domenica 4 settembre 2011

Andrzej Sapkowski - Il guardiano degli innocenti

È sempre difficile parlare delle opere letterarie usate come base per lo sviluppo di videogiochi, nella fattispecie questa dello scrittore polacco Sapkowski dalla quale è stata sviluppata la fortunata serie The Witcher (giunta al secondo capitolo). Nonostante mi sia accostato alla lettura di questo volume (tra l’altro pessimamente servito da una copertina del tutto inadatta e più indicata a un manga) pieno di scetticismo a causa di alcune recensioni piuttosto negative (per tacere di quello che lo dipingevano come indecente e senza capo né coda), devo dare atto al povero Sapkowski di aver realizzato un’opera con molti punti a suo favore, innovativa e stimolante. A partire innanzitutto dal personaggio principale, Geralt di Rivia, uno strigo con tanto di emblema (un medaglione tondo raffigurante una testa di lupo che digrigna i denti) e due spade (una d’acciaio, forgiata con materiale meteorico, e una d’argento, studiata per essere utilizzata contro creature mutate), un assassino addestrato fin da piccolo al combattimento, alla magia e all’alchimia che dedica la propria vita alla caccia e all’uccisione dei terribili mostri che infestano il mondo e al salvataggio di vittime di incantesimi e magie. La struttura dell’opera è quella della successione di racconti, inframmezzati da una cornice che si svolge nel presente e che vede il nostro eroe aggirarsi per un monastero di sacerdotesse e fronteggiare le angherie di un prepotente nobilastro: il mondo nel quale Geralt si muove, così come la spiegazione della sua personalità e della sua storia, avviene un po’ alla volta, attraverso elementi sparsi qua e là. Veniamo così coinvolti nel suo destino di emarginato dal momento che, al di là delle sue mansioni di sicario, viene considerato poco più che un reietto, un vagabondo pericoloso e sgradito, portatore di guai e spessi accompagnato da un alone di superstizione e razzismo che lo costringe a spostarsi di continuo, di reame in reame, alla continua ricerca di incarichi che gli permettano di sopravvivere. Tanto più che, nel vasto mondo, non tutti i mostri sono sgraditi (memorabile il caso del troll che presidia un ponte chiedendo un pedaggio per l’attraversamento: nessuno della cittadinanza intende mandarlo via per paura di doversi poi sobbarcare i costi dei manutenzione del ponte). Nel primo racconto, Lo strigo, Geralt si trova a spezzare l’incantesimo che ha tramutato in un mostro zannuto la figlia incestuosa del re di Wyzima. In Un briciolo di verità aiuta un uomo trasformato in una bestia dotata di poteri magici che vive in un castello che per molti versi ricalca la vicenda della Bella e la Bestia (solo che qui la Bestia è succube di una vampira). Il male minore vede il nostro eroe destreggiarsi nella mortale rivalità tra un mago e una principessa mutante, nell’impossibile tentativo di salvare un paese da una strage. In Una questione di prezzo, Geralt finisce nella reggia di una piacente regina che pensa di poter comprare i suoi servigi a sostengo della sua politica matrimoniale, finché nel castello (popolato di signorotti gretti e volgari) irrompe un misterioso cavaliere vittima di un sortilegio che lo costringe a celare il volto fino alla mezzanotte, il quale avanza pretese sulla mano della principessa per aver salvato la vita del padre molti anni prima. Ne Il confine del mondo, in compagnia dell’amico trovatore Ranuncolo, lo strigo viene ingaggiato per liberare la zona da un demone caprino (parecchio scorretto ma in fondo dal cuore d’oro) ma si imbatte in una strana fanciulla profetessa e, soprattutto, in una banda di elfi ben intenzionati a vendicare sulla pelle dello strigo i soprusi subiti dalla loro razza. L’ultimo desiderio, infine, vede Ranuncolo imbattersi in quello che, apparentemente, è un genio chiuso in una bottiglia ma che, in realtà, è un mostro che gli paralizza le corde vocali: Geralt si mette in contatto con una strega che accetta di aiutarlo ma poi dimostra ben altri scopi (impadronirsi della mente di Geralt per vendicarsi dei suoi nemici in città e entrare in controllo del genio). Uno degli aspetti più interessanti è che i racconti appaiono classici e originali al tempo stesso, anche se lo stile può sembrare più cinematografico che narrativo, con molti dialoghi e descrizioni minimali come in una sceneggiatura, sebbene molto spazio venga dedicato agli scontri e alle raffinate tecniche di combattimento dello strigo. La tensione è spesso smorzato dall’umorismo caustico del protagonista, da un diffuso cinismo e da una diffusa procacità del gentil sesso, mentre molteplici sono i riferimenti al mondo delle fiabe.

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