martedì 30 luglio 2019

Joël Dicker - La scomparsa di Stephanie Mailer

Dopo l’excursus nei territori del noir rappresentato da Il libro dei Baltimore, Joël Dicker ritorna al genere che gli ha dato fama con l’idolatrato La verità sul caso Harry Quebert, il thriller, che poi è quello che tutti si aspettano da lui (e che lo segnerà per sempre). Ecco quindi che il mastodontico La scomparsa di Stephanie Mailer parte da un quadruplice omicidio (il sindaco, la sua famiglia e una donna che stava facendo jogging per la strada) avvenuto nel 1994 a Orphea, una piccola cittadina dello Stato di New York, in occasione della prima edizione del festival teatrale, e di cui il responsabile è stato identificato ma è morto nel tentativo di scappare alla polizia. Il classico caso che sembra chiuso. Nel 2014, dei due agenti responsabili delle indagini uno, Derek Scott, è già andato in pensione non essendo mai riuscito a riprendersi, l'altro, Jesse Rosenberg, sta per andarci: alla sua festa di pensionamento si presenta una giornalista, Stephanie Mailer, che rivela che il caso del 1994 ha visto incolpare la persona sbagliata. Quella stessa sera Stephanie scompare e Jessie, Derek e il vicesceriffo Anna Kanner si mettono a indagare: il caso è di nuovo aperto, anche perché i cadaveri aumentano. Ancora una volta, torna il doppio andamento temporale (presente e passato) e l’attenzione di Dicker per i piccoli centri con il loro intreccio di menzogne e verità ma, a differenza degli altri romanzi dello scrittore, che vedevano il punto di vista del suo alter ego Marcus Goldman, qui abbiamo un romanzo corale con tanti punti di vista corrispondenti ad altrettanti personaggi e a diverse storie parallele; questo rende la lettura più “costruita”, macchinosa e meno fluida; purtroppo l’inizio è davvero lento e fa fatica a decollare, poi si ha spesso la sensazione che Dicker la tiri troppo per le lunghe. Oltretutto, i capitoli vengono conclusi con dei piccoli colpi di scena che poi vengono tralasciati nel capitolo successivo (espediente assolutamente voluto), in una serie di storie che apparentemente non c’entrano niente fra loro ma che (come ovvio) alla fine sono tutte intrecciate e si configurano come perfetti tasselli dello stesso puzzle. Bisogna anche sottolineare che La scomparsa di Stephanie Mailer non è il solito thriller estivo in cui si cerca il colpevole pagina dopo pagina, perché nelle 700 pagine che lo compongono non c’è solo azione ma anche parecchia introspezione: grande attenzione è dedicata allo sviluppo umano dei personaggi e delle loro identità; anzi, a dire il vero le varie storie legate ai personaggi risultano molto più interessanti dell’indagine poliziesca alla base della trama gialla. Ci sono così tanti temi (il rapporto genitori-figli, la dipendenza dalla droga, la crisi matrimoniale, il tradimento, la malavita, la corruzione della politica, l’omosessualità, il sessismo, la violenza sulle donne, la ricerca del successo) che è impossibile che ognuno non trovi il suo personaggio preferito o quello a cui almeno affezionarsi. Tra i più riusciti, ci sono Meta Ostrovski, un tempo il critico più temuto d’America e oggi novello attore in cerca di fama; Steven Bergdorf, il direttore del giornale che tradisce la moglie con una ragazza che gli darà un sacco di problemi dal punto di vista economico; la giovane Dakota Eden, consumata dal male di vivere per un passato che vuole dimenticare; Kirk Arvey, l’ex capo della polizia che sogna, mettendo in scena il suo dramma, di riscattare una vita di frustrazioni. Inevitabilmente anche questa volta ci saranno i delusi, quelli che diranno che La verità sul caso Harry Quebert era meglio. Da parte mia, resto con i piedi per terra e mi limito a dire che Joël Dicker crea ottimi prodotti di intrattenimento con un punto di forza decisivo: scrive molto bene.

Nessun commento:

Posta un commento