Ed eccomi di nuovo ad
affrontare la saga di The Witcher, tornata alla ribalta grazie alla serie
tv targata Netflix (di cui però non ho ancora visto la seconda stagione), questa
volta con il secondo capitolo La spada del destino («La spada del destino ha due lame. Una sei tu»), che è sempre una raccolta di racconti e di cui ho già
parlato anni fa in maniera esauriente QUI. Rispetto al primo Il guardiano
degli innocenti, è forse meno focalizzato sulla rielaborazione (e il sovvertimento) del patrimonio favolistico ma lo spirito è lo stesso, e
Sapkowski dimostra di essere migliorato come autore, gestendo meglio personaggi e trame. L’ultimo racconto, Qualcosa
di più, è stupendo: un crescendo in cui vediamo tutti i momenti della vita
di Geralt nei quali lo strigo ha rifiutato l’idea di destino, mentre in fin di
vita si rende conto di essere solo e abbandonato da tutti, dalle amanti e
addirittura dalla madre, e di avere un nome e una provenienza che non sono
nemmeno veri; eppure alla fine scopre di non essere solo davvero e non può
negare di essere di fronte a quel “qualcosa in più” che era convinto non
sarebbe mai arrivato.