domenica 21 ottobre 2018

Gail Honeyman - Eleanor Oliphant sta benissimo

Un’altra protagonista disturbata dopo Sharp Objects, dev’essere proprio il periodo. Questa volta non è un thriller ma una commedia femminile, Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman, bestseller esageratamente (o gelosamente) definito caso editoriale. La Eleanor Oliphant del titolo (io narrante del romanzo) è una trentenne di Glasgow (Scozia) dalla vita abitudinaria e metodica: lavora come contabile in un ufficio, non ha mai fatto un’assenza, parla alla sua pianta, durante la pausa pranzo fa il cruciverba sul giornale. Passa il fine settimana a bere vodka, non ha rapporti al di fuori di quelli lavorativi a parte quello con la madre che telefona ogni mercoledì sera dal carcere. È autistica? Soffre della sindrome di Asperger? Non viene chiarito ma la sua impossibilità di leggere le situazioni sociali, di cogliere il sarcasmo e di rapportarsi con gli altri (oltre al fare commenti fuori luogo) sembrerebbero suggerire di sì. È successo qualcosa nel suo passato, ma non viene spiegato cosa se non per vaghi accenni fino alla rivelazione finale: sappiamo solo che Eleanor porta con sé cicatrici fisiche e psichiche e che è scampata a un incendio. Ha anche avuto una relazione di un paio d’anni con un certo Declan che la picchiava, la tradiva e la faceva pure sentire in colpa. Le cose iniziano a cambiare quando si innamora di un cantante locale e, per conquistarlo, comincia per la prima volta a interessarsi di che cos’è il mondo al di fuori della sua casa e del suo lavoro (si compra addirittura un laptop), impara a prendersi cura di se stessa, a smettere di mettere una distanza fra sé e il mondo e a fare riflessioni su cose che tutti danno per scontate e, soprattutto, a incontrare nuove persone (lo sgraziato collega Raymond e un vecchietto al quale salvano la vita per strada) che la portano a rapportarsi con il suo passato. Insieme al suo cambiamento incominciano anche gli eventi che cambiano la sua vita, e in questo modo anche il lettore comincia ad avvicinarsi a lei e al suo modo di essere. La trama non ha grossi strappi e vive di situazioni: Eleanor che va a depilarsi, a comprarsi un vestito o a tagliarsi i capelli, con le sue elucubrazioni al riguardo, cosa che la fa sembrare una Bridget Jones con qualche problema psichiatrico in più (e già l’originale ne aveva parecchi). Sullo sfondo, c’è sempre la presenza sempre più ingombrante e pressante della madre, una che le dice senza troppe remore: «Volevo solo dirti che sei un inutile spreco di tessuto umano», oppure: «Sei cresciuta dentro di me, i tuoi denti, la tua lingua e la tua cervice sono fatti tutti con le mie cellule, i miei geni. Chissà quali sorpresine ho lasciato crescere dentro di te, quali codici ho messo in moto. Cancro al seno? Alzheimer? Devi solo aspettare e vedrai». Il romanzo è una grande riflessione sulla depressione e sulla solitudine («Ai giorni nostri la solitudine è il nuovo cancro, una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla»), oltre che sulla forza e l’importanza dell'amicizia. Forse è troppo lungo. 

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