
Te lo insegnano fin dalle scuole medie: la figura del cattivo, dell’antagonista, è fondamentale per la buona riuscita di una storia. Non parliamo del genere fantasy, che vive di polarità estreme (bene/male, luce/ombra, eroe/nemico). Proprio su questo riflette questo L’ombra del cattivo, antologia di saggi di vari autori ognuno dedicato a una diversa saga letteraria dell’immaginario fantastico. Come spiega al suo interno Cristina Donati, una delle autrici, «ogni trauma vincente ha bisogno di conflitti – i racconti utopici difficilmente coinvolgono il lettore – ma la Fantasy, in particolare, richiede qualcuno che incarni il conflitto stesso: il cattivo che, assieme all’Eroe, costituisce il pilastro principale della narrazione. Il Signore Oscuro, lo Stregone Pazzo, il Male Antico eccetera sono determinanti a prevaricare tutto e tutti per i propri fini, in uno scenario di lotta “luce contro tenebra” che resiste tuttora nell’ambito della narrativa di genere». Abbiamo bisogno di storie ma soprattutto di cattivi, incarnazione di tutte quelle cose che noi vogliamo combattere. Il volume in questione cerca dunque di approcciarsi alla materia trattata in maniera competente e senza snobismi di sorta, affrontando senza problemi le trasposizioni cinematografiche o televisive delle saghe trattate, come se non ci fosse problema tra cultura alta o bassa. La curatrice Marina Lenti nella prefazione ricorda il suo impegno nel cercare di «sviluppare anche in Italia, come già avviene da molto tempo nei Paesi anglofoni un dibattito accademico sul fantastico a 360°, senza i noiosi e infantili steccati di questo o quel fandom, e unicamente con l’intento di far capire al gande pubblico che non si tratta di un genere solo per bambini o per adulti rimasti eterni Peter Pan». Speriamo che qualcun altro raccolga questo invito.
Da dove cominciare, dunque, se non dalla trattazione del fantasy per antonomasia, l’opera di J.R.R. Tolkien? In fondo, come ha detto George R.R. Martin, «Il Signore degli Anelli è una montagna che si staglia su ogni altra opera fantasy scritta prima e dopo». Spetta a Paolo Gulisano analizzare le caratteristiche dei “cattivi” della Terra di Mezzo, a partire da Melkor/Morgoth per arrivare allo stregone Saruman, passando per il luogotenente di Melkor, Sauron, il Signore degli Anelli, «presenza muta» del romanzo anche se «orribile, spaventosa, inquietante», i cui progetti sono scrutati, interpretati ed espressi da altri (in primis dallo stregone Gandalf). La saga tolkieniana si presenta solo superficialmente come una lotta tra il bene e il male ma in realtà, come disse lo stesso Tolkien, prende in considerazione «principalmente la morte e l’immortalità e le scappatoie: la longevità e la memoria». Saruman, lo stregone che sceglie deliberatamente il male e volge le spalle all’ideale che aveva giurato di servire, lo fa per superbia, presunzione e brama di potere: «il Male in Tolkien, che è ben lontano […] da una visione manichea della realtà, è assenza di Bene, è l’ombra, la mancanza di luce. Mordor era stata definita la “terra nera”, dominata dall’oscurità dei colori, dove regna l’ombra tenebrosa. Tolkien usa frequentemente la parola shadow, ombra, appunto. Tuttavia né Sauron né l’ambizioso Saruman rappresentano una sorta di incarnazione del Male. Sono dei malvagi, dei traditori, ma sono solo dei suoi emissari. La loro negatività nasce dall’invidia, dalla superbia, dalla corruzione, dalla divisione. […] Non esiste un dio del Male, né tanto meno creature malvage dall’origine: il Male è sempre il risultato di una scelta precisa, di una trasformazione, e anche le creature più orrende come i Balrog e gli orchi sono la conseguenza dell’azione della malvagità su una natura altrimenti creata buona da Dio».
