell’edizione italiana, delle illustrazioni di Charles Vess (cosa grave dal momento che è stata concepita proprio come opera illustrata). Con il consueto humour britannico e senza mai prendersi troppo sul serio, l’autore sfodera tutta la sua verve creativa regalandoci una favola appassionante che è anche una riflessione su come crescere comporti sempre portarsi dietro qualcosa (Yvaine si rompe una gamba cadendo dal cielo e continua per sempre a zoppicare, Tristram si ustiona una mano nel fuoco) e sulla forza positiva dell’amore contro la cupidigia (alla strega che le rinfaccia di aver donato invano il suo cuore a un uomo che ne farà inevitabilmente cattivo uso, Yvaine è capace di restare ferma nel suo proposito); ma è bellissimo anche il particolare della profezia sulla fine del potere delle streghe, che lega tutti i protagonisti con una sottile linea del destino che ne fa incrociare i cammini e che, allo stesso tempo, lega le vicende del mondo umano a quelle del mondo fantastico (insomma, il villaggio di Wall non è un semplice espediente narrativo). Gaiman accumula personaggi e particolari straordinari (il capitano Alberic e la sua nave volante a caccia di saette nei cieli, il coro tragico dei fratelli condannati a una condizione di fantasmi senza libertà, la stella che passa le notti ammirando e rimpiangendo la volta celeste), ma spesso questi elementi rimangono solo abbozzati e non vengono sviluppati, quasi come se volessero essere semplicemente un incentivo alla fantasia più sfrenata e meri espedienti per risolvere determinate situazioni (valga per tutti l’esempio dell’ometto peloso che fornisce a Tristram la candela di Babilonia con cui viaggiare velocemente e gli serve per capire che lui proviene da Faerie), tanto che si ricava l’impressione che tutto questo genio sia sprecato per sole 250 pagine e che l’autore, volendo, avrebbe potuto fare molto di più (è esorbitante la quantità di eventi e trovate in relazione alla lunghezza del libro). Altri, al suo posto, ci avrebbero scritto una saga interminabile. Chiaro che, con queste premesse, la sceneggiatura dell’omonimo film di qualche anno fa (bellissimo, lo consiglio a tutti) dovesse prendersi la licenza di intervenire pesantemente sotto tutti i punti di vista, mantenendone però intatto lo spirito di fondo.

Nessun commento:

Posta un commento