
Personaggio
di una celebre e titolata serie a fumetti scritta da Neil Gaiman per la
leggendaria DC Comics nella prima metà degli anni Novanta per 75 numeri
complessivi (e ora 10 volumi di graphic
novel) e dedicata al signore dei sogni, Sandman
è un fenomeno di culto che si è avvalso del contributo di diversi disegnatori ed è stato capace di
vendere oltre 12 milioni di copie in tutto il mondo, nonostante inizialmente
fosse stato programmata come miniserie. È meglio precisare che questa in mia
possesso è l’edizione uscita con I
classici del fumetto di Repubblica, quindi una selezione antologica
contenente gli episodi de Le Terre del
Sogno e de La stagione delle nebbie,
buon punto di partenza per chi intende addentrarsi nel complicato mondo dei
fumetti senza averne grande dimestichezza (in questo caso le pagine sono a colori, non in bianco e nero come nelle edizioni Oscar Mondadori). Le
Terre del Sogno è la più classica delle raccolte di quattro storie brevi, nelle
quali Sogno ha un ruolo defilato, a volte di anfitrione, a volte di burattinaio
che manovra dietro le quinte. Un personaggio strano e ambiguo, che fisicamente sembra
il cantante del gruppo rock dei Cure e dall’abbigliamento dark, così potente
che non ha neppure la necessità di apparire per far sentire la propria
presenza, che scompare per introdurre un’altra storia, poi tornare e scomparire
di nuovo, trasportandoci in un altrove di sogno ogni volta diverso, in
situazioni che non hanno bisogno della realtà per essere vere, tra mito e
realtà, tra passato e presente, tra mondo dei vivi e mondo dei morti. La prima
storia ha come protagonista la musa Calliope che è tenuta prigioniera da uno
scrittore per essere la sua fonte d’ispirazione personale, facendolo così
diventare ricco e famoso. La seconda storia ha per protagonisti i gatti e i
loro sogni riguardanti un mondo liberato degli esseri umani e della loro
crudeltà. La terza storia, un assoluto colpo di genio, racconta della messa in
scena della commedia Sogno di una notte di mezza estate da parte dello stesso
Shakespeare per Sogno e i suoi insoliti ospiti, un pubblico composto dal vero
popolo fantastico con tanto di Oberon e Titania, in un gioco di scatole cinesi
che mescola teatro, scrittura, fumetto e immaginazione del lettore («Le cose – spiega il signore dei sogni – non devono
essere avvenute realmente per essere vere. Le storie e i sogni sono verità
rivestite d’ombra che sopravviveranno quando i nudi fatti saranno polvere,
cenere, oblio»). L’ultima
vicenda, molto particolare, ha come protagonista una donna i cui superpoteri metamorfici
rappresentano la propria dannazione e per i quali non riesce a togliersi la
vita come vorrebbe. Ne La stagione delle
nebbie, invece, dopo un confronto con gli altri bizzarri membri della sua
famiglia (primo tra tutti Destino, vero orchestratore della vicenda, seguito da
Distruzione, Morte e Desiderio), Sogno è protagonista di una spaventosa discesa
all’inferno per salvare Nada, una donna con cui ha vissuto una storia d’amore e
che egli ha condannato da diecimila anni a essere relegata alla dannazione
eterna. Giunto lì, scopre che l’inferno è vuoto, sia dei demoni sia delle anime
dannate, e che Lucifero è stanco di essere il diavolo per dedicarsi a una vita
da privato cittadino, consegnando a Sogno le chiavi dell’inferno e di
conseguenza la sua proprietà. Naturalmente, tutti gli altri dei delle più
svariate mitologie si dimostrano subito molto interessati a reclamare l’inferno
(definito «il più
ambito tra i beni immobili metafisici») e
così Sogno decide di invitare nel suo reame tutti i possibili candidati,
trovandosi a doversi districare in una ragnatela di minacce, promesse e
menzogne da parte di un gran numero di divinità: i vichinghi Odino, Thor e
Loki, gli egizi Anubi e Bast, il giapponese Susano-o-no-Mikoto, il demone
Azazel, Kilkderkin in rappresentanza del principio dell’Ordine, Tremula della
Brigata dei Matti in rappresentanza del principio del Caos, oltre ai due angeli
Remiel e Duma inviati dal Creatore. La vicenda (che ha una sorta di intermezzo
con la storia di Charles Rowland, un ragazzo il cui destino è sospeso tra la
vita e la morte) è veramente pirotecnica e dimostra tutto il genio di Gaiman,
tra suggestioni filosofiche e letterarie di varia natura (Dante e Milton, quest’ultimo
citato anche da Lucifero), con un occhio di riguardo per la dissacrazione e l’umorismo
proprio come in American Gods (il dio
Thor che, ubriaco, importuna la dea Bast e le dice: «Vuoi
giocare col mio martello, micetta? Si chiama Mjolnir, se lo strofini si
ingrossa!»). è però bellissimo il laboratorio dell’aiutante di Sogno che
custodisce una libreria di romanzi mai scritti dai loro autori se non nei loro
sogni, in compagnia del corvo parlante Matthew che, oltre al classico «Mai più!»
dice di fare come Peter Lorre in un film di Corman. Sicuramente, però, rischio
di fare un torto a quella che appare come un’opera eccezionale, che per essere
apprezzata fino in fondo andrebbe letta nella sua interezza.