martedì 10 ottobre 2017

Carlton Mellick III - Apeshit - Pazzi furiosi

Non avevo mai affrontato un racconto di Carlton Mellick III, re della bizzarro fiction, genere «qualche volta surreale, qualche volta avant-garde, qualche volta sciocco, qualche volta sanguinario, qualche volta al limite della pornografia e sempre fuori di testa» (dall’introduzione di Chiara Gamberetta). Non sapevo neanche cosa aspettarmi, ma ho dato credito alla collana Vaporteppa, di cui avevo già letto Gli dei di Mosca di Michael Swanwick e che mi era piaciuto moltissimo; nel caso di Apeshit – Pazzi furiosi siamo in un altro territorio, assolutamente spiazzante. Ci pensa lo stesso Mellick a presentare il suo racconto, omaggio dichiarato ai film horror a basso budget (e più volte nel testo ci sono riferimento “meta” al genere). Sentite un po’ cosa dice nella sua nota introduttiva al testo: «Il mio cliché preferito è quello del gruppo di adolescenti in un bosco che vengono uccisi uno alla volta per un motivo o per l’altro. Volevo fare una cosa del genere, ma con un piccolo colpo di scena. Sai, come quando si scopre che il killer sovrannaturale nella foresta non muore perché invece degli organi interni ha un mucchio di würstel fritti, e l’unico modo per ucciderlo è mangiarli tutti, ma nessuno dei personaggi ha molta fame perché hanno appena mangiato dei sandwich, così devono tornare in città e trovare qualche ciccione che possa mangiare würstel fritti al posto loro. Ovviamente non sarà semplice come sembra, perché il killer ha questo strano taglio di capelli che sembra un mullet, ma che è anche una sega elettrica. Cioè un Chainsaw Mullet, che sarebbe anche il titolo del film, e l’arma con cui tutti i personaggi verrebbero uccisi in modo orribile ma interessante». E questa è solo un’idea alla quale non è stato dato seguito, giusto per dire quanto Mellick ci sta con la testa. Il nostro riprende lo stereotipo dei liceali americani, vittime designate di ogni horror che si rispetti, che partono per spassarsela in un weekend a base di alcol e sesso in una casa nel bosco che è stata ereditata da uno di loro. Lungo la strada, la prima stranezza: i nostri si imbattono in una lunga striscia di carcasse di animali, fenomeno incomprensibile che però è fondamentale (e anche il meno bizzarro!) per capire il prosieguo della storia, visto che il mistero del bosco dipende del tutto da esso. Anche la struttura narrativa è ricavata da un film di genere, con l’obiettivo che cambia da personaggio a personaggio, e così impariamo a conoscere i ragazziDesdemona, completamente tatuata di farfalle, ha la cresta colorata e si vuole sposare con due ragazzi che, oltre a stare con lei, sono anche amanti tra di loro, Kevin e Rick; quest’ultimo si è fatto addirittura l’operazione per avere una vagina al posto del pene («Questo è quello che sono davvero. Dentro di me, sono sempre stato un uomo con la vagina»). La sua amica Crystal, cheerleader, si eccita vedendo foto di asiatiche nude che stanno abortendo e si masturba con un dildo a forma di braccio di neonato. Un’altra, Stephanie, è abusata sessualmente dal fratello che l’ha messa incinta e che la obbliga a fellatio con l’aggiunta di formiche; inoltre nasconde un segreto, quello di essere una delle tre donne nate con la vagina dentata in tutti gli Stati Uniti, ma deve aspettare i 18 anni per rimuoverli chirurgicamente (perché la madre, cristiana evangelica e quindi fanatica, le dice: «Dio ti ha fatto in questo modo per un motivo»). Insomma, è una follia totale, soprattutto se consideriamo la storia del killer psicopatico con le mani di aragosta e le braccia e le gambe del feto abortito di suo fratello siamese che gli spuntano dalla testa con un’altra piccola testa sopra. A parte la propensione a porsi nei confronti del sesso con la stessa naturalezza con cui affrontano i loro movimenti intestinali, i personaggi sono comunque attraversati anche da problemi più umani, come le gelosie tra amici, il restare incinte, l’essere sieropositivi, i problemi con i genitori che sono sordi ai problemi dei figli o li obbligano a esperienze traumatiche per imparare a non avere paura. In breve la trama deflagra e Mellick abbonda di particolari splatter e gore a base di mostri deformi, mutilazioni, impalamenti, sevizie e budella arrotolate, con una scrittura semplice e diretta, senza fronzoli ma tanto sangue, e l’azzeramento della distanza che separa uomini e mostri. Il bizzarro non è fine a se stesso ma è sempre funzionale e coerente all’interno della storia e dell’universo di riferimento, come tra l’altro spiega la fantastica introduzione alla bizzarro fiction di Chiara Gamberetta che presenta questo genere in maniera seria e competente e ne rivendica la dignità: gli autori di bizzarro non vogliono fare avanguardia o filosofia sostenendo chissà quali astrusi significati, magari collegati ai problemi che affliggono il mondo oggi, ma raccontare delle storie in modo diverso e originale. Non è roba per tutti, comunque, quindi attenzione!

1 commento:

  1. Mi chiedo spesso se Mellick sarebbe così altamente quotato se sostituisse il sesso delle sue novelle con un altro elemento (il mangiare, ad esempio). A volte se rimuovi l'elemento gore/sesso scandalistico in alcune sue storie non rimane molto. Resta però un autore formidabile, specie per la quantità di roba che scrive mantenendo sempre costante l'attenzione per il lettore. Solo trovo che dia il meglio quando c'è una situazione da "bizarro" che viene esplorata nelle sue conseguenze più estreme (come ne La Vagina infestata - Vaporteppa 8)

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