lunedì 16 novembre 2020

Paolo Nardi - Leggiamo insieme Il Signore degli Anelli

 
E così, sono arrivato anche io alla fatidica pubblicazione di un libro. Non so se sia un bene, in un mondo in cui tutti scrivono e nessuno legge. Leggiamo insieme Il Signore degli Anelli esce per Fede & Cultura e vuole essere una lettura guidata, capitolo per capitolo, del capolavoro di Tolkien. Non penso sia nulla di originale e non ho la pretesa di cambiare il mondo: è solo un mio personale tributo a questo autore, oltre che a tutti quegli interpreti (e sono numerosi) che lo hanno affrontato in maniera seria. Come dice Paolo Gulisano nella Prefazione, vale ancora la pena leggere Tolkien, e mi batterò sempre per renderlo possibile al di là dei soliti steccati ideologici e di bandiera. Qui di seguito la mia Introduzione:

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Questo libro nasce dalla rilettura di Tolkien in tempo di quarantena. La mia devozione per questo autore e per la Terra di Mezzo mi ha spinto ad approfittare della chiusura forzata in casa dovuta al Covid-19 per intraprendere una specie di commento del Signore degli Anelli in una serie di video su YouTube con l’obiettivo di spingere le persone a leggerlo ma soprattutto a rileggerlo. D’altra parte, è lo stesso Gandalf a dire che “tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato”, e personalmente credo che trascorrerlo insieme a Tolkien sia un ottimo modo per farlo (ricordo che Christopher Lee, il Saruman della trilogia cinematografica di Peter Jackson, lo rileggeva integralmente ogni anno). La recente pandemia mi ha provato una volta di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, che questo romanzo rappresenta la vittoria della speranza, della perseveranza e del coraggio della gente normale di fronte all’oscurità.
L’idea di partenza era quella di fare un video per capitolo, ma più di una volta mi sono visto costretto ad accorparne due (o tre) in uno, e ho cercato di enuclearne aspetti e tematiche in modo divulgativo e spero non troppo pesante, come invito alla lettura anche per chi Tolkien non l’ha mai preso in mano, al di là dei soliti pregiudizi culturali o anche religiosi. Ora ho raccolto gli spunti dei video in questo libro che ne riprende la forma e i contenuti, capitolo per capitolo, ma li rielabora leggermente.
Per gettare benzina sul fuoco, premetto subito di essermi avvalso della nuova contestatissima traduzione di Ottavio Fatica: accusata ancora prima di uscire di lesa maestà, di alto tradimento, di cospirazione LGBT e di corruzione della gioventù, è stata rifiutata da alcuni ambienti di una certa parte politica, poco interessati a ragionare su Tolkien come “classico” e sulla possibilità di avere, dopo mezzo secolo, una traduzione finalmente in grado di rispettarne meglio lo stile, il registro e la varietà linguistica. La critica che è stata mossa a Fatica è soprattutto quella di aver voluto rendere accattivante e moderno un testo arcaico attraverso un’operazione di appropriazione culturale tipica della sinistra; in realtà tale critica non tiene conto dell’effettivo registro medio di Tolkien, che ogni tanto si innalza o si abbassa bruscamente a seconda del personaggio che sta parlando, o che si arricchisce di arcaismi e veri propri anacronismi, giocando sull’attrito che creano questi effetti. Senza contare che la nuova traduzione riesce a rispettare la trasformazione stilistica a mano a mano che il viaggio dei protagonisti procede dalla moderna Contea ai regni feudali della Terra di Mezzo.
Naturalmente ognuno è libero di contestare una nuova traduzione, a patto però di tenere conto delle specifiche del testo originale: ho cercato di dimostrare come, per esempio, Fatica sia attento ai dettagli al punto da mantenere le piccole variazioni nella canzone di viaggio di Bilbo ripresa da Frodo con le stesse parole, cosa che la vecchia traduzione non faceva.
Da parte sua l’autrice della versione “classica” del romanzo, Vittoria Alliata di Villafranca, offesa in base alla convinzione che la sua traduzione (quella sistemata da Quirino Principe) fosse l’unica letta e approvata da Tolkien (autentica fake news spacciata a mezzo internet e ripresa da alcuni quotidiani) e che quindi quella di Fatica sarebbe illegittima, ha addirittura fatto ritirare dal mercato le copie della vecchia edizione, con il risultato che l’Italia è l’unico Paese in cui per quasi un anno non si è potuto reperire completo un capolavoro del Novecento come Il Signore degli Anelli: cose che succedono, per l’appunto, solo dalle nostre parti.
Ovviamente i contenuti di questo libro riflettono la mia personale esperienza di lettore ma soprattutto la mediazione dell’apparato critico desunto dalle opere di Wu Ming 4 (Difendere la Terra di Mezzo, Il fabbro di Oxford e L’eroe imperfetto), Claudio Antonio Testi (Santi e pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien), Tom Shippey (La via per la Terra di Mezzo e Tolkien autore del secolo), Verlyn Flieger (Schegge di luce), Brian Rosebury (Tolkien: un fenomeno culturale), Paul Kocher (Il maestro della Terra di Mezzo) e John Gart (Tolkien e la Grande Guerra), che nel corso degli anni hanno irrimediabilmente modificato il mio modo di approcciarmi alla materia e l’hanno illuminata di nuova luce. Per non parlare del seminale La falce spezzata. Morte e immortalità in J.R.R. Tolkien, che ha dimostrato come anche in Italia sia possibile pubblicare saggistica tolkieniana di assoluta grandezza.
Di farina del mio sacco ce n’è pochissima, anzi, posso dire che questo libro è del tutto derivativo. Non voglio in alcun modo sostituirmi agli studi citati, che anzi sono alla base di questo lavoro, ma solo proporre una chiave di lettura per quanto possibile fedele alla visione dello stesso Tolkien. Da parte mia non troverete esaltazioni sovraniste e periferiche della Merry England medievale o applicazioni della tripartizione sociale indoeuropea teorizzata da Dumézil, cardine della lettura “di destra”, e nemmeno letture allegoriche basate sui santi e sul Magistero tridentino come spesso fanno gli apologeti cattolici. E questo, attenzione, senza negare la fede cattolica di Tolkien, che poi è anche la mia: Il Signore degli Anelli è pieno di valori cristiani e riflessioni dettate dal cattolicesimo del suo autore. Piuttosto, il fatto che le radici di Tolkien siano cattoliche non implica che il racconto si esaurisca in esse. A Tolkien non interessava scrivere narrativa a tesi né sussidi per il catechismo: blindarlo in una lettura chiusa e iniziatica, pronta da usare chiavi in mano, è quanto di più lontano ci sia dalla poetica di questo autore.
Specie se ci riferiamo a un romanzo-mondo che contiene dentro di tutto (narrativa, poesia, filosofia, etica) e parla a chiunque, da destra a sinistra, dagli atei ai credenti, dai pagani ai cristiani, dai modernisti agli antimodernisti.
Purtroppo, molte persone cercano in questo autore (e non solo in lui) degli elementi che confermino la loro visione preconcetta del mondo e non sono interessate a ragionarci sopra come narratore complesso e problematico, che sfugge dalle categorizzazioni manichee e dalle interpretazioni allegoriche. Sembra quasi che la discussione su Tolkien non debba in alcun modo essere una discussione letteraria, ma politica. Viene in mente quanto detto da Loredana Lipperini a proposito della realizzazione del ciclo della trasmissione Pantheon di Radio3 dedicato a Tolkien: da una parte moltissimi ascoltatori di sinistra sono insorti contro una trasmissione dedicata a un autore “misogino” e “fascista”, dall’altra la destra l’ha accusata di non aver applicato la par condicio su Tolkien tentando di consegnarlo alla sinistra. Più o meno le stesse cose che si dicono sulla nuova traduzione di Fatica, insomma, senza rendersi conto che, così facendo, si continua a propagare il mito che Tolkien sia un autore ingenuo e moralista, che può parlare solo a dei credenti bacchettoni o ai militanti di destra, o al massimo a un gruppo di irriducibili nerd.
Prova di questo atteggiamento è il recente saggio di Andrea Dal Lago Eroi e mostri, secondo il quale Tolkien sarebbe un autore privo di complessità morale e di filosofica, e anzi intriso di uno spirito reazionario e antimoderno, che rifiuta la modernità e i suoi problemi per rifugiarsi in un’epica passatista, escapista e per famiglie. O di “iniziazione di massa”, come scrisse qualcuno all’uscita della trilogia cinematografica di Peter Jackson. Il tutto senza parlare mai del testo, perché l’importante, appunto, è pontificarci sopra, non leggerlo.
Mi sento quindi di condividere pienamente quanto scrive Verlyn Flieger nella Prefazione di Schegge di luce a proposito dell’attualità della narrativa tolkieniana:

