
Era
metà ottobre quando ho letto La prima
moglie e altre cianfrusaglie e, neanche il tempo di posare il libro (o
meglio, il Kindle), ho appreso della scomparsa di Arto Paasilinna. Ci sono rimasto davvero male,
avendo maturato per questo scrittore un’autentica venerazione. La sua simpatia,
il suo umorismo, la sua follia e soprattutto la sua grande scrittura mi hanno
conquistato, e senza di lui il mondo è un luogo più triste. Il miglior modo per
ricordarlo è leggere questo Il migliore
amico dell’orso, geniale favola sul reciproco ammaestramento ai valori
della vita tra un pastore protestante e un orso. Sembrerebbe una banalità animalista ed ecologista, ma non lo è affatto. Il pastore protestante in questione è Oskari
Huuskonen, uno stramboide fedifrago, ubriacone e insofferente alla gerarchia,
a cui viene regalato un cucciolo di orso per il giorno del suo cinquantesimo
compleanno da parte dei suoi parrocchiani con la segreta speranza che,
crescendo, l’animale si mangi lui e l’insopportabile moglie. L’altra speranza è
risparmiare sulla colletta, visto che l’orso è un trovatello essendogli morta
la madre arrostita su di un traliccio dopo avere divorato un pranzo di nozze e
aver azzannato la sua organizzatrice che, per sfuggire all’animale, si era
rifugiata sui fili dell’alta tensione. L’orso, chiamato Satanasso per
l’espressione pronunciata dalla moglie per lo stupore, fa deflagrare
l’equilibro di vita di Oskari, già in crisi con la sua fede e il suo
matrimonio: il pastore infatti si mette a praticare il lancio del giavellotto
in verticale da dentro un pozzo e trafigge il suo vescovo, si lascia andare a
riflessioni su Gesù come rivoluzionario bolscevico, ammette la sua realtà di
peccatori nei sermoni. Inoltre, partecipa a un progetto dell’università e
allestisce una tana per il letargo dell’orso nel giardino di una vicina e lì si
apparta con l’amante, l’affascinante etologa Sonja. Credendo di ricevere messaggi
divini da una comunità aliena per la realizzazione di un sincretismo senza
dogmi fra tutte le religioni del mondo, Oskari decide di intraprendere insieme
all’orso un viaggio che lo porterà in giro per l’Europa, dal Mar Baltico al Mediterraneo,
passando per il Mar Nero, occasione per contrattempi inaspettati (la rissa al
concilio interconfessionale tra sacerdoti, pastori, rabbini e mullah) e incontri
bizzarri con personaggi matti ed eccentrici (il venditore di saune finlandesi
nel Mediterraneo!), il tutto all’insegna dell’iconoclastia e del grottesco in
perfetto stile Paasilinna che getta uno sguardo ironico, beffardo e amaro sull’illogicità
e la tragicommedia della vita, sempre volto a ironizzare sulle caratteristiche negative della società finlandese (l’alcolismo, il suicidio, l'odio per la Russia). Nel frattempo l’orso
acquista una serie di competenze inattese per avvalorare le evoluzioni
spirituali del suo padrone (stira camice, porta le valige,
serve in tavola, prepara cocktail e vain bagno come un umano), fin
quasi a divenire lui stesso un compagno umano, in una sorte di educazione del buon
selvaggio con l’animale che si trasforma in (quasi) perfetto gentiluomo capace
di sbrigarsela in ogni faccenda domestica e difficoltà relazionale, perfetto
contraltare di un uomo che, nel suo risveglio animalesco dei sensi, perde
completamente il lume della ragione («Un
prete ubriaco neanche Dio può farlo tacere»). Paasilinna ci mancherà più di quanto potete immaginare.