mercoledì 24 marzo 2021

Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre - Paul e Virginie

 
Siete alla ricerca di un bel romanzo edificante, di una storia d’amore pura e virginale come si facevano una volta? Allora Paul e Virginie potrebbe fare per voi. Scritto da Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre alla fine del Settecento e ripubblicato ora da Gondolin in un’edizione impreziosita da illustrazioni d’epoca, è ambientato in un’isola remota e incontaminata dell'Oceano Indiano, l'Île de France (Mauritius), dalle parti del Madagascar, all’epoca colonia francese. I due protagonisti, entrambi figli di madri abbandonate (una giovane vedova e l’altra abbandonata dall’uomo che l’ha messa incinta) e cresciuti dalle due donne, nel frattempo divenute grandi amiche per la comune situazione, crescono insieme nell’idillio naturalistico dell’isola fra banani, nasturzi e tatamachi, e ovviamente si amano vicendevolmente e castamente finché non intervengono gli obblighi e le convenzioni sociali dell’odiosa civiltà occidentale: Virginie, avendo una parente ricca e quindi nobile, deve andare in Francia e sposarsi, un destino cui nessuno può sottrarsi (infatti viene costretta a partire addirittura dal governatore locale). Il povero Paul, invece, che non è nobile ma è addirittura un bastardo, non ha alcuna possibilità di fortuna in Francia. Sarà proprio questo a trasformare l’idillio dei due protagonisti in dramma, portando a una tragica conclusione. Sostenitore de pensiero di Rousseau e del mito del buon selvaggio, Bernardin de Saint-Pierre è sinceramente convinto che sia possibile vivere felici e innocenti in completa comunione con la natura e circondati dalla devozione cristiana e dal classico corollario di virtù che ne deriva (grazie all’attenzione verso gli infelici, le famiglie di Paul e Virginie ottengono addirittura il rispetto dei ricchi e la confidenza dei poveri). Per questo contrappone alla classista e schiavista Francia del Settecento la perfetta eguaglianza esistente alle Mauritius, in cui i padroni sono buoni e timorati e i servitori negri sono devoti e servizievoli, e insiste con descrizioni naturalistiche piene di turgore e traboccanti di sentimenti (gli alberi, i ruscelli, i fiori, le scimmie, gli uccelli). «Non è possibile che un uomo cresciuto a contatto con la natura capisca le perversioni della società»: questo spiega il narratore della vicenda, molto scettico sulla possibilità che i due mondi possano trovare una conciliazione. La critica nei confronti dell’Ancien Regime non potrebbe essere più netta: solo i nobili possono accedere alle cariche e ai corpi scelti, i re sono mediocri e si lasciano consigliare solo da aristocratici senza valore, mentre gli uomini capaci devono chiedere la loro protezione e mettersi a disposizione delle loro ambizioni e dei loro vizi. Direi che questo è un aspetto ben più interessante del sentimentalismo melassoso e sospirante sparso a profusione sulle pagine del tragico amore di due anime disgraziate. Su Virginie che muore in odore di santità lasciandosi annegare piuttosto che togliersi il vestito per non perdere la sua virtù (con il mare che restituisce il suo corpo sepolto nella sabbia, quasi volesse «rendere l’estremo tributo al suo pudore su quelle stesse spiagge che la ragazza aveva onorato con la sua innocenza») è meglio sorvolare.

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