Perché si dovrebbe leggere Tolkien? Per ristoro e divertimento. Perché si dovrebbe prendere sul serio la sua opera, come egli stesso faceva, e cioè veramente sul serio? Perché è rigorosa, onesta e priva di compromessi. Perché affronta in modo diretto, anche se in maniera assai creativa, i due argomenti spinosi, imbarazzanti e perfino tabù che il nostro tempo tende a evitare quanto più possibile: la morte e il rapporto tra l’umanità e Dio.

Per questo Tolkien è un autore fondamentale, perché utilizza il fantastico per parlare alla nostra epoca, a noi problematici uomini del XXI secolo. La sua scrittura è qualcosa di molto più ambiguo e complesso del semplice scrivere manifesti e utopie da ideologo nostalgico del passato o sussidi per il catechismo: valga per tutti il rapporto degli Hobbit con il mondo esterno e soprattutto con la natura, la critica agli Elfi in un mondo che sta perdendo del tutto la sua elficità, o la problematicità di personaggi come Sam, forse il più positivo e addirittura l’eroe del romanzo, che blocca la trasformazione di Gollum verso il bene. Ma si pensi anche alle parole di condanna di Faramir nei confronti della guerra nonostante il romanzo trabocchi di pagine eroiche e guerriere, o ancora al ragionamento sull’estetica linguistica e la memoria dei nomi in Barbalbero, al ruolo dell’amore nelle scelte compiute dagli uomini, al rapporto tra storia e mito, morte e immortalità, libero arbitrio e coercizione. Tolkien non è mai banale, e ho cercato di sottolinearlo.
Forse non tutti però apprezzeranno: meglio trattare Tolkien come un santino, politico o religioso, e continuare a non leggerlo. Il mio invito è invece quello di leggerlo sul serio, mettendosi davanti al testo, e magari rileggerlo, anche con costanza: alla ventesima rilettura scoprirete in esso ancora qualcosa di nuovo e inesplorato.

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