sabato 7 marzo 2015

Andrzej Sapkowski - Il sangue degli elfi

Ormai divenuto a tutti gli effetti un fan di Sapkowski (a cui mai e poi mai sarebbe stata notorietà internazionale senza il successo dei videogiochi The Witcher ispirati alla sua opera), il sottoscritto ha affrontato il terzo volume della saga dello strigo Geralt di Rivia, Il sangue degli elfi, particolarmente importante se si pensa che si tratta del libro donato qualche anno fa dal primo ministro polacco Donald Tusk a Barack Obama in visita diplomatica, cosa incredibile specie se rapportata all’Italia (dove è impossibile immaginarsi l’esistenza di scrittori fantasy di livello e ancor meno che i loro libri vengano donati dal presidente del consiglio al presidente degli Stati Uniti). La principale novità rispetto ai due volumi precedenti è che Il sangue degli elfi non è una raccolta di racconti ma un vero e proprio romanzo, che comincia esattamente là dove finiva l’ultimo racconto della Spada del destino, con Geralt che protegge la piccola Ciri, principessa di Cintra, dall’incendio della sua patria e la porta alla fortezza diroccata di Kaer Morhen dove vivono e si addestrano gli altri strighi (chi ha giocato il prologo del videogioco The Witcher sa di cosa si sta parlando). Ritroviamo il bardo Ranuncolo, la maga Yennefer (che, dopo la loro separazione, non ha mai a che fare di persona con lo strigo) e il nano Yarpen Zigrin (già incontrato nel racconto I limiti del possibile), inoltre facciamo la conoscenza della giovane studentessa di medicina Shani (con cui Geralt, neanche a dirlo, ha una relazione) e della maga Triss Merigold, che dovrebbe essere morta (Geralt ha visto la sua tomba nel racconto Qualcosa di più) e che lotta politicamente per eliminare le cause dei problemi e per questo è nel consiglio del re di Temeria: amica di Yennefer ma amante occasionale di Geralt, è lei a scoprire che Ciri ha dei poteri magici. La bambina, che ha anche sangue elfico, viene affidata all’educazione di Yennefer (con cui ha un rapporto burrascoso), ma è oggetto di desiderio (per usarla o per ucciderla) di molte persone, e infatti sulle sue tracce c’è un misterioso e pericoloso mago, Rience. C’è poi un intricatissimo sfondo politico all’intera vicenda, con i regni del nord sotto la minaccia di un’invasione dell’ostile impero meridionale di Nilfgaard (in un capitolo c’è perfino un incontro segreto tra i sovrani), che si ricollega esattamente dove si era interrotto l’ultimo racconto de La spada del destino, con la battaglia di Sodden. Ovviamente, torna lo sterminato bestiario influenzato dalla mitologia slava di Sapkowski (Geralt si trova a difendere un’imbarcazione dall’assalto di uno spaventoso mostro acquatico), l’azzeramento della discrimine tra bene e male (esistono solo personaggi che perseguono esclusivamente i loro interessi, spesso in maniera subdola e imperscrutabile), il ruolo ambiguo della magia (i maghi sono mossi da diverse ragioni, e la stessa Yennefer insegna a Ciri che la magia ha diverse valenze a seconda di chi la utilizza) e il ragionamento sulla sterilità che contraddistingue strighi e maghe (Geralt e Yennefer); inoltre, chi ha giocato ai due The Witcher potrà apprezzare alcuni particolari già noti (lo strigo Lambert che chiama Triss solo per cognome, la maga Filippa Eilhart che si trasforma in una civetta). Quello che può però stupire maggiormente è il fatto che Geralt è solo uno dei personaggi principali dell’opera, non il fulcro della vicenda, che ruota invece intorno a Ciri (anzi, il romanzo è soprattutto il racconto della sua iniziazione alla crescita), e anche il punto di vista cambia spesso, con alcuni espedienti narrativi davvero convincenti (per esempio, l’assedio di Cintra raccontato da Ranuncolo nel corso di una ballata o attraverso i sogni di Ciri). Il messaggio antirazzista è sempre ben presente («L’intolleranza e la superstizione sono sempre state prerogativa della parte più stupida del volgo e credo che non saranno mai estirpate, perché sono eterne quanto la stupidità stessa. Là dove oggi torreggiano le montagne un giorno ci saranno i mari, là dove oggi si agitano i mari un giorno ci sarà il deserto. Ma la stupidità rimarrà stupidità»), in un mondo dominato dai pogrom, dall’intolleranza e dalla paura del diverso: uomini ed elfi vivono in perenne tensione, con gli uomini che vivono in città costruite sugli antichi insediamenti elfici e accusano questi ultimi di aver guastato il loro sangue con le unioni miste e addirittura sostengono che i nemici nilfgaardiani sono di sangue elfico, oppure che le bande di Skoia’tael lavorino per Nilfgaard e che l’unica soluzione è uccidere tutti, nonostante la maggior parte della popolazione elfica non li appoggi («Prendere tutti per la collottola e gettarli nelle miniere, nei campi chiusi, nelle cave di pietra. Tutti. Anche gli innocenti. Anche le donne e i bambini»); di contro gli Skoia’tael, che hanno preso le armi e si sono dati alla macchia per la libertà degli elfi, non sono altro che terroristi. In questo scenario si muove Geralt, sempre restio a prendere qualsiasi posizione nelle vicende politiche quotidiane e convinto a dover difendere la sua neutralità, e che per questo spiega a Ciri (la quale invece vorrebbe difendere entusiasticamente i “buoni”) che rimanere neutrali non significa silenziare le emozioni ma solo l’odio. Il tono generale dell’opera è quindi molto più cupo e serioso rispetto ai racconti contenuti nei due volumi precedenti: le tematiche e il linguaggio sono assolutamente espliciti, ma senza quei rimandi dissacratori al mondo delle fiabe classiche che avevano costituito uno dei tratti maggiormente distintivi dell’autore (e che avevano disturbato qualche lettore). Sembra che Sapkowski, ormai divenuto completamente padrone della materia narrata, abbia avuto intenzione di riprendere tutti gli elementi disseminati nel corso dei racconti per dare inizio a una storia molto più lunga e complessa, che necessiterà di altri episodi per essere sviscerata compiutamente (sensazione acuita dal finale aperto che non risolve per nulla la situazione di Ciri). Ancora una volta, nel libro manca una mappa (anche se a un certo punto Ciri ne studia una): per districarsi all’interno delle complesse vicende del mondo è necessario cercare quella realizzata per i videogiochi (la si trova tranquillamente su internet).

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