Chi dimostra di aver imparato la lezione di Tolkien è J.K. Rowling che nella saga di Harry Potter, come spiegato da Maria Cristina Calabrese, insegna (come dice Sirius Black) che «tutti abbiamo sia luce che oscurità entro di noi» e (come dice Albus Silente) che «non sono le nostre capacità che dimostrano chi siamo davvero, sono le nostre scelte». Qui i personaggi negativi scelgono di fare il male, talvolta in maniera spietata, finendo per essere delle semplici pedini di Voldemort, il villain per eccellenza: concepito senza amore e costretto a un’esistenza anaffettiva e arida, desideroso di potere e supremazia, vive con disagio la propria condizione di mezzosangue e questo lo porta a desiderare un mondo in cui l’accesso alla conoscenza magica sia vincolato all’appartenenza alla razza purosangue. Inoltre, Voldemort è terrorizzato dalla sua morte, uccide per proteggere la sua vita e crea gli horcrux, oggetti dentro cui nasconde frammenti della sua anima (un’idea molto tolkieniana). Il potere è anche alla base della famosissima serie delle Cronache del ghiaccio e del fuoco (da cui è stata tratta la fortunatissima serie Il trono di spade) di George R.R. Martin: Martina Frammartino descrive le dinamiche alla base di questo grande affresco politico-dinastico-guerresco che sfugge dalle classiche categorizzazioni di bene e male e presenta solo alcuni elementi fantasy come la magia e i draghi ma soprattutto intrighi per la conquista del potere sempre più raffinati e cruenti. In questo caso la minaccia vera e propria è rappresentata dagli Estranei, contro cui gli esseri umani si devono coalizzare (invece che combattersi) per sopravvivere superando le reciproche ostilità: sono infatti in grado di rianimare cadaveri, con gli esseri umani che tornano in vita come non-morti che combattono per loro.
Niente di paragonabile al calderone un po’ pasticcione delle Cronache di Narnia di C.S. Lewis, pastiche mitologico che vuole spiegare il cristianesimo ai bambini in chiave favolistica e per questo mischia figure e personaggi presi da diverse tradizioni e bestiari come fauni, ninfe, centauri, animali parlanti e addirittura Babbo Natale. Nel suo saggio Luca Fumagalli prende in esame le varie figure di cattivo presenti nella narrazione di Lewis: tutti mossi dalla sete di potere e dal desiderio satanico di non soggiacere ad alcuna autorità, questi personaggi utilizzano l’inganno, la violenza e le arti oscure per raggiungere i loro scopi. In opposizione a questa visione allegorica si colloca la saga Queste oscure materie di Philip Pullman, la cui carica anticristiana viene un po’ smorzata dall’autrice Pia Ferrara (che ricorda il parere favorevole dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams), la quale riflette invece sulla valenza antiautoritaria e antidogmatica dei libri di Pullman in senso sia politico sia religioso: da una parte la democrazia e il libero arbitrio, dall’altra la tirannia e l’oscurantismo. Il vero nemico è rappresentato dall’autoritarismo dogmatico incarnato dal misterioso Magisterium (ci cui vediamo sempre gli arti ma non percepiamo mai l’interezza) più che Lord Asriel e Marisa Coulter, che più che semplici cattivi sono personaggi complessi e con una loro evoluzione.
Il libro apre anche al fantasy più psicologico come nel caso della saga di Earthsea di Ursula LeGuin, molto particolare perché introduce il tema junghiano dell’Ombra e del Doppio (se ne occupa Chiara Nejrotti) e la saga del Mondo d’inchiostro di Cornelia Funke, in particolare il primo capitolo Cuore d’inchiostro dove l’antagonista Capricorno, volutamente anonimo e incostante, insensibile e malvagio, è accompagnato dall’Ombra, una sorta di sua coscienza e di suo doppio e il risultato di tutte le sue azioni. Luisa Paglieri dimostra che i libri della Funke non sono rivolti a un esclusivo pubblico di adolescenti ma possono essere letti anche dagli adulti perché contengono tematiche alla responsabilità delle persone e al dovere di proteggere i più deboli. Ai più piccoli invece è rivolto Spiderwick – Le Cronache che, a parte un cattivo bidimensionale e poco caratterizzato come l’orco Mulgarath (che sembra piuttosto un espediente narrativo per generare tensione), mette in luce (ne parla Marina Lenti) aspetti convincenti della scrittura di Holly Black e Tony DiTerlizzi, vale a dire i problemi esistenziali dei personaggi e l’idea del libro magico e del mondo fatato nascosto sotto i nostri occhi.
C’è spazio anche per il fantasy vorrei ma non posso dei due Terry, Goodkind e Brooks, affrontati da Cristina Donati e Paola Bruni Cartoceti. Il primo, Goodkind, autore della saga della Spada della Verità, mette in scena personaggi dalla psicologia abbastanza prevedibile, l’inevitabile magia ma soprattutto scene di sesso, violenza, stupri e tortura, con un cattivo despota e sanguinario, incantatrici e guardie del corpo sadomaso in tuta rossa; il secondo, Brooks, è il Tolkien dei poveri autore della famosa trilogia di Shannara, basata sull’idea centrale che il potere assoluto corrompa assolutamente e porti a una completa perdita di umanità. Poco interessato alla caratterizzazione psicologica dei suoi cattivi, soprattutto Brona Signore degli Inganni e il Dagda Mor, Brooks li racconta per pagine e pagine attraverso altri personaggi o direttamente lui stesso come narratore, nell’economia di una guerra eterna contro la magia oscura.
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