
Il 2021 è un tripudio di
celebrazioni per il 750° anniversario della morte di Dante Alighieri; abbiamo
da poco celebrato il Dantedì, fissato il 25 marzo nel giorno in cui il poeta avrebbe
iniziato il viaggio narrato nella Divina Commedia. Si registra un
rinnovato interesse per l’argomento e da più parti fioccano le ricorrenze che
ci mostrano statue e immagini con l’inconfondibile profilo del poeta (anche se,
da quel che diceva il suo primo biografo, Giovanni Boccaccio, e di un ritratto
custodito nella stanza del sindaco di Orvieto, Dante aveva la barba,
particolare inconcepibile in quanto “rivoluzionario”). Qualche mese fa sono
usciti il bellissimo volume di Alessandro Barbero, una biografia storica su
Dante capace di raccontare il suo tempo anche attraverso i suoi versi e le
posizioni da lui espresse nelle sue opere, e questo A riveder le stelle
di Aldo Cazzullo, una rilettura dell’Inferno dantesco che si fa
apprezzare per il taglio divulgativo. La cosa singolare è che Cazzullo è un giornalista
che si è occupato spesso di identità italiana: anche in questo caso, come si
vede dal sottotitolo “Dante il poeta che inventò l’Italia”, Cazzullo vuole
ripercorrere il viaggio nell’aldilà di Dante come un vero e proprio viaggio in
Italia, soffermandosi in tutti i luoghi che Dante cita e mettendoli in
collegamento con quello che sarebbe successo nei secoli dopo fino a oggi
(soprattutto nel Risorgimento, nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale).
Per Cazzullo l’Italia non nasce da accordi diplomatici o politici ma dall’arte,
dalla cultura e dalla bellezza, un’idea molto romantica che ne fa l’erede dell’impero
romano e della classicità (Virgilio, Ovidio, Orazio) e la terra dei papi e
della cristianità. Per questo il viaggio di Dante non è solo Paolo e Francesca,
Farinata degli Uberti, Brunetto Latini, Pier delle Vigne, il Conte Ugolino (che
comunque nel libro ci sono e vengono tutti inquadrati nel loro contesto di
riferimento), ma è anche e soprattutto un viaggio in Italia, di cui Cazzullo
mette in mostra ogni angolo: Scilla e Cariddi, l’Etna, il Golfo del Quarnaro, il
Lago di Garda, l’Arsenale di Venezia, le città della Toscana, Roma. In questo
suo viaggio Cazzullo cita di tutto, da Battiato e Venditti a Harry Potter, per
mostrare come Dante è un fenomeno pop, ancora attualissimo e citato (più o meno
consapevolmente) da tutti. Lo stesso Virgilio, che nel poema ha il ruolo di
guida, è diventato il nome di un motore di ricerca. Dante parla soprattutto di
noi: “Nel mezzo di cammin di nostra vita” indica che si rivolge non solo
all’Italia del suo tempo ma a un’Italia eterna, popolata degli stessi vizi (la
divisione, la corruzione) ma anche con virtù straordinarie. Abbracciamoci e
vogliamoci tanto bene: all’epoca siamo riusciti a superare la peste nera e
abbiamo inventato il Rinascimento, oggi riusciremo a uscire dal Covid.
Inventando l’Italia, Dante ci ha datò un’idea di noi stessi, e oltretutto ha
inventato l’italiano, come si vede dalle sue espressioni entrate nell’uso
comune come “se ne sta sola soletta”, “l’inferno non la tange”, il “bel Paese”,
essere “degno di nota”, “cosa fatta capo ha”, oltre al famosissimo “e quindi
uscimmo a riveder le stelle” che dà addirittura spunto per il titolo del
volume. Noi parliamo come Dante, quindi pensiamo come Dante, senza neanche
rendercene conto. Qua e là si leggono cose che non si vorrebbero leggere, tipo
quando Cazzullo scrive che Colombo che raggiunse il Nuovo Mondo per dimostrare
che la Terra era rotonda e dimostra così di non aver ascoltato le conferenze di
Alessandro Barbero sulle bufale sul Medioevo (nessuno a partire dall’antichità,
eccezion fatta per gli americani, ha mai pensato che la Terra fosse piatta).
Affascinante però l’interpretazione del canto di Ulisse per cui Ulisse è Dante,
l’uomo che non torna a casa ma supera le Colonne d’Ercole ed esplora un mondo
sconosciuto. Non manca neppure una nota sul proto-femminismo di Dante,
particolare che si vede in una concezione molto moderna della donna, capace di salvare
il genere umano.