lunedì 17 giugno 2013

J.R.R. Tolkien - Immagini

Compendio irrinunciabile all’opera tolkieniana, Immagini è un libro fantastico che riunisce, in 48 tavole di grande formato, le illustrazioni (spesso ad acquerello) disegnate di proprio pugno da Tolkien nel corso della sua vita per una più chiara visione della Terra di Mezzo, riunite in una serie di calendari dal 1973 al 1979 grazie al figlio Christopher e alla nota editrice George Allen & Unwin. Gran parte delle illustrazioni (ben 20 su 48) riguarda Lo Hobbit, romanzo pubblicato, sin dalla sua prima edizione, proprio con le illustrazioni dello scrittore e che tutti i suoi fan conoscono essendo quelle contenute nella storica edizione Adelphi, a colori o in bianco e nero: molte di esse sono anzi state colorate appositamente dal pittore H.E. Riddett, visto che in origine solo cinque illustrazioni erano state colorate da Tolkien, più uno schizzo a colori della morte di Smaug, il drago custode del tesoro che fa un’orribile fine sopra la Città del Lago in fiamme (ed è incredibile notare la cura per i dettagli che contraddistingueva Tolkien, specie nelle note di questo disegno che ricordano come il disco lunare dovesse essere ridotto a un quarto di luna dal momento che erano passati soltanto pochi giorni dal novilunio secondo il calendario di Durin). La parte forse meno conosciuta è quella che riguarda Il Signore degli Anelli, con le indicazioni sul modo in cui l’autore immaginava loghi come i Cancelli di Moria, Lothlórien, il Fosso di Helm, Orthanc, Cirith Ungol e Barad-dûr, oltre all’incredibile ricostruzione dei fogli bruciati del Libro di Mazarbul, registro degli eventi del popolo di Balin il nano che Gandalf legge quando la Compagnia dell’Anello attraversa le Miniere di Moria, scritto in rune naniche. È bene chiarire però che la vera chicca è la parte riferita al Silmarillion, con illustrazioni di Taniquetil (una rocciosa piramide stagliata sul blu stellato e su globi incandescenti, con molti punti di contatto con un quadro surrealista di Max Ernst, Gli uomini non sapranno nulla di questo), Nargothrond, Cirith Thoronath (con al centro la candida e fiabesca rocca di Gondolin), Tol Sirion e Bosco Atro o la Foresta di Fangorn, sebbene in realtà si riferisca a una scena tratta proprio dal Silmarillion (che Tolkien non pubblicò mai in vita e che ebbe una redazione lunghissima, quindi i disegni che vi si riferivano possono essere stati utilizzati in altro modo). A conclusione dell’opera, sono riportati stemmi ed emblemi araldici di stampo medievale o motivi ornamentali e disegni di tappezzeria, questi ultimi costituiti da fiori o da forme floreali stilizzate che Tolkien disegnava sulle pagine dei quotidiani mentre si divertiva a risolvere cruciverba, che dimostrano tutti come Tolkien badasse a non trascurare neppure gli aspetti più minuziosi e apparentemente privi di significato all’interno della sua opera. Certo, i disegni e le illustrazioni di Tolkien sono il risultato della mano di un illustratore dilettante, che non possono tecnicamente reggere il paragone con le opere eccezionali di artisti come Alan Lee e John Howe, ma sono ugualmente capaci di affascinare e trasportare direttamente nella Terra di Mezzo, tanto che non si può che concordare con quanto scritto alla fine della Premessa: «questo libro può essere pericolosissimo: l’attrazione incantatrice di questa o quella immagine potrebbe incatenare a tal punto l’osservatore a un dettaglio (là, in quell’angolo buio o baluginante),  a tal punto svelargli un varco, che a lui – a chiunque di noi – potrebbe accadere quel che accadde alla troppo curiosa e troppo temeraria Alice a passeggio per l’innocuo bosco presso casa sua. Trovato il varco, ci si potrebbe sprofondare e perdere nel quadro. Orrore… o meraviglia!».

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