Autore
modernissimo e profondo, Melville è famoso come autore del monumentale Moby Dick ma anche del misterioso Bartleby, lo scrivano, racconto lungo (o
romanzo breve) incentrato su un personaggio che di professione fa il copista di
atti e documenti in uno studio legale, in un’epoca in cui non c’erano le
fotocopiatrici. Una storia di Wall Street
recita il sottotitolo, e non è un particolare secondario. L’io narrante è un
avvocato di cui non si dice mai il nome (forse per suggerirci di identificarci
con lui), una persona che, «dalla giovinezza in poi, ha maturato una
profonda convinzione: nella vita la via più facile è la migliore». Discreto,
cauto, scrupoloso e metodico, adora ricordare il nome di un suo cliente, un
magnate delle pellicce, in quanto gli evoca «un suono rotondo e sferico, tintinnante
come l’oro» (e questo suggerisce molto bene quali sono i suoi valori di riferimento). Non si sbottona mai troppo riguardo alla sua vita, è perfettamente
integrato nell’ambiente di Wall Street al punto da occupare un grigio ufficio
da cui si vedono solo muri. I suoi impiegati sono degni della meschinità umana ritratta
da Dickens: Tacchino, esuberante dopo pranzo; Pince-Nez, intemperante al
mattino ma tranquillo nel pomeriggio; il fattorino Zenzero. Sono opposti e complementari,
ma sono utili e perfettamente integrati. Poi irrompe il personaggio che dà il
titolo al racconto, Bartleby, un ottimo e
diligente lavoratore che però fin da subito ha qualcosa che disarma e sconcerta
l’avvocato. Alla richiesta di fare del lavoro extra e occuparsi di mansioni non
sue risponde «Preferirei di no»; quindi, in un crescendo, rifiuta
addirittura di fare il suo lavoro di copista e di lasciare l’ufficio, quando l’avvocato
gli annuncia il licenziamento. Il suo atteggiamento è prepotente ma mite, cioè
riesce a opporsi con la sua passività («Nulla esaspera una persona seria quanto
la resistenza passiva», annota l’avvocato). Bartleby
“preferisce di no” non solo rispetto al lavoro anche rispetto alla vita
quotidiana, tanto che non abbandona l’ufficio nemmeno la notte, smette di
mangiare e rifiuta di trasferirsi a casa dell’avvocato. Da parte sua, l’avvocato
ha l’atteggiamento di un padre indulgente (cosa che in qualche modo lo
gratifica), rinuncia a fare il suo dovere fino in fondo, si preoccupa di
Bartleby anche quando finisce in carcere e lo va a trovare per un qualche senso
di colpa; preferisce sottrarsi, stabilisce un rapporto genitoriale incompiuto con
quello che potrebbe essere considerato suo figlio, con un esito tragico e
infecondo. Per questo il racconto può essere letto come un ragionamento sull’incomunicabilità,
sulla marginalità sociale, sulla sensazione di inadeguatezza di fronte a un
lavoro che non si ferma mai, ma anche un richiamo alla coscienza con cui il
borghese non vorrebbe mai fare i conti. Tutti gli interrogativi che Melville
pone restano senza risposta, chiamando direttamente il lettore a darne una.
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