domenica 10 marzo 2019

Robert E. Howard, Jean-David Morvan, Pierre Alary - La regina della Costa Nera

L’Era hyboriana rivive nella serie di fumetti francese dedicata alla figura dell’immortale creazione di Robert Howard, Conan di Cimmeria o Conan il Barbaro, e a uno dei suoi racconti più celebri, La regina della Costa Nera. Ogni racconto dei dodici previsti è leggibile e godibile indipendentemente, senza bisogno di essere integrato in una storia più vasta, perché, come spiega in appendice Patrice Louinet (co-direttore della Fondazione Robert E. Howard e curatore del progetto), l’immagine di Conan che sale uno dopo l’altro gli scalini che lo conducono al potere fino a diventare re è stata creata da altri, non da Howard. Se il cimmero in certe storie è diventato monarca di uno dei regni hyboriani, è perché ha colto l’occasione che gli si è presentata, non in seguito a un intenzionale progetto di fare carriera come parvenu del suo mondo («Mi chiamo Conan. Sono un cimmero. E ho lavorato per così tanta gente che non ricordo tutti i loro nomi. C’è anche chi dice che sono stato un re. Ma se è vero, devo essermelo dimenticato. Probabilmente ero troppo ubriaco»). Conan vive nel momento e per il momento presente, senza alcun passato e alcuna ambizione, tanto che lui stesso dichiara: «Non mi interessa sapere cosa c’è dopo la morte. […] Non lo so e non m’importa. Mi basta vivere la vita intensamente. Gustare il sapore delle carni rosse e l’ebbrezza del vino frizzante sul mio palato… Finché posso godere del tocco ardente delle braccia di alabastro, esultare nella follia della battaglia quando le lame azzurre si infiammano e si tingono di rosso, io sono appagato! Lascio ai sapienti, ai sacerdoti e ai filosofi il compito di meditare sui dilemmi della realtà e dell’illusione. Io so solo una cosa… se la vita è una chimera, allora lo sono anch’io. Quindi, l’illusione per me è reale. Io vivo, ardo di vita, amo e uccido, e questo mi basta». Inoltre, ogni racconto prevede uno sceneggiatore e un disegnatore diverso (in questo caso si tratta di Jean-David Morvan per i testi e Pierre Alary per i disegni), in modo da offrire visioni piuttosto diverse e personali del celeberrimo eroe, molto distante da quelli immortalati da Frank Frazetta o da John Buscema che hanno forgiato il nostro immaginario collettivo. Dal ritmo incalzante e scorrevole, La regina della Costa Nera narra l’approdo di Conan a bordo del mercantile Argus e l’incontro con Bêlit, la comandante della nave Tigre, i cui feroci corsari neri hanno fatto di lei l’indiscussa Regina della Costa Nera. Il cimmero conquista sia la donna sia la partecipazione ai suoi cruenti commerci, razziando la costa con lei finché la sorte non li conduce, lungo il fiume nero, nella città perduta di un’antica razza alata. Nello stile tipico dell’autore, il racconto combina avventura, esotismo e orrore soprannaturale, e proprio a questo riguardo emergono le peculiarità dell’eroe howardiano: mentre Lovecraft si sofferma sempre morbosamente sull’orlo dell’abisso e segue l’inevitabile distruzione dell’individuo e della realtà che noi conosciamo, Howard fa di Conan il baluardo estremo contro l’annientamento, facendogli sistematicamente abbattere i nemici che gli si parano davanti e lasciandolo unico superstite di quanto avvenuto. È interessante anche notare che la creatura alata che infesta la città è incatenata alle rovine di pietra della sua città proprio a causa dei popoli civilizzati, cosa che si inserisce nello scontro fra cultura e natura che permea l’opera di Howard: Conan è sotto tutti i punti di vista un selvaggio e vive come tale, ma allo stesso tempo aspira a integrarsi nel mondo della cultura, che è corrotta, decadente e traditrice, e quindi ne subisce il fascino. La cultura attrae e respinge il cimmero (disagio che riflette quello che lo stesso Howard provava nei confronti di un mondo di cui si sentiva prigioniero), e ogni storia rappresenta un esito di questo rapporto mai risolto tra l’essere integrato e respinto. In questo racconto, Conan è di fatto un ribelle, come lui stesso spiega all’inizio: «Un giudice mi ha chiesto dove si nascondeva il mercenario. Gli ho risposto che era un amico e che non l’avrei mai tradito. Invece di trovare ammirevole la mia risposta, il giudice si è infuriato e ha iniziato un gran discorso sul fatto che avevo dei doveri verso lo stato, la società e altre cose di cui non ho capito niente. Più parlava e più urlava… Avevo spiegato chiaramente a quell’idiota la mia posizione, ma lui faceva finta di non capire. Allora mi sono infuriato anch’io… ho sfoderato la spada e ho mozzato la testa di quel giudice». L’adattamento insiste molto dal punto di vista grafico sull’intenso rapporto carnale che si instaura tra Conan e Bêlit («Prendimi! Conquistami con la forza della tua passione!»), che da parte sua è una donna forte e battagliera e fa addirittura ritorno dall’oltretomba per salvargli la vita, come gli aveva promesso, «e così facendo sembra mostrare che esiste qualcosa che va oltre l’ineluttabile pessimismo del cimmero» (Louinet). Se il buongiorno si vede dal mattino, questa collana lascia veramente ben sperare, a patto che non si pensi di trovarvi il Conan di Frazetta o di Buscema.

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