Pur non
essendone stato travolto, ho apprezzato Canto
della pianura di Kent Haruf al punto da proseguire con Crepuscolo, secondo capitolo della Trilogia della pianura (in base alla pubblicazione originale
americana) in cui tornano alcuni personaggi del precedente romanzo ma leggibile
anche individualmente. Il titolo questa volta viene da un inno religioso cantato
durante un funerale ma l’ambientazione è sempre quella di Holt, paese
immaginario del Colorado la cui vita è caratterizzata dal lavoro e dalla fatica
ed è scandita dal lento scorrere delle stagioni. Ancora una volta, Haruf
racconta con estrema delicatezza la vita quotidiana di personaggi che entrano
in contatto fra loro: la coppia di fratelli allevatori solitari Harold e
Raymond McPheron, la cui vita è cambiata quando hanno accettato di prendersi
cura di Victoria Roubideaux, sedicenne incinta e abbandonata, che ora ha 19
anni e va all’università a Fort Collins. Ci sono poi Luther e Betty Wallace, una
coppia che vive in una roulotte e vive sulla soglia della povertà, con due
figli e una terza figlia che è già stata loro sottratta per la loro incapacità
di essere genitori: la loro posizione è messa ancora più in pericolo dalla
presenza del violento zio di lei, Hoyt. Ancora, troviamo il piccolo DJ, bambino
di undici anni che vive con il nonno ma trova un rapporto con la famiglia dei
vicini, composta da due bambine e dalla loro madre che è stata lasciata dal
marito. Infine, Rose Tyler, l’assistente sociale della contea, la cui vita si
intreccerà con quella di Raymond. La trama è appena più complessa di Canto della pianura ma la tecnica
narrativa è la stessa: ogni capitolo corrisponde a un punto di vista diverso, con
la psicologia e i sentimenti dei personaggi che non vengono descritti ma
emergono direttamente dalle loro azioni e dai loro dialoghi (sempre senza
virgolette a delimitarli sul piano formale), attraverso un lessico semplice e privo
di svolazzi, in cui ogni cosa, anche i dettagli, ha un suo peso calcolato. Tutti
i personaggi hanno un’evoluzione, come prova il personaggio di Victoria
Roubideaux che, partendo da una condizione molto difficile, ora va all’università
e trova l’amore, diventa matura e sicura di sé, trova una stabilità e diventa
motore del cambiamento di chi le sta attorno. Le tematiche affrontate non sono
sempre allegre, anzi, sono spesso molto deprimenti (la morte, la solitudine, il
degrado, la violenza), ma Haruf non perde mai la speranza, la convinzione che
si possa ricominciare dopo la chiusura di una fase della propria vita: il fatto
che i personaggi tendano a costruire dei legami e delle famiglie inattese è una
delle risposte dell’autore ai problemi dell’esistenza.
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