lunedì 31 dicembre 2018

Herman Melville - Bartleby, lo scrivano

Autore modernissimo e profondo, Melville è famoso come autore del monumentale Moby Dick ma anche del misterioso Bartleby, lo scrivano, racconto lungo (o romanzo breve) incentrato su un personaggio che di professione fa il copista di atti e documenti in uno studio legale, in un’epoca in cui non c’erano le fotocopiatrici. Una storia di Wall Street recita il sottotitolo, e non è un particolare secondario. L’io narrante è un avvocato di cui non si dice mai il nome (forse per suggerirci di identificarci con lui), una persona che, «dalla giovinezza in poi, ha maturato una profonda convinzione: nella vita la via più facile è la migliore». Discreto, cauto, scrupoloso e metodico, adora ricordare il nome di un suo cliente, un magnate delle pellicce, in quanto gli evoca «un suono rotondo e sferico, tintinnante come l’oro» (e questo suggerisce molto bene quali sono i suoi valori di riferimento). Non si sbottona mai troppo riguardo alla sua vita, è perfettamente integrato nell’ambiente di Wall Street al punto da occupare un grigio ufficio da cui si vedono solo muri. I suoi impiegati sono degni della meschinità umana ritratta da Dickens: Tacchino, esuberante dopo pranzo; Pince-Nez, intemperante al mattino ma tranquillo nel pomeriggio; il fattorino Zenzero. Sono opposti e complementari, ma sono utili e perfettamente integrati. Poi irrompe il personaggio che dà il titolo al racconto, Bartleby, un ottimo e diligente lavoratore che però fin da subito ha qualcosa che disarma e sconcerta l’avvocato. Alla richiesta di fare del lavoro extra e occuparsi di mansioni non sue risponde «Preferirei di no»; quindi, in un crescendo, rifiuta addirittura di fare il suo lavoro di copista e di lasciare l’ufficio, quando l’avvocato gli annuncia il licenziamento. Il suo atteggiamento è prepotente ma mite, cioè riesce a opporsi con la sua passività («Nulla esaspera una persona seria quanto la resistenza passiva», annota l’avvocato). Bartleby “preferisce di no” non solo rispetto al lavoro anche rispetto alla vita quotidiana, tanto che non abbandona l’ufficio nemmeno la notte, smette di mangiare e rifiuta di trasferirsi a casa dell’avvocato. Da parte sua, l’avvocato ha l’atteggiamento di un padre indulgente (cosa che in qualche modo lo gratifica), rinuncia a fare il suo dovere fino in fondo, si preoccupa di Bartleby anche quando finisce in carcere e lo va a trovare per un qualche senso di colpa; preferisce sottrarsi, stabilisce un rapporto genitoriale incompiuto con quello che potrebbe essere considerato suo figlio, con un esito tragico e infecondo. Per questo il racconto può essere letto come un ragionamento sull’incomunicabilità, sulla marginalità sociale, sulla sensazione di inadeguatezza di fronte a un lavoro che non si ferma mai, ma anche un richiamo alla coscienza con cui il borghese non vorrebbe mai fare i conti. Tutti gli interrogativi che Melville pone restano senza risposta, chiamando direttamente il lettore a darne una.

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