Non è una novità del
panorama editoriale internazionale questo Il caso dell’abominevole
pupazzo di neve, scritto da Nicholas Blake, pseudonimo del poeta Cecil
Day-Lewis (1904-1972), padre del celeberrimo attore Daniel Day-Lewis e autore
di una ventina di gialli con protagonista l’investigatore Nigel Strangeways. Credo
sia la prima volta che un suo romanzo sia stato tradotto e pubblicato in Italia,
tra l’altro con una copertina meravigliosa molto simile a quella de Le sette
morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton (anche se i libri sono molto diversi). La vicenda è ambientata a Dower House,
Easterham Manor (una cinquantina di chilometri da Londra), dove la famiglia
Restorick (adulti e bambini) è riunita per l’approssimarsi delle festività
natalizie. Nigel e la moglie vengono invitati nella dependance di Dower House dall’anziana
proprietaria che vuol far indagare al nostro detective (presentato come un
esperto di soprannaturale) su cosa è successo durante una seduta spirita nella
Stanza del Vescovo (come ogni dimora inglese che si rispetti Dower House ha una
leggenda di fantasmi): il gatto di casa è impazzito e si è addormentato
improvvisamente. Il giorno successivo all’arrivo dei coniugi Strangeways, la
sorella della padrona di casa, Elizabeth Restorick, viene trovata morta
impiccata nella sua camera: il classico delitto della camera chiusa, il
suicidio sembra ovvio. Nigel però dubita e comincia a indagare: ci sono dei
personaggi collegati alla famiglia che danno molto da pensare (lo scrittore
progressista, il fratello devoto, l’amica gelosa). La vittima era troppo
disinibita per l’epoca (i primi anni della Seconda Guerra Mondiali), troppo
libera di costumi e di mentalità, un passato di dipendenza dagli stupefacenti e
un figlio avuto da chissà chi. A Dower House si è trasferito anche il suo
medico psicologo/terapeuta/ipnotista che la stava seguendo negli ultimi mesi. Le
indagini procedono nel pieno rispetto delle regole del genere con osservazioni e intuizioni fino all’identificazione del colpevole,
che ovviamente è tra i personaggi principali della vicenda e viene smascherato dal classico monologo finale in cui l’investigatore spiega quanto è stato bravo a risolvere il caso. Non si tratta certamente
di un capolavoro della letteratura poliziesca e non brilla certo per sottigliezza psicologica, e per giunta il protagonista è piuttosto
canonico (Nigel Strangeways non è di certo Poirot, così come Nicholas Blake non è Agatha Christie), ma Il caso dell’abominevole
pupazzo di neve è un giallo all’antica, che dà l’immagine
dell’epoca nella quale è ambientato (c’è la guerra ma non è ancora iniziato il
bombardamento dell’Inghilterra), in una dimensione che sembra aver
cristallizzato il passato (e presente e passato sono intrecciati anche nel caso della famiglia Restorick). Simpatico vedere gli imbranati poliziotti che si
trovano ad avere a che fare con un cadavere dopo essersi sempre occupati delle
beghe di paese.